Finalmente è arrivata la pubblicazione del Def (Documento di economia e finanza), che conferma le indicazioni generiche e prudenti della vigilia su flat tax e aumenti Iva. Come si voleva dimostrare, la scalata per la conquista degli “ottomila metri” della tassa piatta (proposta di berlusconiana origine) è miseramente fallita o, come dice il Ministro Tria, la definizione del decreto specifico è allungato nei tempi “al fine di consentire una adeguata copertura finanziaria”.
La nostra opinione a riguardo è che abbiamo a che fare, come molti ormai affermano, con un Governo di abilissimi acrobati e per giunta illusionisti. Due ci appaiono le principali ragioni di questo mascherato “flop”. La prima è, come sempre ci ripetiamo, la cronica mancanza di risorse economiche; la seconda, non meno importante, è che in fondo in fondo ai 5 stelle della flat tax non gliene può importare di meno. Difatti, esiste una lotta intestina con la sponda opposta dell’esecutivo, cioè la Lega, la quale aveva affermato dopo le elezioni e nell’infausto contratto di governo, nelle parole del suo leader, che questo nuovo rinnovo normativo rappresenta l’intelaiatura dell’azione di cambiamento delle sorti del Paese, “una vera rivoluzione epocale del sistema fiscale!”.
Il vero motivo di tale conflitto sta nel fatto che, per “tagliuzzare” qui e là e per consentire una robusta riduzione delle aliquote Irpef, si dovrebbe operare un contestuale aumento dell’Iva. Inoltre, i 5 Stelle pretendono, per aumentare le risorse tributarie, più aliquote o scaglioni: a questo riguardo Salvini non ci sente e ribadisce che questa idea non corrisponde ai fondamenti della flat tax. Tutto ciò è lapalissiano, ma, come discusso accanitamente a detta dei presenti nel recente Consiglio dei ministri, i componenti della Lega hanno “ceduto le armi” solo per schivare i nemici di destra e per castigare in modo definitivo la zoppicante Forza Italia dell’ex Cavaliere. Insomma, è la solita manfrina elettorale per tentare di salvare il salvabile, ma oramai la divisione delle due rive opposte è inevitabile e, inesorabilmente, il “povero” premier Conte è in un totale caos e appare sempre più allo stremo.
Come dicono gli esperti, per mettere in salvo la “baracca” bisogna trovare rapidamente, in una nuova Legge di bilancio, almeno 30 miliardi e non sono noccioline. Perciò, desideriamo a questo punto, esprimere un nostro personale giudizio sull’applicazione della “tassa piatta”. Storicamente, tale sistema trova compimento già negli Usa sotto George W. Bush, in base a una proposta di due eminenti economisti di allora, con una riforma che puntava a ridurre tutte le aliquote Irpef a una sola (17,5%) valida per tutti e che andava ricollegata con la progressiva abolizione di tutte le detrazioni, le deduzioni e le esenzioni vigenti, al fine di allargare il più possibile la base imponibile, includendo in essa tutto ciò che contribuiva a determinare il Pil nazionale.
Per farla breve, riportando il tutto all’Italia dei giorni nostri, esaminando il tutto in modo del tutto soggettivo, possiamo asserire che l’aliquota unica potrebbe attestarsi tra il 22% e il 24% senza toccare le detrazioni e le deduzioni e le esenzioni cui il contribuente ha diritto, con la parallela soppressione di alcuni tributi come Irap e Imu. La pressione fiscale si trasferirebbe dalle imposte dirette (Irpef, Imu, ecc.) alle indirette (Iva, ecc.), cassando le alterazioni di sorta, e la progressività dell’impianto del fisco sarebbe sostenuta per mezzo della no tax area (che identifica un reddito imponibile sotto cui non si è soggetti al pagamento di imposte e tasse), un giusto sistema di sostegno degli incapienti (i contribuenti cioè, esentati dal pagamento delle tasse, ma che non possono ottenere nessun rimborso di spese, per un minimo vitale).
Certo, c’è parecchio da discutere e la cosa appare ardua, visto l’immobilità politica che da sempre vive l’Italia e forse la costante inadeguatezza a risolvere i problemi dei nostri esecutivi, in particolare quello attuale. Non ci riteniamo dei nuovi Marshall discutendo sulla difficilissima e contraddittoria materia fiscale e finanziaria, ma almeno vogliamo auspicare un deciso addio all’immobilità nel risolvere i problemi drammaticamente basilari che vive il nostro Paese. Come altre volte su questi “schermi”, infine, vogliamo citare, sperando che mai accada per nessuno, Jake La Motta, sullo stato di povertà: “Eravamo così poveri che a Natale il mio vecchio usciva di casa, sparava un colpo di pistola in aria, poi rientrava in casa e diceva: spiacente ma Babbo Natale si è suicidato”.