Il clamoroso sviluppo registrato martedì con l’entrata dello Stato olandese in Klm rappresenta una lezione per l’Italia. In primo luogo sul fatto che l’asset di una compagnia aerea sia di estrema importanza per l’economia di una nazione e anche perché parliamo dell’Olanda, un Paese la cui filosofia economica non può certo definirsi protezionista. L’episodio costituisce per l’Italia un chiarissimo esempio di come l’esistenza di un sistema-Paese sia essenziale al suo sviluppo.
Chiariamo meglio l’accaduto: che il consorzio Air France-Klm abbia da anni seri problemi economici per gestioni, specie transalpine, non proprio encomiabili, lo si sapeva da tempo. Ma ora Klm è stanca di continuare a perdere soldi, anche perché i numeri dimostrano che il vettore olandese godrebbe di ottima salute se non fosse che i suoi ricavi servono per ripianare le perdite di Air France. E così alla fine l’ingresso dello Stato in Klm è un segnale di come si sia superato il limite della sopportazione.
Il ministro dell’Economia transalpino Bruno Le Marie è rimasto sconcertato dalla decisione e ha convocato il suo pari olandese a Parigi per discutere la mossa inaspettata, visto che, nelle sue dichiarazioni, ha spiegato che “il nostro obiettivo deve rimanere lo stesso per tutti: il successo di Air France-Klm e dei suoi dipendenti”. Formatasi nel 2004, l’alleanza non ha quasi mai goduto di periodi molto floridi, soprattutto perché le varie gestioni che si sono succedute in Air France non hanno prodotto i risultati sperati: ma c’è da ricordare un piccolo particolare, perché nel 1997 Alitalia dà vita a un’alleanza proprio con Klm, cogliendo un’occasione unica, e che la genialità di un dirigente come Domenico Cempella mise in moto. Tre hubs strategici: Fiumicino (rivolto a tutto il bacino del Mediterraneo), Malpensa (porta all’Europa) e Schipol. Per la prima volta non ci sarebbe stata solo un’alleanza, bensì una fusione in una compagnia aerea che avrebbe dovuto chiamarsi Wings, con due vettori in perfetta osmosi tra di loro: un’Alitalia con una flotta prevalentemente di medio raggio, però con un traffico globale notevole, e Klm, con una flotta di lungo raggio che però non disponeva di un traffico globale di rilievo. Matrimonio perfetto anche perché all’epoca il valore delle azioni Alitalia era altissimo e superiore a quello del vettore olandese, cosa che avrebbe significato sicuramente una prevalenza italiana in un vettore che sarebbe stato il più grande in Europa.
È ovvio che una simile alleanza rompesse le scatole ad altri vettori (Air France, Lufthansa e Iberia soprattutto) che avevano e hanno nel traffico italiano il secondo in volume dopo quello locale. Ma la cosa più incredibile fu che la manovra lobbistica generata dall’Ue dopo l’intervento di queste compagnie, che si basava sul fatto che, per poter uniformare la flotta con quella di Klm, Alitalia avesse acquistato un certo numero di Boeing Jumbo 400 con un prestito concesso dallo Stato italiano a tassi di interesse più alti di quelli bancari (come avevano fatto le stesse Air France e Iberia, senza subire alcuna sanzione) ricevesse l’aiuto dalla Regione Lombardia e eql Comune di Milano, che si opposero con forza alla riduzione del traffico aereo su Linate e il suo trasferimento a Malpensa, altro leitmotiv targato Ue. Insomma, si scatenò una bufera tale che provocò non solo la fine dell’alleanza con gli olandesi, ma una multa ad Alitalia e l’impedimento ad aprire nuove rotte e rinnovare la flotta, fatto che diede inizio al calvario della compagnia italiana: una manovra che venne alcuni anni dopo riconosciuta come un danno al vettore italiano dal tribunale dell’Aja. Che stabilì in 350 milioni di euro il rimborso per il danno creato ad Alitalia, cifra poi mai pagata per accordicchi politici tra il nostro Paese e l’Ue.
Tutta la questione Alitalia-Klm mise in luce l’incapacità dell’Italia di creare un sistema-Paese: anzi, fu l’inizio del declino economico italiano che poi, con l’entrata nell’euro e la successiva “Seconda Repubblica” trasformò l’ottava potenza mondiale in una nazione immersa in una crisi senza fine.
L’attuale intervento dello Stato olandese in Klm in definitiva serve da lezione a un’Italia che, anziché ribellarsi allo Stato francese nella famosa questione dei cantieri Stx per i continui soprusi sulla falsa “importanza nazionale” di un’entità già privatizzata anteriormente da un’impresa sudcoreana, si è prostrata a una soluzione metafisica che non permette a Fincantieri di poter esercitare un vero diritto di proprietà. E ora, dopo questa ennesima comica economica, prepariamoci ad assistere a quella, che appare superare i limiti della precedente, sulla supposta privanazionalizzazione di Alitalia.