Anche il Governo dovrà prendere atto, mediante il Def, che la crescita del Pil nel 2019 non sarà dell’1% come stimato alla fine dello scorso anno. Cosa che comporterà anche un deficit su Pil più alto del previsto, con all’orizzonte le clausole di salvaguardia, che valgono 23 miliardi di euro, da disinnescare per non far aumentare l’Iva (dal 10% al 13% quella ridotta e dal 22% al 25,2% quella ordinaria) e le accise dal 2020. Secondo Gustavo Piga, professore di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, “il compito del Mef è dominare e non farsi dominare dai numeri. Il che vuol dire fare politica economica. La quale ovviamente deve tenere conto anche dei vincoli, ma ha un margine potenziale enorme in ogni possibile situazione, particolarmente nei momenti di difficoltà, come insegniamo ai nostri studenti. Questo è quindi il momento in cui deve regnare la politica economica ed è fondamentale che la si usi come leva. Il Def non può avere un quadro programmatico uguale a quello tendenziale: occorre uno scenario programmatico che influenzi completamente le tendenze”.



In che modo sarebbe possibile farlo?

Spetta al Governo e alle opposizioni, non a me, dibattere sul tema. Ognuno ha comunque le sue opinioni e la mia è piuttosto forte. Bisogna prendere atto che la frittata è fatta, abbiamo sprecato le risorse ingenti che il Governo meritoriamente si era creato con la coraggiosissima rinuncia al Fiscal compact dopo le politiche perverse dei governi Gentiloni, Renzi e Letta di convergenza al pareggio di bilancio.



In che senso le risorse sono state sprecate?

È stato giusto pensare a usare queste risorse per la redistribuzione, ma non si è capito che questa poteva essere accompagnata dalla crescita, facendo così anche recuperare credibilità al Paese e dando una prospettiva ai giovani e alle nostre finanze pubbliche. Non lo si è capito e si sono voluti fare reddito di cittadinanza e Quota 100 invece di investimenti pubblici à go-go, che fanno ripartire la crescita, abbassando il debito su Pil. Non penso però che questo Governo politicamente e realisticamente parlando possa ora fare marcia indietro su questi due provvedimenti.

Non potrebbe semplicemente, magari in occasione di quello che è stato ribattezzato “decreto crescita”, varare gli investimenti pubblici di cui parlava poc’anzi?

Il deficit/Pil è ormai al 2,5% e non bastano pochi investimenti pubblici, ce ne vorrebbero per almeno l’1% di Pil, cioè una ventina di miliardi. Dunque bisognerebbe portare il deficit al 3,5% del Pil e questo non è pensabile. Non tanto per le rimostranze europee, ma per le fibrillazioni sui mercati che ne deriverebbero. Quindi, considerando che la coperta è corta, non vedo che due strade per poter aumentare gli investimenti pubblici.

Quali?

La prima è quella della spending review, ma non mi faccio illusioni, ho capito che nemmeno questo Governo ha né le competenze, né la voglia di fare una spending review seria, che non è quella dei tagli lineari alla Cottarelli o alla Gutgeld. Quindi c’è una sola strada: bisogna una volta per tutte rimuovere le clausole di salvaguardia che ci sono all’orizzonte facendole scattare. Piantiamola di prenderci in giro, aumentiamo l’Iva. Il che ci permetterà di finanziare gli investimenti pubblici.

In questo modo avremmo sì degli investimenti pubblici che stimolano la crescita, ma anche un aumento di Iva e accise che hanno effetti recessivi…

Ha ragione, ma sappiamo bene che gli investimenti pubblici hanno un impatto più forte dell’Iva, perché vanno a colpire direttamente, e non indirettamente, la produzione delle imprese. Quindi una manovra con più investimenti pubblici finanziati con pari aumenti dell’Iva porterebbe complessivamente a una crescita del Pil. In più ci toglieremmo una volta per tutte questa maledetta spada di Damocle che ci siamo portati avanti per dieci anni e che ha frenato gli investimenti privati a causa dell’incertezza. Sapendo in che contesto opereranno, le imprese potranno fare programmi a lunga scadenza che prima erano messi in discussione proprio dalle clausole di salvaguardia. Dunque, dovremmo avere anche una ripresa degli investimenti privati, oltre che pubblici.

Mi pare di capire che lei non farebbe scattare parzialmente le clausole di salvaguardia. Ma resterebbero comunque quelle previste per gli anni successivi…

Occorre far scattare anche quelle, dichiarare subito che ci saranno gli aumenti di Iva e accise anche negli anni successivi. Ma anche fare chiarezza sul fatto che queste risorse non saranno usate per fare felice l’Unione Europea e portare il bilancio in pareggio, ma per tenere il deficit al 2,5% del Pil facendo maggiori investimenti pubblici. Se il Governo vuol invece fare il servo di un’Unione Europea che non capisce che è dall’Italia che passa l’Europa e che perdere l’Italia significa perdere l’Europa, si accomodino…

Per lei è però importante che le risorse che si libererebbero dalle clausole di salvaguardia vengano usate per gli investimenti pubblici e non per altre misure come, per esempio, la flat tax.

La flat tax da un lato ha un potenziale redistributivo bassissimo, per cui non va ad aiutare le classi più deboli, dall’altro ha un impatto sull’economia meno forte degli investimenti pubblici perché tagliando le tasse sostanzialmente ci si affida a quel che altri decidono di fare. Certo gli italiani potrebbero aumentare i consumi, ma potrebbero anche risparmiare, portare soldi all’estero, fare più investimenti, ecc. Con gli investimenti pubblici si ha invece la garanzia di un impatto positivo sull’economia, di un impatto positivo sulla redistribuzione verso i più deboli, di un impatto positivo sulle finanze pubbliche. Per me sarebbe una follia fare una flat tax.

Poco fa ha citato Carlo Cottarelli, che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato che sfidare l’Europa è una mossa autodistruttiva e che l’Italia deve avviare un percorso di riduzione del debito. Cosa ne pensa?

Meno male che non ha detto che bisogna ridurre il deficit. Sono d’accordo che occorre ridurre il debito e questo si fa con maggiori investimenti pubblici, visto che il debito è aumentato terribilmente rispetto al Pil a causa dell’austerità e del taglio degli investimenti pubblici. Credo che ovviamente il mio amico Cottarelli abbia tutt’altro in mente. Quanto all’Europa, abbiamo appena visto la Commissione europea andare a Parigi a rendere i suoi servigi al presidente della Francia e alla cancelliera tedesca. Dunque bisognerebbe che Bruxelles tacesse, ma allo stesso tempo che l’Italia dicesse alla Commissione come intende riportarsi su un sentiero di crescita con stabilità dei conti pubblici: su questo sono d’accordo con Cottarelli. Divergiamo profondamente sul metodo.

Ci spieghi meglio perché.

Perché lui pensa che la stabilità dei conti si ottenga con il bilancio in pareggio, mentre io guardando i dati e la storia del nostro Paese negli ultimi otto anni, osservando che il debito pubblico su Pil è salito con l’austerità, dico che quella strada l’abbiamo già provata e non funziona.

(Lorenzo Torrisi)