L’Europa non attraversa certo un momento facile in vista del voto di maggio. Non solo l’accordo sulla Brexit è stato bocciato dal Parlamento di Londra, aprendo incognite su quello che succederà ora nei rapporti con la Gran Bretagna, ma Mario Draghi ha parlato di un’economia più debole del previsto, mentre Jean-Claude Juncker ha ammesso che c’è stata un’eccessiva austerity. Nel mentre la vigilanza unica bancaria ha messo ancora sotto pressione gli istituti italiani sugli Npl e Francia e Germania, dopo aver condiviso il progetto di riforma dell’Eurozona, sono pronte a firmare ad Aquisgrana un trattato di cooperazione e integrazione su materie importanti come l’economia, la sicurezza e la difesa. Abbiamo fatto il punto della situazione con Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Professore, cosa pensa anzitutto della situazione economica europea?

In Europa c’è una semi-stagnazione, cioè c’è una crescita minore di quella che si potrebbe avere se il sistema fosse flessibile, invece che rigido. L’elemento fondamentale endogeno per cui c’è questo rallentamento nell’Ue è l’eccesso di surplus della Germania, che si estrinseca nel suo saldo attivo di bilancio pubblico e nel suo saldo attivo della bilancia dei pagamenti, i quali hanno un effetto deflazionistico sul resto dell’economia europea.



Dunque se la Germania non rispetta la regola sul surplus è giusto che, per esempio, anche l’Italia non rispetti quella sul deficit…

È ovvio che non si può reagire a questo stato di cose incrementando i nostri deficit e debito, perché non si farebbe altro che aumentare la situazione di rischio dei titoli di stato che sono in gran parte detenuti dalle banche, che a quel punto, con ridotti parametri patrimoniali, non potrebbero erogare bene credito. Non è espandendo la domanda con il reddito di cittadinanza e le pensioni che si crea un’espansione economica. Certo aiutare i poveri è più che giusto, ma è diverso dal pensare che si aumenti l’occupazione mediante il reddito di cittadinanza. L’occupazione si crea riducendo il surplus artificioso dell’Europa dovuto al surplus della Germania.



A proposito di banche italiane, cosa pensa delle richieste arrivate dalla Bce sugli Npl?

Sono certamente eccessive, ma le sofferenze bancarie non sarebbero un problema se il patrimonio delle banche non fosse già messo a dura prova dalle detenzioni di titoli di debito pubblico che, sottoposti a svalutazione, comportano la riduzione dei valori patrimoniali delle banche.

Torniamo all’Europa e al surplus della Germania. Cosa bisogna fare di fronte a questa situazione?

O indurre la Germania a espandere la sua economia oppure fare a livello europeo investimenti pubblici finanziati dall’Ue.

Pensa sia possibile far cambiare linea alla Germania?

I tedeschi non hanno una linea conforme alla teoria che ha fondato l’Ue, quella dell’economia sociale di mercato, ma hanno un’idea mercantilistica, che è quella di avere un surplus nella bilancia dei pagamenti per poter conquistare posizioni nel commercio internazionale. È un modello diciamo sovranista in senso economico. È certamente utopico pensare di impedire che la Germania si comporti in questo modo, anche perché si trova nella posizione di creditore, non di debitore, quindi ha più forza degli altri. Occorre quindi percorrere l’altra strada.

Quella degli investimenti finanziati dall’Ue?

Sì. Accompagnata dalla politica monetaria espansiva che Draghi ha fatto, ma che da sola non basta. Perché essa prepara le condizioni per l’espansione, evita rischi bancari notevoli, ma abbassando i tassi di interesse crea nuovi problemi.

Già adesso l’Ue cofinanzia degli investimenti, era stato approvato anche il cosiddetto Piano Juncker. Cosa si dovrebbe fare di diverso dal suo punto di vista?

Il Piano Juncker è rimasto debole e limitato. Bisognerebbe accrescerlo, soprattutto nei periodi di crisi, perché quando c’è un ciclo negativo bisogna espandere gli investimenti per eliminare il cosiddetto output gap. Il problema è che farlo col debito degli stati membri crea la situazione negativa che ho descritto prima. Bisognerebbe creare un fondo, visto che il bilancio dell’Ue non può essere in deficit, per grandi piani di investimenti in cui l’Ue mette una quota del 10-15% e il resto lo mette il sistema delle iniziative private, con una garanzia europea. Questi piani si chiamano public private initiative e sono stati ampiamente utilizzati dai Laburisti prima di Brown. Il fondo in questione dovrebbe essere separato, ma annesso al bilancio europeo e gestito dal Parlamento europeo. Non deve essere un fondo tecnocratico autonomo come il fondo-Salva Stati con il rischio che chi ne usufruisce possa essere incatenato da regole tipo quelle Fondo monetario internazionale. 

Cosa pensa invece delle iniziative di Francia e Germania?

Mi sembra che cerchino di guadagnare tempo. Un’alleanza consentirebbe alla Germania di continuare ad accumulare surplus e si andrebbe avanti con un’Europa zoppicante, che lascia tracheggiare l’Italia con il suo debito. Dobbiamo capire che se facciamo più deficit ci incateniamo sempre di più ai questi due paesi che si alleano con modelli mercantilistici. Vedo in ogni caso difficile una vera cooperazione nella difesa tra Francia e Germania. La prima ha una sua politica militare, un suo interventismo, che la seconda non ha. Fingeranno di mettere insieme la difesa e altri settori per dar vita a un patto che serva a creare una loro maggioranza nell’Eurozona. Ammesso che funzioni. Mi sembra infatti che la Francia sia molto debole e che la Germania abbia dei problemi di riorganizzazione interna. Uno scenario che spiega bene la situazione che vediamo riguardo la Brexit.

In che senso?

Se gli inglesi avessero visto che c’era un meccanismo dell’Eurozona migliore, certo non ci sarebbero entrati, ma sarebbero felicemente rimasti ancorati all’Ue. Questa idea di andarsene ora viene facilitata dal fatto che loro contemplano i pasticci dell’Unione. La May avrebbe avuto un esito più felice con la sua battaglia se gli inglesi non vedessero che caos c’è in Europa. In particolare in Francia, che è loro vicina. È chiaro che si domandino perché trattare con chi è in evidente difficoltà senza ottenere importanti concessioni. A ciò si aggiunga la stranezza di Juncker che ha fatto questa sorta di mea culpa.

Perché parla di stranezza?

Perché questo riconoscimento non fa che dare ancora più fiato a chi protesta contro l’Europa. Evidentemente era ovvio anche prima che si era esagerato con la Grecia. Attenzione però che tale esagerazione non era poi tanto involontaria, visto che nel frattempo la Germania si è presa una bella fetta delle infrastrutture economiche greche. Anche se alla fine la fetta maggiore se la sono presa i cinesi. Fare questo genere di operazioni, come quella che i francesi vorrebbero fare in Italia, non è sempre una buona idea. A Parigi è invece riuscito bene di scalzarci dalla Libia mettendo in piedi una guerra.

(Lorenzo Torrisi)