UniCredit e Commerzbank sono “fidanzate” di lunga data nell’euro-risiko bancario: già nel 2001 – nell’avvio ruggente dell’eurozona – i due gruppi negoziarono una possibile fusione. E a UniCredit – allora pilotata da Alessandro Profumo – la voglia di Germania rimase robusta: al punto che nel 2005 fu con Hvb che il polo di Piazza Cordusio perfezionò la prima aggregazione transnazionale in Europa. E l’asse Milano-Francoforte rimane tuttora portante in un gruppo che vanta un doppio euro-passaporto, oltreché un Ceo francese.
L’ipotesi sparata ieri mattina dal Financial Times – e non smentita da UniCredit – di un’offerta in preparazione su Commerz come “piano B” dei colloqui di fusione in corso fra quest’ultima e Deutsche Bank non ha quindi colto di sorpresa i mercati: che anche per questo non si sono scaldati più di tanto. Anzitutto “wait and see”: davvero i recalcitranti fidanzati tedeschi obbligati a parlarsi dal governo Merkel sono già sul punto di rovesciare il loro tavolo?
Quel che è certo – come il giornale della City non ha mai mancato di notare – è che l’ipotesi di una fusione imposta come ragion di Stato dal Governo tedesco a due banche quotate non può entusiasmare gli investitori: ad esempio i fondi sovrani che sono in posizione sulle due banche tedesche (ma anche il nuovo capo della vigilanza Bce, l’italiano Andrea Enria, ha mostrato scetticismo verso la nascita di nuovi “campioni nazionali” in Europa). La comparsa all’orizzonte di un’alternativa “di mercato” non giunge quindi inattesa.
L’interessamento recente di UniCredit pe Commerz si profila comunque non ostile: subordinato all’eventuale interruzione delle trattative con Deutsche. Per certi versi il gruppo italo-tedesco si propone come “cavaliere bianco”, come “problem solver” di una crisi bancaria tedesca che certamente coinvolge Deutsche, Commerz, Nord Lb e molte altre banche tedesche. Per altri versi la pre-discesa in campo del polo guidato da Jean Pierre Mustier potrebbe funzionare da stimolo alle due banche tedesche perché superino pregiudiziali e resistenze (anche da parte dei sindacati dei dipendenti e dell’establishment industriale tedesco che presidia i due Consigli di sorveglianza).
Dunque una semplice operazione di finanza mediatica? È presto per dirlo. Certamente a Mustier può aver fatto gioco “non smentire” un’indiscrezione autorevole. Fra sei giorni è in programma l’assemblea annuale di UniCredit: il bilancio 2018 in approvazione non è insoddisfacente, ma il prezzo di mercato del titolo non è sicuramente quello atteso dagli investitori che due anni fa hanno puntato 13 miliardi di euro nella ricapitalizzazione del gruppo. Mustier ha lasciato più volte capire che la brusca svolta politica italiana di un anno fa ha rotto molte uova nel suo paniere: ha riacceso lo lo spread italiano, ha riabbassato la fiducia dei mercati nel settore bancario italiano, ha alzato un muro fra Italia e Francia quando Société Générale era certamente la prima scelta di Mustier per UniCredit. La “non smentita” su Commerz è quindi una delle molte “carte coperte” di un progetto per ora virtuale, ma virtualmente reale.