Tra le offensive lanciate da Donald Trump, deciso a sfruttare fino in fondo l’effetto della sua “assoluzione” nel Russiagate, spicca la resa dei conti alla Federal Reserve. Non pago dello spettacolare rialzo dei listini nell’ultimo trimestre, frutto dell’allentamento della stretta della banca centrale, il Presidente Usa sta accerchiando Jerome Powell, colpevole di aver stretto i cordoni della borsa troppo e troppo presto. “Vuol farmi fare la fine di Hoover”, ha sillabato citando il Presidente “colpevole” del crack del ‘29. Per questo, Trump ha mandato all’avanscoperta Larry Kudlow, il suo consigliere economico, che ha spiegato in tv che i tassi dovrebbero scendere ancora di almeno mezzo punto e va abbandonata l’idea di ridurre il bilancio della banca centrale, già gonfiato dagli acquisti per fronteggiare la recessione passata.
Ma il Presidente non è uomo da accontentarsi di mezze misure. Trump è passato all’azione con la nomina di nuovi banchieri centrali per coprire le posizioni vacanti. E lo ha fatto con la delicatezza di un elefante in cristalleria. Prima, scandalizzando le teste d’uovo di destra e di sinistra ha nominato Stephen Moore, il suo consulente elettorale, suscitando le proteste degli economisti che “non lo ritengono all’altezza”. Poi, non pago, ha rincarato la dose nominando Hermann Cain, cioè il proprietario della catena “Godfather’s Pizza”, abile uomo d’affari (tra l’altro implicato in alcuni scandali sessuali) convinto che la deflazione, non l’inflazione, sia il vero pericolo da combattere a tutti i costi.
In questo modo le mosse della Casa Bianca si avvicinano alle tesi della Modern Monetary Theory, la dottrina che sta prendendo sempre più piede nel dibattito economico, a dieci anni dalla crisi di Lehman Brothers esorcizzata dall’abbondante liquidità immessa nel sistema, ma in realtà mai superata del tutto in Usa e tantomeno in Europa. Secondo la MMT, un Governo che stampa la propria moneta non può fallire come la gente comune e non ha bisogno di aumentare le tasse o perfino di emettere debito per finanziare la spesa pubblica. Quando lo Stato vuole spendere, può semplicemente stampare moneta.
In questo contesto, i disavanzi di bilancio non sono un segno di spesa eccessiva, come invece l’inflazione; e quindi l’aumento del deficit non ha alcuna importanza, finché le risorse disponibili dell’economia non vengono esaurite e l’inflazione comincia a salire. Alcuni dei politici in lizza per la candidatura democratica alla presidenza degli Stati Uniti sostengono la proposta di introdurre una “garanzia di lavoro” nel quadro della MMT, ovvero un programma di creazione di posti di lavoro finanziato dal Governo federale. L’esponente democratica Alexandria Ocasio-Cortez ha collegato la MMT al finanziamento della controversa proposta del Green New Deal.
Il dibattito sulla MMT non è appannaggio esclusivo della sinistra: anche Donald Trump ha criticato apertamente la stretta monetaria operata dalla Federal Reserve (Fed). Inoltre, il Governo statunitense ha attuato politiche che hanno portato a un livello di deficit particolarmente elevato per un’economia in tempo di pace che sfiora la piena occupazione. Larry Kudlow, Consigliere economico della Casa Bianca, ha dichiarato questo mese: «A mio avviso, i governi che implementano politiche di crescita efficaci non devono necessariamente preoccuparsi per il disavanzo di bilancio».
Il dibattito sulla spesa in deficit coinvolge tutto il mondo. Il mese scorso, Kikuo Iwata, ex Vicegovernatore della Bank of Japan (BoJ) e uno degli artefici del programma di Quantitative and Qualitative Easing (QQE) del Giappone, per esempio, si è detto a favore di aumentare la spesa pubblica su base permanente, finanziando la manovra tramite la stampa di denaro.