“Il debito italiano resta la principale preoccupazione, l’Italia non sta rispettando il criterio del debito e per questo è giustificata una procedura per deficit eccessivo”. Così Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici, ha spiegato la bocciatura del Documento programmatico di bilancio presentato dal Governo di Roma. C’è stato dunque un “non rispetto particolarmente grave” delle regole di bilancio. «Il nostro Governo sbaglia tante cose, ma anche l’Europa non è da meno: mi sembra miope, senza leadership, senza visione», è il commento di Sergio Cesaratto, Professore di Economia politica all’Università di Siena.



Professore, la Commissione segnala il non rispetto del criterio del debito: non è piuttosto singolare che sia voglia aprire una procedura sul deficit con questa motivazione?

La questione della riduzione del debito doveva prima o poi venir fuori, perché è scritta nel Fiscal compact. Mi sembra che la Commissione stia dicendo che se non si persegue un obiettivo di pareggio di bilancio strutturale non è possibile riuscire a percorrere un sentiero di riduzione del debito. Resta da vedere se ciò sia vero o se piuttosto non abbia ragione il Governo italiano nel dire, forte anche dell’esperienza degli scorsi anni, che cercare di perseguire obiettivi troppo ambiziosi sul deficit porta a un peggioramento del rapporto debito/Pil.



Lei ritiene che abbia ragione il Governo italiano?

Credo di sì. Va poi detto che il nostro esecutivo è forse un po’ troppo ottimista sulla crescita che ci sarà nei prossimi anni, ma non è che se ubbidissimo all’Europa la crescita sarebbe migliore.

Prima ha fatto accenno alle regole del Fiscal compact. Il che vuole dire che continua a essere in vigore?

Il buon senso aveva finora suggerito di lasciar perdere l’idea di ridurre il rapporto debito/Pil fino al 60% in vent’anni, ma evidentemente questa regola vale ancora. Tuttavia la Commissione sembra ritenere violata anche la regola che vuole il pareggio strutturale di bilancio. Occorre però che si capisca una cosa importante.



Quale?

La riduzione del rapporto debito/Pil è possibile per l’Italia se ci sono tassi di interesse sui titoli del debito pubblico estremamente bassi, a livello francese o quasi, comunque più bassi di quelli che ci sono stati negli anni del Governo Renzi. Persino il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, ha chiesto dalle pagine del Financial Times una sorta di patto in cui l’Europa si impegna a ridurre i tassi di interesse in modo che l’Italia possa vedere scendere il rapporto debito/Pil. Si potrebbe fare con un intervento selettivo della Bce con acquisto di titoli italiani. Con tassi bassi noi potremo vedere sia un po’ di crescita che una lenta riduzione del debito/Pil. Del resto dal punto di vista economico non c’è alcun ragione per operare d’urgenza nella riduzione del rapporto debito/Pil.

Moscovici ha detto che vorrebbe evitare la procedura d’infrazione. Secondo lei c’è ancora spazio per evitarla?

Il nostro Governo sbaglia tante cose, ma anche l’Europa non è da meno: mi sembra miope, senza leadership, senza visione. Chi fa politica deve avere una via d’uscita, l’Europa dovrebbe proporre una via d’uscita che non sia mettere in ginocchio l’Italia. Invece, sentendo anche alcune dichiarazioni di esponenti di istituzioni europee, mi sembra che finiscano solo per aizzare i mercati. Io credo che ci sia ancora margine per una trattativa. L’Italia dovrebbe lavorarci e mi sembra che la chiave possa essere quella sui tassi di interesse di cui ho parlato. Purtroppo è probabile che l’Europa non voglia ascoltare nemmeno proposte ragionevoli.

Ci vorrebbe però anche un intervento della Bce…

Tra il 2010 e il 2012, attraverso il Security Market Programme, la Bce è intervenuta selettivamente sui titoli di stato dei paesi periferici. Si tratterebbe quindi di riproporre una misura già messa in campo. Tra l’altro l’intervento era stato giustificato dal fatto che i tassi di interesse sui titoli del debito pubblico si riversano sul costo del credito che praticano le banche, dunque si voleva evitare che il costo del credito fosse troppo squilibrato all’interno dell’eurozona. Situazione che però ora rischia di verificarsi.

(Lorenzo Torrisi)

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