Fmi, Bce, Def: sigle che hanno catalizzato l’attenzione degli operatori nazionali e internazionali nel corso dell’ottava appena terminata. Una chiusura settimanale che si evidenzia complessivamente per un andamento pressoché invariato sia sulle principali piazze europee che quelle statunitensi con leggere rivalutazioni inferiori all’1% grazie ai guadagni fatti registrare nell’ultima seduta. Gli unici indici che evidenziano un significativo saldo negativo sono quelli delle borse cinesi (Shangai e Shenzen) con flessioni superiori al punto percentuale; sempre con il segno meno davanti, ma di entità ben più maggiore, si distingue il Bovespa che archivia una settimana con una perdita pari al 4,406%.
Sul fronte economico, il Fondo monetario internazionale ha certificato un rallentamento globale con un Pil in crescita del 3,3%, ovvero in flessione dello 0,2% rispetto alle precedenti stime. Per quanto riguarda le singole macro aree, i dati sempre riferiti ai loro Pil sono anch’essi visti in franata: nell’Eurozona, il 2019 si caratterizzerà per un incremento dell’1,3% in netto ridimensionamento nei confronti dell’1,8% dello scorso anno. Anche gli Usa vengono visti in affanno con una crescita inferiore rispetto ai precedenti valori: 2,3% per il 2019, mentre nel 2018 era indicato 2,9%.
Monito importante da parte del Fmi per l’Italia: nel 2019 viene stimato un deficit al 2,7% e ancora in crescita nel successivo 2020 con un 3,4% del Pil. Ulteriore nota dolente quelle relativa al debito: 133,4% del debito nel corso di quest’anno per poi salire al 134,1% nel 2020.
Il Fmi, attraverso il suo Global Financial Stability Report, ha sottolineato quanto sia rilevante la quota dei titoli di Stato presenti nel portfolio degli istituti di credito di alcuni paesi: Italia, Spagna, Portogallo e Belgio. Il rischio di un deprezzamento dei titoli sovrani potrebbe impattare significativamente in ottica di stabilità finanziaria globale.
Una visione alquanto rassicurante arriva dalla Bce. Il presidente Mario Draghi ha confermato la politica di mantenimento dei tassi invariati fino al termine del 2019 e, durante il proprio intervento, ha ribadito come la stessa banca centrale sia «pronta ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno». Per quest’ultima situazione si fa chiaro riferimento alla gestione dei tassi negativi e le operazioni di rifinanziamento Tltro, per i quali si definiranno le dovute caratteristiche nel corso dei prossimi appuntamenti.
Circoscrivendo la settimana finanziaria appena trascorsa al nostro Paese, l’attenzione si è rivolta unicamente al via libera dell’Esecutivo al Def (Documento di economia e finanza) e ai relativi numeri in esso contenuti. 0,2% è la previsione per la crescita nel 2019 rispetto all’1,5% stimato qualche mese fa. Il deficit si attesta a 2,4% per quest’anno ed è visto in calo all’1,5% nel corso del 2020. A quota 132,6% viene indicata la previsione per il nostro debito pubblico (anno corrente) mentre a 131,3% nel 2020; 130,2% nel 2021 e sotto il 130% nel 2022.
Nonostante la cronaca degli ultimi giorni abbia sottolineato come l’economia globale non stia attraversando un periodo florido, i mercati finanziari sembrano attendere l’evento scatenante per dare inizio a una prima possibile fase di ribasso generalizzato. Piazza affari ha sfiorato i precedenti livelli di attenzione individuati rispettivamente a 21.483,53 (supporto statico) e 21.939,40 punti (resistenza): l’attuale quadro tecnico evidenzia un ulteriore indebolimento sul fronte algoritmico che – prudenzialmente – suggerisce un completo alleggerimento delle posizioni sul mercato domestico. Eventuali riposizionamenti (in ottica rialzista) si potranno prendere in considerazioni solo con un primo superamento di quota 22.000 e – attualmente – i valori di riferimento hanno cambiato soglia di ingresso portandosi a 22.193,79 come price entry. Da temere un ritorno dei corsi sotto area 21.423,99 punti.
Il principale indice azionario mondiale (S&P500) ha ulteriormente incrementato il proprio valore riportandosi in prossimità dei massimi storici: le nuove (e positive) indicazioni emerse sullo stato di avanzamento del negoziato con la Cina hanno agevolato la spinta dei prezzi. L’intonazione di fondo, sia dal punti di vista grafico che algoritmico, sembra confermare un potenziale upside verso nuovi record. Nonostante le possibili incognite sul fronte commerciale – al momento – la piazza statunitense appare la meglio impostata grazie a downside di minore entità rispetto a eventuali rivalutazioni in ottica di brevissimo periodo. Solo il mancato supporto a 2.872,90 punti muterebbe un cambio della rotta in essere. Qualora nel corso della settimana si verificassero rialzi (entità compresa tra lo 0,40% e lo 0,70%) è suggeribile un alleggerimento delle posizioni detenute con liquidazioni pari ad un terzo del proprio ammontare.
Sul fronte delle materie prime è bene evidenziare come il prezzo del petrolio stia prefigurando un’impostazione grafica negativa in ottica di brevissimo periodo: si auspica un posizionamento flat per la settimana in corso. Anche l’oro – nonostante il buon inizio di ottava – ha poi capitolato in territorio negativo: un potenziale orientamento short potrebbe configurarsi nel corso dei primi giorni della settimana.
Sul principale cross valutario (Euro/Usd) l’obiettivo individuato a 1,3121 è stato ampiamente raggiunto: l’impianto algoritmico è orientato al rialzo agevolando pertanto un ulteriore allungo.
Per la settimana in corso l’orientamento complessivo è rivolto alla massima prudenza sui vari mercati finanziari: privilegiare la componente cash sembra essere la soluzione migliore.