Due decisioni assunte in questi ultimi giorni appaiono particolarmente inquietanti. Quella assolutamente antidemocratica che ha procrastinato l’uscita della Gran Bretagna da questa Europa, volta a vanificare il risultato referendario della Brexit, e quella della Bce, che ha deciso di lasciare invariati i tassi d’interesse almeno sino a fine anno, di continuare a reinvestire il ricavato dei titoli in scadenza, di soddisfare la domanda di liquidità considerato che la crescita di Eurolandia continua, anche se a ritmo ridotto e con un’inflazione troppo bassa.
La motivazione della banca centrale sta nella necessità di stimolare il credito concesso dalle banche. Tuttavia la liquidità creata con le operazioni di Quantitative Easing aveva reso necessario introdurre il tasso negativo sulle somme tenute presso la Bce (-0,40%), che ha causato un costo per le banche interessate da calcolarsi su oltre 2mila miliardi di euro. Chiaramente il costo tocca di più le banche tedesche (2,43 miliardi l’anno), francesi (2,1 miliardi) e olandesi (820 milioni) rispetto a quelle operanti in Italia (250 milioni), a nulla rilevando che i massimi benefici del Quantitative Easing siano a favore delle banche d’oltralpe e che le banche “italiane” siano di proprietà straniera.
Le politiche della Bce rimangono invariate, comprese le operazioni Tltro, i cui dettagli saranno resi noti solo in seguito, verosimilmente per aumentare i vantaggi ai soliti noti. Verrà anche definita in seguito la nuova regolamentazione dei tassi negativi per ridurre lo svantaggio differenziale descritto, inizialmente non previsto.
Quello che è certo è che il reinvestimento del Quantitative Easing supera quello del capitale rimborsato sui titoli in scadenza per non ridurre il circolante, riduzione causata dal fatto che l’euro è una moneta emessa a debito. Occorre immettere nel sistema nuova moneta, ma sempre a debito, in modo che la ricchezza italiana venga prosciugata senza che la massa della popolazione se ne accorga: è il sistema della cottura della rana viva nell’acqua tiepida.
Le due decisioni insieme inducono a ritenere che la regia sia antidemocratica e tendente all’appropriazione dei beni e alla “guida” dei popoli nelle decisioni. Lo dimostra il fatto che l’Italia ha tenuto un avanzo primario di bilancio da ben 25 anni, cioè da quando sono stati sottoscritti gli accordi europei. Negli ultimi vent’anni, cioè dal 1999 al 2018, l’Italia ha accumulato avanzi primari per 650 miliardi di euro, ma gli interessi sul debito hanno superato di oltre un trilione (mille miliardi) di euro tali prelievi di ricchezza dai cittadini. Si è evitata l’insurrezione attraverso l’incremento del debito pubblico e convincendo gli italiani di aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Invece, come ha affermato anche un recente studio di matrice tedesca, se non fossimo stati nell’Europa avremmo aumentato la ricchezza degli italiani sicuramente proprio di quel trilione, a cui devono essere aggiunti gli interessi ben più consistenti sul debito privato.
La miopia dei Paesi d’oltralpe e della Bce sta nel fatto che, confidando sulla ricchezza sottratta ai Paesi “Pigs”, essi non cercano le cause delle loro debolezze, evidenziate dall’attuale rallentamento di Eurolandia. Conquistare Portogallo, Italia, Grecia e Spagna è la visione miope.
Lo dimostra la Francia che, pur scorporando ricchezza dai Paesi che usano le sue monete a debito e pur avendo acquisito la proprietà di molte banche italiane, ha ancora i propri fondamentali inferiori a quelli del nostro Paese.
Lo ha dimostrato la politica italiana quando c’era la lira che, attraverso il radicamento al Nord del sistema bancario impoveriva il Sud a vantaggio del Nord, ma con il trasferimento all’estero della proprietà delle banche rileviamo che il Mezzogiorno ha reagito meglio delle regioni settentrionali all’introduzione dell’euro. Perciò il benessere globale si può massimizzare soltanto abolendo proprio quelle false soluzioni, che di fatto rappresentano semplici appropriazioni legalizzate, e ripristinando il primato della politica sulle decisioni private e, soprattutto sulla finanza, sull’economia e sulla moneta.
Le privatizzazioni, come avvengono in Italia, rappresentano imposte occulte che forniscono fondi alla finanza e agli acquirenti impoverendo lo Stato. Questo incassa il prestito, contratto dal compratore, che dovrà essere restituito da quest’ultimo maggiorato degli interessi e del guadagno che il privato vuole realizzare; ma i soldi da restituire alla finanza devono venir fuori dalla stessa società ceduta, altrimenti il privato non si sarebbe fatto sovvenire dalle banche. Ne consegue che lo Stato, rinunciando agli utili della società ceduta, è costretto a sostituirli con nuovi prelievi fiscali. Nello stesso tempo i cittadini dovranno pagare i beni o i servizi della società privatizzata per consentire la restituzione del debito, degli interessi e del profitto. Se l’acquirente è straniero, l’onere per gli italiani è più pesante.
Non abbiamo alcun esempio nel quale la privatizzazione abbia fatto conseguire dei vantaggi allo Stato e alla sua popolazione. Sarei grato a chi volesse segnalarmi un caso del genere.