Complementarità. Gli osservatori internazionali, nel corso delle ultime 24 ore, devono impegnarsi in questo “nuovo” approccio al fine di poter decifrare il messaggio trasmesso dai più autorevoli rappresentanti della finanza internazionale. Fmi e Bce hanno diffuso le loro view alla platea degli addetti ai lavori e, durante i loro interventi (talvolta simultanei), quanto mancava (o ci si aspettava fosse presente) nel discorso dell’uno si è trovato invece nelle argomentazioni dell’altro.
Ieri, il Fondo monetario internazionale, attraverso il suo World Economic Outlook, ha evidenziato come l’economia dell’Area euro sia rallentata maggiormente rispetto a quanto previsto: il Pil 2019 è visto in crescita dell’1,3% rispetto all’1,6% (indicato a gennaio) e all’1,9% dello scorso autunno. Anche per il prossimo anno ci sarà una modifica – pari a una diminuzione dello 0,2% – rispetto alle precedenti stime: il Pil del 2020 è stato individuato a quota +1,5%. Il Fmi ha inoltre sottolineato come siano presenti “crescenti preoccupazioni” legate a una possibile Hard Brexit; in tema prettamente economico ha poi rilevato come “le esportazioni delle economie dell’Area euro si siano indebolite notevolmente”.
Trascorse 24 ore, nel corso della giornata dove l’attenzione era rivolta alla riunione della Bce, il Fmi si è ripresentato ai mercati con nuove considerazioni. Rimanendo in territorio europeo, l’istituto avverte come un “un cambiamento delle aspettative degli investitori sulla politica monetaria nelle economie avanzate, un rallentamento della crescita peggiore del previsto, tensioni commerciali protratte e un no-deal sulla Brexit” potrebbero far “aumentare i rischi di breve termine alla stabilità finanziaria”. Altro ulteriore rischio individuato è quello legato al “nesso tra il debito sovrano e il settore finanziario”; anche il tema Npl è stato approfondito con l’aspettativa dello stesso Fmi di poter vedere “altre azioni necessarie”.
Quanto riportato vuole rappresentare una fotografia circoscritta al solo vecchio continente poiché, sul versante parallelo – ovvero quello della Bce – tali risultante non sono emerse. Da qui il bisogno di complementarità per avere un quadro d’insieme completo.
In conferenza stampa a Francoforte, il Presidente della Bce Mario Draghi ha sottolineato come i tassi di interesse rimarranno sugli attuali livelli fino alla fine del 2019. La prospettive di crescita dell’intera zona sono oggetto di “incertezze connesse a fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo e alle vulnerabilità nei mercati emergenti” e, come emerso dalle informazioni dell’ultima riunione del consiglio direttivo a inizio marzo, “il rallentamento della crescita si sta prolungando al resto dell’anno”.
Sul versante del debito pubblico, il presidente della Bce Mario Draghi, ha esortato i paesi con elevato stock a dover “procedere nella ricostituzione di margini di manovra nei conti pubblici” aggiungendo inoltre come “tutti i paesi dovrebbero continuare a intensificare gli sforzi per conseguire una composizione delle finanze pubbliche più favorevole alla crescita”.Nonostante le condizioni siano incerte, il leader della Bce ha comunque dichiarato quanto “le probabilità di recessione rimangano basse”.
Di fondamentale importanza quanto l’intero consiglio direttivo (esprimendosi all’unanimità) ha riaffermato: “Pronto a utilizzare qualsiasi strumento per far fronte alle situazioni contingenti che si presenteranno”. Il mercato attendeva un doveroso dettaglio da parte della Bce in ambito di Tltro, ma – i termini delle nuove aste – saranno oggetto di future riunioni.
Attingendo alle singole dichiarazioni dei due autorevoli interlocutori (Fmi e Bce), lo scenario (europeo), non avrebbe assunto una forma netta e completa. Quanto è mancato in una sede, è stato invece ritrovato in un’altra, al pari della più comune proprietà commutativa: pur cambiando l’ordine, il risultato non cambia. Peccato che il risultato – questo risultato – riguardi tutti noi.