Nella correzione finanziaria più anticipata della storia mondiale la questione principale che interroga gli “investitori” è fino a che punto la Fed resisterà nel suo percorso di rialzo dei tassi. I campanelli d’allarme suonano già da un pezzo, eppure nessuno scommette su una resa della Fed. Cosa c’entra tutto questo con quello che sta succedendo in Europa in questi giorni? Apparentemente nulla, ma in realtà moltissimo.



Il rallentamento globale è già adesso una realtà e l’economia italiana ha cominciato a patirne le conseguenze dal primo trimestre 2018 e molto prima che i “sovranisti” andassero al potere. È una questione intrinseca al ruolo che il sistema produttivo italiano si è ritagliato all’interno dell’Unione europea e, poi, alle regole europee. Oggi sappiamo per certo che in fasi di rallentamento globale in Europa si nota un disallineamento marcato dell’andamento economico dei Paesi creditori, il centro tedesco, e dei Paesi debitori, la periferia. L’esempio massimo di questa dinamica è l’evoluzione del tasso di disoccupazione in Francia e in Germania dal 2008 a oggi. Nel 2008 erano valori assolutamente equiparabili mentre oggi la Francia ha un tasso di disoccupazione triplo rispetto a quello tedesco; ciò, tra parentesi, nonostante la Francia abbia potuto ignorare le “regole europee” sull’austerity.



Non servono capacità predittive particolarmente spiccate per prevedere cosa accadrà in Europa in una fase di rallentamento globale. Tutte le previsioni fatte da tutti i governi saranno sbagliate e tutti i governi periferici per “obbedire” alle regole europee dovranno fare l’austerity. In alcuni Paesi queste politiche si incontreranno con economie che hanno tassi di disoccupazione che sono già ampiamente in doppia cifra.

Oggi si scarica sulla ribelle e populista Italia un dibattito che tra sei mesi sarà clamorosamente sorpassato dagli eventi perché se la crisi finanziaria procede senza interruzione e il rallentamento globale non si inverte, nell’Unione europea si verificheranno conseguenze che sono facilissime da prevedere. Ed è questa la ragione per cui non si deve parlare di questi crolli, perché il dibattito europeo è surreale nell’attuale contesto globale ed è surreale la dinamica dei rapporti interni all’Europa che oggi sono spiegabili solo e ancora come una guerra intestina in cui si usano le debolezze altrui per guadagnare posizioni a discapito degli altri. La torta dell’economia europea si restringe, ma le fette di alcuni singoli stati rimangono uguali.



Caliamo quindi il rallentamento globale nell’Unione europea del 2018: tutte le stime fatte dai governi, incluso quello francese, sono sbagliate; molte economie, inclusa quella francese, sforeranno e di molto le regole europee senza un’austerity brutale, la “politica” degli stati periferici mostrerà segni di tensione in cui i populismi odierni sembreranno un sogno. Di fronte a questa situazione Macron e Merkel si trovano annunciando una soluzione in cui si possono fare politiche “espansive” europee purché gli stati rispettino le regole. Facciamo presente che se davvero arriva una crisi finanziaria nessuno rispetterà le regole, a meno di iniettare dosi da cavallo di austerity, e facciamo presente che queste politiche non vengono decise dal “Parlamento europeo”, ma da un equilibrio di potere franco-tedesco in cui i francesi si riservano un occhio e mezzo chiuso sul proprio deficit e i tedeschi due occhi chiusi sul surplus interno. Il processo di nomina del tedesco Selmayr a capo burocrate europeo è lì da vedere come monito massimo dell’equità dell’attuale equilibrio di potere europeo.

Si pongono quindi le basi per un processo in cui il rallentamento globale determinerà, in Europa, un’accelerazione del trasferimento di sovranità della periferia e un suo impoverimento. In una costruzione in cui non ci sono né sistemi automatici di redistribuzione interna, si veda il surplus interno tedesco, né elementi di flessibilità, perché c’è una sola banca centrale e una sola valuta, la periferia dovrà mendicare l’aiuto del centro pagando con austerity e cessione di sovranità. Una cessione che non avviene da Stato nazione a Europa, ma da Stato nazione a equilibrio di potere franco-tedesco.

Oggi Francia e Germania lavorano per questo scenario, ma nel solito modo miope e stupido. Se la crisi finanziaria accelera più velocemente di quanto Francia e Germania pensano, le spinte centrifughe e le tensioni politiche si manifesteranno prima che la cessione di sovranità sia completata. In una periferia che soffre e che produce volatilità politica la soluzione franco-tedesca è quella di neutralizzare la volatilità politica togliendo potere reale ai singoli governi. La domanda che oggi ci facciamo è se la Fed lavori “consapevolmente” anche contro l’Unione europea iniettando una crisi che in Europa ha delle conseguenze prevedibilissime proprio per lo “stile di gestione” del duo franco-tedesco e comprensibile a chiunque non si limiti a diffondere la narrazione e la propaganda di guerra dell’Europa franco-tedesca che oggi ha come obiettivo l’Italia. L’Unione europea attuale viene compresa fuori dall’Europa molto meglio di quanto non avvenga in Italia. Una crisi finanziaria globale ha conseguenze nell’attuale configurazione europea chiare.

Veniamo infine ai due scandali prodotti da un Governo sgangherato che pure è stupidamente giustizialista e, incredibilmente, contro le opere pubbliche: il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni. Sul primo punto osserviamo che il mercato del lavoro ha molte meno tutele che nel 2008 e quindi, ovviamente, una crisi globale avrà effetti sulla disoccupazione molto più violenti che nelle crisi precedenti. L’eliminazione del contratto a tempo indeterminato funziona solo se c’è un sistema di sussidi alla disoccupazione “forte”; non conosciamo i “dettagli” del reddito di cittadinanza, ma il principio non è folle. La riforma delle pensioni è una mega “una tantum” alle imprese private, ma senza dirlo perché suona male, che si liberano del personale più costoso e più “obsoleto”. È persino meglio, sul breve, di un taglio fiscale.

L’Europa a guida franco-tedesca vada pure avanti su questa strada nonostante quello che le succede intorno. Le facciamo i nostri migliori auguri perché ne avrà davvero bisogno. Oggi tocca all’Italia, ma domani alla Spagna e così via. Lo spettacolo surreale che sta dando al mondo è una pubblicità che funziona; a cominciare dalle prossime settimane quando la Gran Bretagna dovrà decidere se rimanere in un’Unione in cui un patto franco-tedesco gioca con le carte segnate e in cui non si preoccupa nemmeno di nascondere le strizzate d’occhio. Una miopia clamorosa persino più clamorosa, se possibile, di quella del Governo italiano che ha deciso di andare all’attacco senza un minimo di strategia e di preparazione e alla fine di credibilità.