Vero o mimato, l’ennesimo doppio scontro fra Lega e M5S su flat tax e rimborsi ai risparmiatori “traditi” non ha fatto che confermare il pericoloso nonsense della maggioranza giallo-verde sul terreno del governo reale del Paese: soprattutto in politica economica.
Il tentativo di ripartenza della Lega di Matteo Salvini sulla “tassa piatta!” – a un anno ormai dalla stesura del contratto di governo – sta assumendo contorni grotteschi. È evidente la sua forte somiglianza con uno slogan di stile berlusconiano (“meno tasse per tutti”) nella volata elettorale per le europee. Pochissimo – ormai – sembra avere di una robusta premessa thatcherian-reaganiana in chiave di ripresa strutturale del Pil attraverso stimoli originariamente pensato soprattutto per l’offerta: per incentivare le imprese a investire e assumere. Sotto l’accusa grillina di voler “abbassare le tasse ai ricchi” (come Macron in Francia), la Lega sembra aver accettato un limite di reddito imponibile che – nei fatti – tende a trasformare la “flat tax” in un “reddito di cittadinanza” per chi un reddito ce l’ha già: non in un incentivo a produrre nuovo reddito soprattutto con attività di lavoro autonomo. Non da ultimo, il depotenziamento strategico dell’aliquota unica allunga ulteriori ombre anche su Quota 100: venduta dal marketing politico leghista come misura di svecchiamento strutturale della forza-lavoro, ma sempre sospettata di assistenzialismo non diverso da quello di marca pentastellata.
Anche il tema spinoso – e molto complesso – dei rimborsi ai portatori di titoli andati in fumo nei vari dissesti bancari è finito per essere oggetto di un piccolo gioco politico-elettorale fra i due partner di maggioranza. Entrambi puntavano – per ragioni diverse – a riscaldare la “questione bancaria”, ma con finalità diverse: M5S per rintuzzare l’azione frenatoria del Quirinale sulla nuova commissione parlamentare d’inchiesta; la Lega, invece, per accelerare nell’imminenza del voto, i risarcimenti a bacini di risparmiatori-elettori concentrati nel Nordest (crac Popolari venete). Anche in questo caso la Lega – soprattutto – è parsa disattenta a distinguersi dalla passata gestione delle crisi del credito (fu il premier Pd Matteo Renzi a parlare subito di rimborsi all’indomani del crac Etruria).
Per di più il ping-pong competitivo fra Lega e M5S ha finito per premere sul ministro dell’Economia Giovanni Tria, già in bilico alla vigilia del Def. Non da ultimo, anche la soluzione in via di emersione – il rimborso del “risparmio perduto” entro un certo limite di reddito imponibile – si espone alla critica di pericoloso dilettantismo oltreché al sospetto di fondo di nascondere in fondo erogazioni clientelari: lontane da ogni serio approccio di tutela del risparmio.