L’economia va ancora giù, le borse puntano verso l’alto. Un’apparente contraddizione che si può spiegare in più modi. Per gli ottimisti è la dimostrazione che il peggio è stato toccato. Salvo l’arrivo di misure choc sui commerci in arrivo dagli Usa il motore dell’economia sta per ripartire. E le antenne sensibili delle Borse sono pronte a captare il nuovo clima. Per i pessimisti, al contrario, la tenuta dei mercati azionari è solo l’effetto dell’anestetico dei bassi tassi di interesse. L’economia europea, paralizzata dalle incertezze geopolitiche, vive in una sorta di apnea, scontando in anticipo la promessa di nuovi stimoli in attesa che si riaccenda la domanda della Cina, ormai il cliente principale della Germania. Nell’attesa nulla o quasi si muove.
L’Europa, che resta comunque sull’orlo della recessione (già realtà in Italia), è ancora priva di misure di politica economica Si discute molto, certo, ma è difficile che venga fuori qualcosa di più di un rinnovo del Tltro da parte della Bce. Inutile attendersi novità prima delle elezioni del 26 maggio. Difficile, per ora, sperare che la situazione si sblocchi dopo.
Intanto continua la frenata dell’industria europea, Italia in testa. Gli indici degli acquisti delle imprese manifatturiere segnalano a febbraio, per il settimo mese di fila, un calo, fino a a 49,3, sotto la soglia di 50 che separa contrazione da crescita. È la prima volta dal giugno 2013 che si verifica questa situazione negativa “guidata da Germania e Italia”, ha osservato il capo economista di Markit Chris Williamson, aggiungendo che “anche la Spagna sta adesso scivolando in territorio di negativo”.
L’ottimismo, insomma, sembra quantomeno prematuro. Ma non è il caso di inquietarsi troppo per la congiuntura tedesca. Berlino ha in cassa risorse più che sufficienti per ridare la carica all’economia allentando la stretta sui consumi interni. Nel frattempo l’industria dell’auto, che si prepara allo scontro con i dazi Usa, non sta certo a guardare: l’asse sul car sharing tra Daimler e Bmw è l’ultima conferma della capacità di far sistema dell’industria a quatto ruote d’oltre Reno.
Musica ben diversa risuona in Italia, il Paese ove la contraddizione tra finanza ed economia appare oggi più spiccata. I dati finanziari sono in forte ripresa. Piazza Affari si è congedata da febbraio con un rialzo del 4,7%. Lo spread si è ridotto di una ventina di punti, a tutto vantaggio delle banche, sempre più legate, grande fragilità, all’andamento dei titoli di Stato: a gennaio nel magazzino titoli del credito di casa nostra sono entrati altri 11 miliardi di Btp. È un forte segnale di fragilità del sistema, ma nel breve termine l’intreccio perverso funziona: a inizio anno l’indice delle banche avanza del 13% grazie ai minori accantonamenti richiesti dalle autorità Ue.
A fronte di questi numeri c’è l’allarme ribadito da Moody’s sulla frenata del Pil, che non salirà di questo passo più dello 0,4% mettendo a rischio la finanza pubblica e aggravando la crisi di fiducia che investe le imprese ma anche le famiglie, sempre più convinte che nel futuro, anche prossimo, i doni legati al reddito di cittadinanza andranno di traverso per colpa del frutto avvelenato di una manovra che, più viene smentita dal Governo, più sembra possibile.
Godiamoci questa sorprendente primavera, tanto più gradita in quanto inattesa. Durerà? A lungo andare, date le premesse, probabilmente no. Ma nel breve temine le pillole finanziarie possono fare miracoli.