In una celebre scena de “Il terzo uomo”, capolavoro dello spionaggio premiato a Cannes nel 1949, Orson Welles esalta l’atmosfera di Vienna, coperta di macerie, contesa tra Alleati e Unione Sovietica, dicendo che “in Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, strage, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù”. In un’Europa che vive di nuovo “tempi interessanti”, la storia minaccia di ripetersi: Italia e Unione europea ai ferri corti cercheranno di non rompere il filo della collaborazione, grazie a una cena tra Jean-Paul Juncker e il premier Giuseppe Conte che, peraltro, non ha deleghe dai suoi vice (e azionisti) per mettere in discussione nemmeno le virgole del “contratto di governo”.
La tattica di gioco italiana è abbastanza prevedibile: prender tempo e diluire gli impegni in attesa delle elezioni europee. È difficile peraltro che dalle urne emerga un ribaltone che condanni l’attuale guida dell’Europa (senza dimenticare che il cambio di governo avverrà solo a dicembre). Ma una forte affermazione sovranista (improbabile) potrebbe cambiare molte carte. Un azzardo che condanna comunque l’Italia a mesi di sostanziale immobilismo che i leader vorranno colmare con l’unica cosa che sanno fare: una campagna elettorale dalle tinte sempre più forti. A meno che la rivolta del Bot People, in sciopero bianco in occasione dell’ultimo Btp Italia, non interrompa questo balletto più pericoloso della roulette russa.
Intanto potrebbe chiudersi la trattativa tra Bruxelles e Londra con un accordo “amichevole e flessibile” sulla Brexit che, sulla carta, ha per ora poche possibilità di evitare la bocciatura ai Comuni, ammesso e non concesso che la Spagna accetti di rimettere nel cassetto le sue richieste su Gibilterra. Il tutto nell’attesa dei prossimi scontri tra europeisti e sovranisti di destra e di sinistra, dell’Est e dell’Ovest, segnali di una geografia politica che si è ormai rimessa in moto.
Nel bel mezzo di tanto trambusto vanno in crisi le previsioni più avvedute. Tipo quella, avanzata da Sergio Marchionne, della riduzione dei player sul mercato dell’auto, figlia della globalizzazione, oltre che della tecnologia. Il processo è per certi versi inarrestabile, visti i costi e le risorse non solo finanziarie richieste dall’auto elettrica e da quella a guida autonoma. Ma i propositi di integrazione, quelli che avrebbero dovuto favorire l’alleanza tra produttori, segnano il passo. E nel frattempo sta andando in frantumi l’impresa più ambiziosa: l’asse a tre Nissan-Renault-Mitsubishi. La furia con cui la giustizia giapponese ha accelerato i tempi dell’indagine e quella con cui Nissan ha liquidato il suo ex numero uno (senza un contraddittorio pubblico) tradiscono l’ansia di fermare la fusione tra il gruppo francese e quello nipponico a meno che, a guidare il gioco, non sia Tokyo, condizione che Parigi non accetterà mai. Facile prevedere che, a poco a poco, prevarranno indicazioni “nazionali” anche a scapito dell’efficienza: tempi duri per i Paesi che, come l’Italia, vantano un modello economico export-oriented.
Sotto i cieli cupi torna a brillare l’eccezione elvetica. Domenica gli elettori dello scudo crociato andranno alle urne per un referendum assai meno cruento della Brexit. Si tratta di decidere se aiutare o meno i contadini che allevano mucche tutelando le corna, vanto della razza bovina locale. Le corna, dicono i fautori del no, sono fonte di pericolo e di imbarazzo per le fattorie. Ma è in gioco, sostengono i difensori del sì, la stessa dignità delle nostre mucche. Anzi, l’autodeterminazione delle nostre bestie, l’orgoglio del Paese della groviera. Insomma, quando nel mondo i giochi si fanno duri torna a brillar l’eccezione dell’orologio a cucù, simbolo della tenacia della banca centrale di Berna che tra l’altro, per evitare di farsi coinvolgere dai problemi dell’euro o di altre valute, sta facendo da anni incetta di ogni tipo di beni reali (dall’oro alle azioni di Apple).
Che dire? Lunga vita alle vacche svizzere, diffidate dei mucchi selvaggi all’italiana.