È attesa per oggi la pubblicazione da parte della Commissione europea di un parziale aggiornamento delle sue previsioni economiche. Secondo quanto riportato ieri dall’Ansa, Bruxelles dovrebbe operare un drastico taglio delle proprie stime riguardanti il Pil dell’Italia, dal +1,2% previsto a novembre a un +0,2%. “Se questa anticipazione dovesse trovare oggi conferma, si tratterebbe della previsione più bassa sulla crescita del Pil italiano di quest’anno, persino inferiore a quella di Prometeia, che parlava di un +0,5%” dice Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Professore, proprio recentemente era parso farsi spazio un po’ di ottimismo rispetto ai timori di recessione globale emersi alla fine del 2018. Lei come vede la situazione?

Vedendola soprattutto dal lato italiano, l’unico elemento che ritengo possa essere positivo è la minor tensione sui nostri titoli di stato, per una serie di ragioni anche opportunistiche da parte degli investitori. Sotterrata l’ascia di guerra con la Commissione europea, i mercati hanno di fronte un Paese tutto sommato solido, che non sta per fallire, che offre dei rendimenti vantaggiosi sui propri titoli. Mi lasci dire però una cosa sul rallentamento globale.



Prego.

Abbiamo sentito dire che la performance della nostra economia nell’ultima parte del 2018 è dipesa da fattori esogeni, ovvero dal rallentamento globale. In realtà, se andiamo a prendere i dati del terzo e quarto trimestre si legge che la domanda estera netta è cresciuta. Sono stati i consumi e gli investimenti tecnici ad andare male per via della sfiducia che si è abbattuta su risparmiatori, consumatori del ceto medio e imprese. Questo è stato l’elemento assolutamente decisivo. Non a caso nei 14 trimestri di crescita economica che ci sono stati prima della caduta del Pil degli ultimi due trimestri, il traino dato dalla somma di consumi delle famiglie e investimenti in macchinari e mezzi di trasporto è sempre stato superiore alla crescita del Pil.

Dunque la situazione non è affatto rosea…

Dato che consumi e investimenti non avranno di certo una forte ripresa nel primo trimestre del 2019, c’è da chiedersi che cosa capiterà al nostro Pil quando comincerà davvero a farsi sentire “l’effetto Germania”. Deutsche Bank, recentemente, ha infatti diffuso un’analisi in cui spiega che le stime dell’Ifo sul quarto trimestre potrebbero dover essere riviste al ribasso con i dati definitivi. Inoltre, si prevede un primo trimestre dell’anno negativo. Se quindi anche il nostro export frenerà, visto che siamo fornitori di semilavorati, soprattutto nell’automotive, dell’industria tedesca, rischiamo di iniziare davvero malissimo il 2019, senza nessun tipo di spinta per il Pil.

Quella minor tensione con l’Ue e sui nostri titoli di stato di cui ha parlato prima non è quindi in grado di far cessare la  sfiducia che ha fatto decrescere i consumi?

No, quella di cui ho parlato è una dinamica che ha a che fare con i vantaggi finanziari opportunistici degli investitori. Ci sarà quindi certo qualche consumatore che vedrà un miglioramento dei titoli sia privati che pubblici in cui ha investito i suoi risparmi, ma non credo che si scatenerà un “effetto consumi”. Quelli che possono essere ottimisti sono coloro che sperano di diventare percettori del reddito di cittadinanza. Ma, a parte le perplessità sulla partenza senza intoppi del sistema, il reddito di cittadinanza potrebbe solo compensare il calo dei consumi che verosimilmente proseguirà.

Com’è logico che sia, il Governo nega la necessità di una manovra correttiva e difficilmente la Commissione europea ce la chiederà o imporrà prima del voto di maggio. Vuol dire che Bruxelles ci chiederà un intervento sui conti pubblici dopo giugno?

L’Italia, come ho sempre detto, è un Paese solido. Purtroppo se ci sono delle regole che sono ragionevoli e valide per il 95% dei paesi, ma noi rientriamo sfortunatamente nell’altro 5% per cui queste regole sono esagerate e non aderenti alla realtà, ci ritroviamo a essere martellati. Siccome il debito pubblico su Pil dell’Italia è molto alto, veniamo bastonati perché questo è il parametro di riferimento su cui veniamo giudicati da Bruxelles e a cui guardano anche i mercati. Secondo me, non ci sarà una richiesta da parte dell’Ue se non dopo le elezioni. Bisognerà vedere con quali tempi, però, visto che bisogna tener conto di quelli di insediamento della nuova Commissione. La verità è che dovrebbe essere l’Italia a decidere di fare una manovra correttiva perché si sta accorgendo che la situazione le sta sfuggendo di mano. Il Paese deve prestare attenzione al fatto che tra giugno e dicembre non esca fuori che il debito pubblico su Pil, anziché diminuire, è aumentato.

Altrimenti rischiamo nuovamente tensioni sui nostri titoli di stato…

Non credo che il Paese andrà in una recessione profonda come quelle del 2008 o del 2011-12, ma se con un debito pubblico/Pil sopra il 130% restiamo in recessione si figuri che tipo di reazioni potranno avere agenzie di rating e mercati. Purtroppo se già stiamo andando male senza “effetto Germania”, con un eventuale primo trimestre negativo dell’economia tedesca il nostro export comincerà a scendere. Quindi rischiamo di avere tre trimestri negativi, forse quattro, visto che lo stesso Conte ha parlato di una “riscossa” nel secondo semestre dell’anno.

Alla fine quindi quale potrebbe essere la crescita del Pil italiano nel 2019?

Secondo il Centro Studi di Confindustria per arrivare al +1% stimato dal Governo il Pil dovrebbe crescere tutti i trimestri dello 0,5%, cosa che non avviene da 18 anni. Per arrivare invece al +0,5%, dovremmo avere una crescita dello 0,2% nel primo trimestre, dello 0,3% nel secondo, +0,4% nel terzo e +0,5% nel quarto. Per arrivare invece a un crescita dello 0% la sequenza trimestrale dovrebbe essere: +0%, +0,1%, +0,1% e +0,2%. Questi ultimi sono tassi su cui metterei la firma, perché con la Germania che rallenta, l’export che cede e i consumi piatti nonostante il reddito di cittadinanza, non so cosa possiamo fare di più.

Davvero non possiamo fare di più?

Guardi, la crescita trimestre su trimestre dello 0,5% recentemente si è vista solo all’apice del massimo impatto degli 80 euro e di Industria 4.0. Vedo difficile riuscire a ripetere questa performance. Il mio timore è che tendiamo più allo 0% che allo 0,5%, soprattutto se l’economia tedesca si incarta veramente e se l’effetto crisi dell’auto diventa patologico. È vero che c’è la speranza che le trattative tra Usa e Cina abbiano buon esito, ma non bisogna dimenticare che a quel punto Trump potrebbe rivolgere l’attenzione sull’Europa, con cui diversi contenziosi sono ancora aperti. E c’è poi l’incognita della Brexit.

(Lorenzo Torrisi)