Gli occhi di tutti sono puntati sullo spread, il terrore e la consapevolezza è che un suo nuovo incremento metterebbe a rischio la stabilità finanziaria ed economica del Paese, a iniziare dalle banche. Entriamo nel dettaglio economico-finanziario della situazione odierna. Il primo step di questa discesa nell’economia evidenzia una fuga di capitali influenzata negativamente anche dalle prospettive all’accesso delle banche al finanziamento del mercato dei capitali, con consequenziali forti rischi per una crescita del Paese.



Standard & Poor’s ha stimato che il rapporto deficit/Pil dell’Italia per il 2019 si assesterà intorno (e forse supererà tale soglia) al 2,7% e non al 2,4% come indicato dal Governo. Questa situazione potrà portare a un’immobilità nella riduzione effettiva del debito con una crescita le cui stime sono ribassate all’1,1% sia per quest’anno che per il 2019. Questa situazione ha avuto riscontro venerdì 26 ottobre, quando il Tesoro ha dovuto pagare il costo dell’attuale indecisione generale. Per collocare 3 miliardi di euro del nuovo Ctz a 24 mesi e 996 milioni di Btp indicizzati a 10 anni, il Tesoro ha dovuto offrire, in asta, rendimenti di molto più alti del recentissimo passato. Nel merito, ad esempio, rispetto al Ctz di aprile, sempre il Tesoro ha conteggiato spese annue superiori ai 60 milioni di euro.



Volgendo il nostro sguardo al resto del mondo, non stupisce il fatto che gli investitori internazionali abbiano già fatto uscire dal Paese quasi 60 miliardi di euro solamente nei primi mesi di vita di questo Governo, e le previsioni per il 2019 si presentano molto, molto peggio. Nel 2019 il Tesoro dovrà collocare almeno 250 miliardi di titoli e appare chiaro, fin da ora, che l’operazione di rimpatrio del debito pubblico non riuscirà a coprire tutto lo stock abbandonato dagli investitori esteri.

Ecco allora che, obtorto collo, al sottoscritto “frulla” un’idea che pur apparendo, forse, per  molti audace per me è la probabile strada giusta da percorrere, ovvero quella di stringere un rapporto sempre più “intimo e stretto” con Vladimir Putin e la sua Russia.  Questo scaturirà, sempre secondo chi scrive, dall’inasprimento dei toni e dallo scontro sempre più veemente da parte della Commissione Ue verso l’Italia. Tutto sommato ciò che di fatto ha posto in essere S&P era già stato ipotizzato dalla stessa agenzia più di un anno fa, quando aveva pronosticato l’abbassamento del rating dell’Italia da BBB e/o l’outlook da stabile a negativo, come poi, di fatto, ha confermato.



Tutto si basa sul forte rallentamento della crescita dell’economia, l’effettivo peggioramento sulle partite correnti estere e la situazione di immobilità nel miglioramento dei conti pubblici: a pesare sulla pagella assegnata dalle agenzie di rating mondiali sono, forse, proprio i conti pubblici, che creano imbarazzo ai possibili investitori. È il “cane che si morde la coda”. Nel caso in cui per l’Italia fosse evidenziato il grado “non investiment” i maggiori investitori internazionali sarebbero costretti, dai loro stessi regolamenti interni, a escludere, dal loro paniere, i nostri titoli del Tesoro, così forzando le vendite di debito pubblico italiano per oltre 100 miliardi di euro. Calcoli questi assai affidabili, anche perché posti in essere dalla banca d’affari Goldman Sachs.

Nel dettaglio e nel merito della parola spread: A) Significato: termine anglosassone che indica la differenza di rendimento,  ovvero il costo reale per l’emittente  tra i titoli di Stato italiani e tedeschi; B) Indice di fiducia: tanto più ampio è il differenziale tra i due titoli, a una certa data, tanto minore è la fiducia che esprime il mercato nei confronti dell’emittente, e ciò rispetto al parametro preso come punto di riferimento; C) “Lifebuoy” di Draghi: a seguito del discorso di Mario Draghi nel luglio 2012 in difesa dell’euro, conosciuto da tutti nel settore come “whatever it takes”, l’indicatore del differenziale che, prima di tale intervento era rimasto a lungo oltre i 400 punti base, iniziò a scendere costantemente ; D) Dark Period: fino al 2008, data dell’inizio della grande crisi mondiale, sia gli stati europei che, quindi, anche i titoli italiani, erano ritenuti altamente affidabili. Da lì in poi ebbe inizio il crescendo della tensione economico-finanziaria che ebbe il suo apice nel novembre 2011. In tale momento il differenziale tra i titoli decennali italiani e tedeschi raggiunse i 552 p.b.; E) Il Futuro: paure, dubbi e timori. Oggi la grande paura è la fine annunciata, nel dicembre 2018, del Quantitative easing. I dubbi e i timori sono correlati alle crescenti tensioni, a livello geopolitico e monetario, che di fatto mutano costantemente il differenziale dello spread. Da qui  nascono i richiami istituzionali a tenere sempre monitorato e sotto controllo il deficit pubblico; F) Real Cost: di fatto, lo spread pesa sui costi di uno Stato in merito alle nuove emissioni di Titoli. Facendo un semplice calcolo matematico, 100 p.b. in aumento stanno a significare una spesa aggiuntiva in termini di interesse per lo Stato emittente (quindi debitore) di quasi 2 miliardi di euro; G) ndr: Il termine spread viene usato nel mercato dei prestiti con un altro significato. Si tratta esattamente del margine (guadagno) che una Banca chiede al cliente richiedente un mutuo in aggiunta al parametro base del contratto (Euribor o Irs).