Il Pil italiano nel 2019 difficilmente sarà spinto dalla crescita del mercato interno a causa di insufficienti investimenti pubblici e stimoli fiscali a quelli privati e del poco impatto positivo sui consumi delle misure assistenziali prevalenti nella legge di bilancio. Pertanto la creazione di un potenziale di crescita che eviti una recessione dipenderà da due fattori: export e ritorno della fiducia da parte del mercato finanziario sull’Italia.
La crescita globale è in lieve contrazione, non tale da compromettere la domanda mondiale di beni italiani. Tuttavia, per confermare questa sensazione positiva bisogna valutare se la guerra dei dazi tra America e Cina avrà limite, se la crescita negli Stati Uniti — che traina la domanda globale — resterà robusta o meno e, fatto correlato, se l’aumento dei tassi del dollaro resterà sotto la soglia di destabilizzazione di Borse, nazioni indebitate in questa moneta, ecc.
Probabilmente America e Cina troveranno un accordo, la seconda mandando segnali che ridurrà i dazi a beni agricoli e auto statunitensi — categorie di lavoro con priorità di tutela elettoralistica da parte di Trump —, pur la prima continuando a contrastare l’espansione dell’influenza geopolitica e tecnologica della seconda. Ambedue non vogliono una crisi globale che deprimerebbe i rispettivi mercati interni.
Il rischio di recessione improvvisa in America dipende da errori della banca centrale (Fed) nel rialzare troppo il costo del denaro. Tale errore, grave perché in assenza di rischio di inflazione, è stato fatto pochi giorni fa, creando un crollo dei titoli azionari. Ma le critiche tecniche e politiche dovrebbero avere l’effetto di rendere più colomba la Fed nel 2019, tenendo l’America e il resto del mondo in crescita, forte se partisse il mega-programma statunitense di investimenti infrastrutturali. Se così, l’export italiano potrà crescere nel mondo. Alla condizione, però, che la Borsa, il credito bancario e il mercato dei capitali non vengano destabilizzati da una crisi di fiducia sul debito italiano da parte del mercato internazionale, come successo da giugno ai primi di dicembre.
Ora il Governo si è arreso ai requisiti contabili dell’Ue e ciò ha fatto percepire al mercato che l’Italia ridurrà i rischi di ridenominazione e insolvenza, tornando zona che merita investimenti, pur non ancora sicura. Pertanto il potenziale del Pil 2019 è tra lo 0,6% e l’1,1%. Sarebbe maggiore se fossero liberati più investimenti interni.