L’intervista di Ignazio Angeloni pubblicata ieri mattina sul Corriere della Sera, al pomeriggio ha assunto le sembianze di un “buon lavoro” Fabio Panetta: designato in serata nuovo direttore generale della Banca d’Italia. Una scelta maturata nel pomeriggio, quando il Governatore Ignazio Visco è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.



Angeloni e Panetta sono stati fianco a fianco per cinque anni nel primo Consiglio di vigilanza della Bce, dopo il via all’Unione bancaria. Il primo era stato designato dall’esecutivo Bce (presieduto da Mario Draghi) e ha appena concluso il suo mandato assieme alla presidente Danièle Nouy. Il secondo – designato dalla Banca d’Italia – è invece ancora in carica, a fianco del nuovo presidente: Andrea Enria, dal 2011 primo capo dell’Eba, lui pure uscito dai ranghi di via Nazionale. Ora Panetta sale alla direzione generale a Palazzo Koch, assumendo anche la presidenza dell’Ivass. Non è un mistero che avrà poteri e responsabilità piene nella vigilanza finanziaria fra Italia ed Eurozona, in un passaggio delicatissimo: segnato, proprio dal rimpasto nel direttorio Bankitalia.



Poche settimane fa il governo aveva infatti clamorosamente sfiduciato il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini. Nonostante le polemiche riguardo la presunta violazione dell’indipendenza della banca centrale, è molto probabile che la giubilazione di Signorini resti nei fatti. Il salto di grado di Panetta e l’abbandono annunciato da parte di Valeria Sannucci – la vicedirettore generale “rosa” – hanno quindi liberato ben tre designazioni. E il ridisegno del direttorio si è quindi improvvisamente profilato come radicale: a maggior ragione quando il Parlamento ha deciso di riaprire i lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie.



La contro-accelerazione di Banca d’Italia, d’altronde, non è stata da meno. Ieri in serata sono state rimpiazzate due poltrone su tre. Da un lato si è avuta conferma del “richiamo” del Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco (che rientra in via Nazionale liberando una poltrona strategica al Mef). Per la “quota rosa” è invece spuntata sorpresa un’esterna: Alessandra Perazzelli, avvocato d’affari che sembra coniugare varie istanze. Un passaggio a Intesa Sanpaolo – la “banca di sistema” – assieme alla presidenza istituzionale di Montetitoli e alla vicepresidenza di una grande realtà nordica come A2A.

È stato comunque Angeloni – un Draghi-boy presente in Bce dal primo giorno, nel 1998 – ad aprire un’agenda in fondo più politica che tecnocratica, allargata sia alla politica economica, a quella finanziaria, a quella creditizia. “Serve un grande accordo fra Italia e Ue”, sollecita Angeloni, più di vent’anni dopo. Serve “azzerare gli orologi”, ha detto al Corriere, riferendosi sia a Roma che a Bruxelles, ma forse soprattutto a due città tedesche: Berlino e Francoforte, dove fra qualche mese giungerà un nuovo governatore dell’euro. Un buon esempio, per Angeloni, è la recente bocciatura da parte della Corte di giustizia Ue per il provvedimento dell’Antitrust Ue che tanti grattacapi ha procurato ai salvataggi bancari italiani. Le regole vanno cambiate, anzi aggiustate alla luce dell’esperienza. Ma niente demagogismi; se una banca è decotta tenerla in vita è sempre un errore. Vedremo quale sarà l’interpretazione della nuova “classe dirigente” Bankitalia. A confronto con la “nuova politica”.