Si è svolto il 9 aprile a Roma presso la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno) un seminario dedicato alle “Risorse per le politiche di coesione”. Nell’ambito dei periodici cicli di programmazione le politiche di coesione vengono sviluppate sostanzialmente attraverso due strumenti finanziari: i fondi strutturali dell’Unione europea e il Fondo per lo sviluppo e la coesione. Il seminario, coordinato dal direttore della Rivista giuridica della Svimez, Manin Carabba, si prefiggeva di cercare di individuare quali fossero i problemi di carattere legislativo e amministrativo che impediscono un pieno ed effettivo utilizzo delle risorse disponibili soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, attraverso una riflessione analitica da parte di rappresentanti delle istituzioni centrali e regionali, e delle associazioni competenti sulla materia.
Nella relazione introduttiva ho posto l’attenzione in particolar modo sull’elevata quantità di residui passivi presenti del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) nel bilancio dello Stato (capitolo 8000 del Mef) e dell’andamento delle giacenze del collegato conto corrente di tesoreria presente presso il Fondo Igrue della Ragioneria generale dello Stato, evidenziando come da un ammontare di 2,6 miliardi di euro a fine 2011 si è raggiunta la cifra di 21,5 miliardi di euro stimati a fine 2018. Si tratta di risorse relative ai cicli di programmazione 2007-2013 e 2014-2020 che, contabilmente impegnate in base alla programmazione definita dal Cipe, devono essere spostate sul conto corrente di tesoreria per essere quindi trasferite alle amministrazioni competenti per gli interventi.
Una così elevata massa di risorse ancora contabilmente da pagare è destinata ad aumentare considerando che la legge di bilancio per il 2019 indica per il Fsc stanziamenti in competenza per 6,3 miliardi di euro a fronte di autorizzazioni di cassa per soli 1,3 miliardi di euro. Considerando le giacenze sul conto corrente di tesoreria a fine 2018 (poco meno di 1 miliardo di euro), nel 2019 potranno essere trasferite alle amministrazioni competenti solo 2,3 miliardi di euro, eventualmente incrementati da eventuali residui perenti riassegnati o da maggiori autorizzazioni di cassa disposte in sede di legge di assestamento 2019.
Ha quindi svolto una ampia relazione Antonio Caponetto (Direttore dell’Agenzia per la coesione territoriale) che ha rassicurato sull’andamento degli impegni e dei pagamenti dei fondi strutturali, illustrando i dati al 31 dicembre 2018 del Fesr e del Fse del ciclo 2014-2020, articolati per singola regione. Per quanto riguarda la gestione del Fsc ha sottolineato la complessità e diversificazione dei meccanismi gestionali (piani stralcio, piani operativi, patti per il Sud), evidenziando tuttavia come il sistema delle politiche di coesione sia quanto di più trasparente possa esistere, in quanto permette di avere informazioni su qualsiasi progetto monitorato. L’andamento complessivo della gestione del Fsc 2014-2020 risulta assai critico in quanto solo il 5% delle risorse monitorate risulta “impegnato” e meno del 3% risulta pagato. Ha peraltro precisato che il “monitoraggio” di un progetto inizia quanto ad esso viene assegnato il “codice unico del progetto”, con il conseguente inserimento nella banca-dati Igrue. Peraltro si tratta di un sistema assai complesso che richiede l’inserimento di numerosi dati, con conseguenti problemi nei tempi di lavoro delle amministrazioni interessate.
La gestione delle risorse richiede una capacità amministrativa specializzata, che risente ulteriormente della carenza attuale di personale e in futuro dei prossimi pensionamenti. In sostanza si genera una lentezza nella trasformazione della decisione pubblica in azione amministrativa. Il processo di spesa delle opere pubbliche è lento, anche per l’incidenza di fattori normativi e procedurali, ma ciò non dipende dalla fonte di finanziamento. In sostanza è necessaria una semplificazione. Il contatto con le realtà territoriali ha mostrato l’esistenza di difficoltà e rallentamenti nelle fasi di avvio dei progetti, con conseguenti richieste di risorse dedicate (fondo progettazione) e supporto di assistenza tecnica. La spesa di Regioni ed Enti Locali è peraltro condizionata dai vincoli di bilancio.
È quindi intervenuto Andrea Ciaffi (Dirigente rapporti con l’Unione europea della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome) che, dopo aver ribadito la carenza di personale specificamente dedicato alle politiche di coesione, ha evidenziato come le risorse per il Mezzogiorno non siano più aggiuntive rispetto a quelle ordinarie, bensì ormai sostitutive: è venuto meno il principio di addizionalità. Ritiene pertanto necessario rafforzare le pubbliche amministrazioni ed evitare che per i fondi strutturali si generino quei ritardi anche di carattere normativo – quindi riferibili al legislatore statale – come nel caso del decreto sull’ammissibilità delle spese che, per il ciclo 2014-2020 è stato emanato al terzo anno del ciclo stesso (2016), generando problematiche per attività già poste in essere o ritardandone l’inizio in attesa del decreto.
Elio Manti (Direttore Dipartimento Programmazione e Finanze della Regione Basilicata), dopo aver illustrato le dinamiche della spesa del settore pubblico allargato in Basilicata, ha evidenziato, attraverso l’esposizione di due casi, le problematiche connesse alla tempistica delle varie fasi procedurali: dalla delibera Cipe di assegnazione delle risorse alla realizzazione dell’intervento (con liquidazione del saldo) sono passati in un caso ben 57 mesi, in un altro 36 mesi. Dopo aver commentato i dati finanziari del Fsc Basilicata, ha ritenuto che sia necessario, relativamente ai prossimi fondi strutturali 2021-2027, un tempestivo rilascio dei Regolamenti e approvazione rapida dell’Accordo di Partenariato, con conseguente avvio precoce della programmazione 2021-2027. A suo avviso ulteriori criticità saranno conseguenti alla sovrapposizione tra la chiusura della programmazione 2014-2020 e l’avvio di quella relativa al 2021-2027, nonché alla ulteriore riduzione di capacità organizzativa ed operativa della PA determinata dal pensionamento di personale (Quota 100).
Antonio Bernardo (Autorità di gestione Por Fesr della Regione Basilicata) ha illustrato l’andamento nella gestione del Programma operativo, evidenziando le difficoltà gestionali del percorso amministrativo all’interno degli enti locali e la necessità di una azione coordinata. Francesco Monaco (Capo area politiche di coesione territoriale dell’Anci), riprendendo quanto contenuto nel recente rapporto Ifel sulla “Dimensione territoriale delle politiche di coesione”, ha in particolare fatto riferimento alla programmazione complementare e ai patti per lo sviluppo, evidenziando le criticità connesse anche agli aspetti di raccordo contabile con la normativa ordinaria.
Romain Bocognani (Vice Direttore Generale dell’Ance) ha evidenziato come la scarsa crescita del Pil è stata determinata anche dal mancato apporto degli investimenti nei lavori pubblici. Tuttavia la spesa in conto capitale dei comuni nel 2018 rispetto al 2017 è cresciuta dello 0,4% su base nazionale, ma per il Sud vi è stata una contrazione del 6,7%. Ha pertanto ribadito la necessità di misure per sbloccare i cantieri ed eliminare i «tempi morti» a monte della gara, migliorare effettivamente la qualità istituzionale (anche di governance nazionale) e la capacità amministrativa (personale Pa/turnover), la necessità di maggiore visione strategica (settori: rigenerazione urbana, infrastrutture di trasporto, ecc.), programmazione e disponibilità di progetti.
Ritiene altresì necessario modificare alcune regole finanziarie, le regole in materia di appalti: servono politiche ordinarie, non abbiamo bisogno di commissari con superpoteri che riducono trasparenza e concorrenza.
Giuseppe Mele (Vice Direttore Politiche Industriali di Confindustria) nello svolgere una relazione sulla “Attuazione degli interventi e Qualità Istituzionale”, ha ritenuto che l’attuazione delle politiche di coesione è stata sempre problematica, soprattutto nel Mezzogiorno. C’è una differenza tra quella nazionale e quella cofinanziata dall’Ue: la seconda è relativamente migliore, ma resta “difficile” da acquisire e gestire: gli ultimi dati almeno lo confermano. C’è ancora poca assimilazione tra i modelli di gestione della programmazione nazionale e di quella comunitaria, in termini di: cultura della programmazione e della valutazione, allineamento dei modelli contabili e le competenze e risorse dedicate.
Vanno affrontati i problemi strutturali della Pa complessiva: alcune Regioni funzionano relativamente meglio, altre peggio, ma anche l’efficienza della Pa Centrale non sembra diversa da quella media regionale.
Va assolutamente migliorata la qualità istituzionale: se resta bassa, l’efficienza e l’efficacia non migliorano. Questa situazione può essere utile al controllo dei saldi di bilancio, non alla convergenza delle regioni meno sviluppate.
Dopo alcune riflessioni di Manin Carabba con particolare attenzione alle problematiche tra il bilancio di competenza e il bilancio di cassa, il Presidente della Svimez, Adriano Giannola, ha svolto le considerazioni conclusive collegando i ritardi negli interventi nel Mezzogiorno alle problematiche costituzionali connesse al regionalismo differenziato.