Uffa! Un buco sempre più grande quello del debito pubblico che in un anno, da gennaio 2018 a gennaio 2019, è cresciuto di 71 miliardi di euro, un ritmo impressionante pari a circa 6 miliardi al mese, in crescita del 3,10%. Il calcolo è quello elaborato da Unimpresa sulla base dei dati di Bankitalia. Pantalone, insomma, non ce la fa a sottrarsi al debito; con la stagnazione che si scorge, poi: brrrrrr! Orbene, in mezzo al pantano chi, tra i consumatori, crede di potersi sottrarre al gioco al massacro, lo faccia. Gli impantanati, nell’attesa, giochino.
Bell’e pronto un gioco sapiente, magnifico ancorché munifico per entrare dentro il meccanismo produttivo che ha generato questa stagnazione. L’intento: riparare il guasto. Si inizia passando in rassegna i punti critici che mostrano lo stress del sistema. Un tour dentro gironi infernali.
Si inizia dal mercato del lavoro superaffollato che riduce i redditi.Si passa poi a quell’eccesso di capacità produttiva che riduce i margini di profitto delle aziende e le risorse disponibili per i redditi. Si dà un’occhiata alla riduzione del ciclo di vita dei prodotti che moltiplicano l’offerta; pure qui i redditi diventano insufficienti. C’è poi la moltiplicazione dell’offerta e quella degli offerenti che mitiga i prezzi, contrae gli utili delle aziende quindi i redditi da lavoro. Si scorge pure come l’aumento della disoccupazione riduca il reddito complessivo disponibile.
Prima di uscire a riveder le stelle non ci si può sottrarre al rapporto della Bri: certifica le disparità tra profitti e redditi. Queste le condizioni di stress per i redditi che hanno generato la crisi e che dalla crisi verranno aggravate.
Superato tra grida, improperi e qualche bestemmia il guado di quel mercato, brilla con forza la debolezza della gente che lavora. Ci si scorge tristi, avviliti, immiseriti, pronti a gettare la spugna. Poi d’un tratto un bottone. Schiacciato, illumina una scritta multicolore che rischiara e infonde vigore: TUTTI CONSUMATORI. Una tecnica di anamnesi insomma, messa lì a bella posta.
Sottratti d’imperio all’imperio dell’happy hour, alè di corsa per rinverdire la memoria, scorgendo al fine le nostre risorse. Esposti a caratteri cubitali i nostri punti di forza, si debbono attraversare: si passa per l’affrancamento dal bisogno che sottrae l’acquirente al consumo di necessità; si prende atto come il lavoro di consumazione disponga, confezioni, garantisca la crescita economica; e ancora, come i 2/3 del Pil ratifichino il contributo dei consumatori alla generazione della ricchezza.
Un grido ci accompagna all’uscita: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare. Usciti fuori zuppi di orgoglio, rigenerati dal transito nelle ragioni economiche del nostro fare, avvinti da rinnovato vigore: quel drink, un obbligo. Siamo prossimi all’apoteosi. Prima, l’ultima prova: la “sintesi degli opposti”.
Trovare la migliore combinazione acciocché la nostra debolezza reddituale, combinata con la forza del nostro ruolo, trovi soluzione per il nostro vantaggio. Esercizio non facile, non impossibile. Ci si lambicca, si improvvisa, si recalcitra; qualcuno scuote la testa; tutti ce la mettono tutta, avvinti da un fervore costituente. Eccola l’apoteosi, la ratifica della costituzione di una lobby: “la lobby più forte di tutte le altre”. La lobby di tutti, quella dei consumatori dove si mostrano i muscoli, si impostano nuovi equilibri, si vince al gioco del reddito per uscire dall’economia della crisi.
Il premio? Il reddito di scopo che compensi l’insufficienza del reddito da lavoro e così tornare a recitare da protagonisti e senza affanni il nostro ruolo. Sì, conviene, a tutti!