Il testo del Def 2019 è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze e nel dibattito politico si continua a parlare di flat tax e possibile aumento dell’Iva in vista della Legge di bilancio 2020. Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, autore del volume “L’Italia non merita una nuova crisi”, edito da Il Mulino, ci invita però a puntare l’attenzione su un dato contenuto nel Documento di economia e finanza che potrebbe essere davvero decisivo per le eventuali misure fiscali della prossima manovra.
Professore, cosa pensa del Def 2019, dopo averne letto il testo?
Colpisce certo il crollo della crescita prevista, ma ancor più il fatto che dopo aver destinato molte risorse, che si sarebbero potute utilizzare per fronteggiare la crisi, a misure assistenziali e pensionistiche, nello stesso Def è scritto che il loro impatto sarà veramente minimale sulla crescita e sul mercato del lavoro, visto che si prevede un aumento della disoccupazione. C’è quindi da preoccuparsi perché abbiamo sparato tutte le cartucce a disposizione e non si riesce a controbilanciare minimamente l’impatto della crisi in cui siamo entrati.
Una crisi che, è stato spiegato da esponenti del Governo, dipende dal rallentamento di altri paesi europei.
In realtà, la recessione tecnica degli ultimi due trimestri del 2018 è stata determinata dalla domanda interna, non da quella estera. Si può certo dire che se le esportazioni fossero andate molto meglio avrebbero potuto compensare il crollo della domanda interna, ma è stato quest’ultimo, in particolare con la discesa degli investimenti, a determinare il rallentamento che abbiamo registrato. Tornando al Def, la cosa che mi preoccupa di più sono le variazioni di deficit e debito pubblico, che rappresentano una sorta di ago della bilancia per capire se questa crisi sarà superabile o meno.
In che senso Professore?
Nel senso che non siamo in una situazione come quella del 2009 o del 2011, non ci sono quindi i presupposti per avere una crisi “voragine” per quanto riguarda l’economia italiana. Se però andiamo a cercarci noi stessi i guai, scatenando i mercati finanziari e costringendo la futura Commissione europea a richiamarci e a prendere dei provvedimenti forti, allora siamo veramente dei masochisti. È probabile che ci sarà un minimo rimbalzo dell’economia nella seconda parte dell’anno, che potrebbe permetterci di arrivare alla crescita zero, ma se andiamo adesso a scassare i conti pubblici oppure a raccontare una storia che non è vera, poi, dopo le elezioni europee, quando bisognerà fare la Legge di bilancio 2020, con le ben note clausole di salvaguardia, rischiamo di avere un passaggio tra il 2019 e il 2020 difficilissimo per la nostra economia.
Per quale ragione?
Il debito pubblico su Pil nel 2018 è salito al 132,2% dal 131,4% del 2017. In valore assoluto, l’incremento è stato di 53 miliardi. Nel Def si dice che quest’anno il debito crescerà di 36 miliardi, come nel 2015, uguagliando così il miglior risultato dell’ultimo decennio. Mi chiedo come sia possibile un risultato del genere, visto anche che il Pil crescerà dello 0,2%. E il Governo conta di riuscirci attraverso privatizzazioni pari a un punto di Pil, ovvero quasi 18 miliardi di euro.
Secondo lei non è un dato credibile?
Nessuno riuscirà a ottenere tale risultato quest’anno, è inutile raccontare una cosa del genere. Inoltre, anche se si arrivasse solo alla metà, che sarebbe già un risultato incredibile, il debito/Pil salirebbe sopra il 133%. Con un dato di questo tipo, in vista della Legge di bilancio 2020, Bruxelles sicuramente ci dirà che dovremo scordarci di misure come la flat tax e che magari dovremo far scattare le clausole di salvaguardia. Le lascio immaginare cosa accadrebbe se non riuscissimo a fare nemmeno la metà delle privatizzazioni previste: il debito/Pil andrebbe oltre il 133,5%.
Lei parla di quello che la Commissione europea ci dirà rispetto alla Legge di bilancio 2020, ma il Def verrà trasmesso a breve a Bruxelles. Non ci faranno rilievi in quell’occasione?
Adesso a Bruxelles, con tutti i problemi che ci sono, Brexit compresa, dovrebbero chiedere a Tria come farà a fare tutte quelle privatizzazioni. Se lui garantisse che si faranno, non potranno che aspettare settembre per capire se saranno state fatte o meno.
Dunque presentare un Def con un deficit al 2,4% del Pil non sarebbe un problema? La Commissione potrebbe chiudere un occhio visto il rallentamento economico generale dell’economia?
Ma certo. Il problema vero sta più nel rapporto debito/Pil. Farlo aumentare significa presentarsi a petto nudo di fronte alle lame delle agenzie di rating e dei mercati che, purtroppo, continuano a basare solo su questo parametro le loro valutazioni sulla stabilità economica di un Paese, cosa che io ho sempre criticato, ma finché le regole sono queste, continuare a scherzare con il fuoco in questa maniera è fuori da qualunque ragionevolezza.
Se quindi le privatizzazioni previste non saranno realizzate Bruxelles cosa potrà chiederci di fare?
Onestamente non lo so. Dipenderà anche dal livello di disperazione che verrà maturato da chi ci governa quando bisognerà mettersi a fare i conti. Più uno è disperato, più perde lucidità, più fa qualunque cosa. Anche se ci dicono che non ci sarà la patrimoniale potrebbe benissimo esserci una patrimoniale. Quando ci si va a cacciare in un vicolo cieco… Già adesso nel Def si sono scritte cose difficili da credere.
Oltre a quello che ha detto sulle privatizzazioni?
Sì, mi riferisco all’avanzo primario. Ai tempi di Monti, si era arrivati intorno ai 39 miliardi di euro. Nel 2018 è stato di 28 miliardi, nel 2019 scenderà a 21, poi salirà a 27 nel 2020 e addirittura il Governo, per far vedere che poi il debito scenderà, lo immagina a 36 miliardi nel 2021. Si figuri se riescono a fare un saldo primario di pochi miliardi inferiore a quello di Monti, che già allora scatenò l’iradiddio. Questo Def è un tentativo contabile per spiegare che tutto si tiene, ma non si terrà assolutamente niente. Comunque in mezzo a tutte queste tabelle il vero punto sono i 17,8 miliardi di privatizzazioni di quest’anno. Pensi lei che solo se le facessimo il deficit/Pil sarebbe al 2,4%, altrimenti sarebbe del 3,4%!
Professore, se guardiamo all’economia reale, l’Istat ci ha detto che la produzione industriale è cresciuta ancora a febbraio, dopo il rialzo di gennaio. Come dobbiamo interpretare questo dato?
Questa resilienza rafforza la convinzione che non ci troviamo di fronte a una crisi macroeconomica paragonabile alle due degli ultimi dieci anni. Trovo che comunque il dato più interessante degli ultimi giorni sia quello relativo alla produzione manifatturiera, che nei primi due mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2018, è scesa dello 0,6%. Dunque la produzione è ancora debole, ma non è crollata. Ci potrebbe essere perciò quel rimbalzo nella seconda parte dell’anno di cui abbiamo parlato prima, che ci porterebbe a una crescita zero. Ciò non basterebbe comunque a dare un sostegno alle finanze pubbliche.
Per quello sono cruciali i quasi 18 miliardi di privatizzazioni…
Esatto. Se non si faranno queste privatizzazioni (non dimentichiamo che siamo già a metà aprile) sarà il tracollo, sia pure dolce, pilotato, concordato: o ci fanno fare un po’ di patrimoniale o ci fanno aumentare una parte di Iva, ma qualcosa di poco piacevole si dovrà fare per racimolare i soldi mancanti a raggiungere quei circa 18 miliardi di euro. Senza dimenticare i 23 delle clausole di salvaguardia. Per entrare poi in un anno, il 2020, che lo stesso Def non prevede essere molto “esaltante”, visto che la crescita del Pil è vista allo 0,8%.
(Lorenzo Torrisi)