Un nuovo segnale negativo, dopo i dati in flessione per quanto riguarda produzione industriale in Italia e in Europa, è arrivato ieri per l’economia. L’anno scorso, infatti, il Pil della Germania, considerata la locomotiva continentale, è cresciuto dell’1,5%, meno quindi del 2,2% fatto registrare nel 2017. E se Giovanni Tria non parla di recessione, ma di stagnazione, il suo predecessore Pier Carlo Padoan invita il Governo a pensare già a una manovra correttiva. «Dal punto di vista strettamente tecnico per poter parlare ufficialmente di recessione servono due trimestri consecutivi in calo congiunturale», ci ricorda Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, che poi aggiunge: «Il dato sul quarto trimestre del 2018 sarà diffuso il 31 gennaio e solo allora sapremo se si potrà ufficialmente parlare di recessione. I dati degli ultimi giorni ci dicono già però qualcosa».



Che cosa ci dicono?

Indicano una frenata molto consistente di tutta l’economia europea, entro la quale l’Italia si muove con un appesantimento maggiore, non tanto per l’intensità del calo della produzione industriale, quanto perché dopo l’uscita dalla crisi è partita da livelli sia di Pil che di produzione più bassi rispetto a quelli di altri paesi come Germania, Francia e Spagna. Non eravamo tornati ancora ai livelli pre-crisi e in questo peggioramento complessivo dell’economia abbiamo più da perdere rispetto ad altri. Sia perché si blocca il commercio intracomunitario, che per noi è importante (basti pensare alle forniture del nostro indotto meccanico automotive verso la Germania), sia perché gli investimenti, anche pubblici, e i consumi interni stanno veramente rallentando in maniera decisa.



Perché ha fatto riferimento anche agli investimenti pubblici in rallentamento?

Negli ultimi giorni stiamo vedendo come ci siano rinvii e attese su grandi opere come la Tav che di certo non aiutano, perché in una fase in cui la domanda privata sostanzialmente flette, se vengono frenate le iniziative di lavori pubblici già in atto si finisce per togliere ulteriore ossigeno a quel poco di crescita rimasta nell’economia.

In Europa economicamente le cose non vanno benissimo, possiamo sperare in altre importanti aree per avere un contributo importante alla crescita dal nostro export?

Ci sono seri timori sulla tenuta dell’economia cinese. E se la Cina avesse una flessione ci sarebbe un effetto sia diretto sulle nostre esportazioni, sia indiretto, perché anche nostri partner esportano lì e quindi anche il nostro export di beni intermedi e tecnologie verso i partner ne risentirebbe. Gli Usa in qualche modo resistono, ma la possibilità che ciò possa giovarci dipenderà molto da eventuali tensioni commerciali tra Bruxelles e Washington che non sono mancate l’anno scorso.



L’anno dunque, come già ci aveva detto, non si preannuncia positivo: quali effetti ci sarebbero per quel che riguarda i conti pubblici?

Le previsioni che si susseguono giorno dopo giorno da parte di istituti indipendenti sono sempre più preoccupanti. Il Sole 24 Ore ha riportato le stime di Oxford Economics secondo cui la crescita del Pil nel 2019 in Italia sarà dello 0,3% e dello 0,7% nel 2020. Se queste e altre stime, come quelle di Prometeia, che parlava invece dello 0,5% per quest’anno, si dovessero realizzare, tutti gli indicatori di finanza pubblica saranno ampiamente compromessi.

Bisognerà predisporre una manovra correttiva come ha fatto capire Padoan?

Il rischio che possa esserci una manovra correttiva è evidente, non soltanto perché l’Ue monitorerà i nostri conti pubblici, ma perché il vero rischio è di non riuscire a prospettare prima delle elezioni europee uno scenario credibile. Se tutti gli elementi della manovra rischiano di sembrare anacronistici nell’arco di un paio di mesi, il Governo corre il pericolo di andare in campagna elettorale sotto scacco.

In che senso?

Le misure annunciate ancora non si vedono e già sono state ridotte rispetto alla presentazione della Nadef, l’economia peggiora: giustamente i cittadini potranno cominciare a chiedere conto delle dichiarazioni degli ultimi mesi degli esponenti del Governo. Inoltre, nel Nord Italia la crescita è stata molto forte negli ultimi tre anni, con performance eccezionali: questo territorio sta ora lamentando una frenata molto brusca delle attività economiche e il malcontento dei ceti produttivi sta aumentando di giorno in giorno. Potrebbe diventare poi ancora più difficile collocare i nostri titoli di stato: sono freschi i dati di Bankitalia che ci dicono che, rispetto ad aprile dello scorso anno, a ottobre gli investitori stranieri hanno diminuito le loro detenzioni di circa 71 miliardi di euro.

Una manovra correttiva solitamente è recessiva. Si può evitare di avere come effetto un ulteriore aggravamento della situazione?

È molto difficile capire come il Governo possa arrabattarsi, anche perché si dovrebbero molto probabilmente ridimensionare o rinviare alcune delle decisioni bandiera della maggioranza, come Quota 100 e reddito di cittadinanza. Non vedo alternative per non provocare un’ulteriore recessione. Dunque l’esecutivo sarà davvero in difficoltà nei prossimi mesi.

(Lorenzo Torrisi)