Ieri pomeriggio la Bce ha annunciato che “darà un contributo finanziario per il restauro” della cattedrale di Notre Dame essendo “incoraggiata” dalle iniziative per la ricostruzione. Così l’Eurotower si unisce ai contributi volontari annunciati prontamente dai maggiori gruppi francesi; solo ieri si contavano promesse per quasi 700 milioni di euro di cui 200 milioni dall’ad di Lvmh e altri 100 dalla famiglia Pinault del gruppo Kering. L’iniziativa della Bce è comunque singolare per considerazioni che sono tanto antipatiche quanto inevitabili.
Sappiamo benissimo che la Bce oggi è l’unica istituzione comunitaria che, in qualche modo, lavora per tenere insieme un’unione monetaria fatta di membri le cui performance economiche negli ultimi dieci anni si sono divaricate di molto. È un compito molto complicato in uno scenario economico globale sfidante e in cui sono emersi attori che giudicano, con ragioni tutto sommato comprensibili, il blocco dell’euro come un competitor “criticabile” per via del surplus commerciale fuori scala. Sappiamo altrettanto bene quanto il ruolo della Bce in un’unione chiaramente disfunzionale sia diventato critico e scrutinato dai mercati che osservano per capire se per caso qualcuno verrà lasciato o meno sotto il riflettore dei “mercati”.
Siamo però perplessi dal ruolo di sovvenzione alla ricostruzione di opere artistiche della Bce. Ci domandiamo quale natura avranno i “contributi finanziari” e da quale voce del bilancio usciranno per un’istituzione che, ovviamente, è in grado di stampare moneta. Ci domandiamo anche se ci siano dei criteri che azionano questo contributo finanziario. Se ci sia una qualche scala di “valore artistico” o valore culturale che di certo non ci azzardiamo a negare alla bellissima e notissima cattedrale di Notre Dame. Eventi tragici e luttuosi, per il mondo dell’arte, non sono mancati negli ultimi anni in diverse parti d’Europa e in Paesi che non potranno mai contare su 700 milioni di euro pronta cassa nell’arco di 24 ore. Eventi che hanno funestato “pezzi” di patrimonio artistico europeo molto rilevanti senza che la Bce venisse “incoraggiata”.
Il rischio, insomma, è che questo atto di generosità e bontà che comunque verrà pagato, indirettamente, da tutti gli europei rafforzi un sospetto che si è radicato in una larga parte degli europei e che oggi è difficile da “sradicare”. E cioè che tutti i Paesi membri sono uguali ma qualcuno, ogni tanto, è più uguale degli altri; un assunto che evidentemente da ieri include l’azione della stessa Bce sulle opere d’arte europee. Era proprio necessario alimentare inevitabili riflessioni considerato che questo intervento non ha precedenti? Per quanto piccolo il contributo, ma mediaticamente rilevante, il danno, secondo noi, rimane. Perché la Bce all’interno della costruzione dell’Unione europea non è un attore “qualsiasi”.