Pil della Francia in stallo, quello della Germania addirittura in leggero calo mentre l’Italia, udite udite, non sta così male. Invece tra le maggiori economie fuori dell’Europa pure il Giappone inizia a soffrire insieme alla Cina, non più così brillante nella crescita. L’unica economia in salute, stando ai numeri, sembra quella Usa.



Ma cosa sta succedendo nel mondo? Sta succedendo una cosa molto semplice: la famosa dichiarazione di Draghi del 2012, quella per cui la Bce avrebbe salvato e sostenuto l’euro a qualsiasi costo e “costi quello che costi” è arrivata alla frutta, è arrivata alle sue estreme conseguenze. Come ho già notato diverse volte, Draghi in quella dichiarazione omise un dettaglio per nulla secondario: affermando “costi quello che costi” non ha mai detto quanto sarebbe costata la difesa a ogni costo dell’euro e poi chi avrebbe pagato il conto. Ma ormai non abbiamo più bisogno di chiederlo. I più avveduti avevano già capito: come al solito avrebbero pagato i più deboli, quelli finanziariamente più inermi.



Oggi non abbiamo più bisogno di chiederlo perché non c’è più bisogno di essere avveduti o particolarmente intelligenti, ormai sono i fatti a parlare e i fatti raccontano che il divario tra poveri e ricchi è aumentato in questi anni di crisi, il numero dei miliardari è aumentato, i miliardari hanno aumentato le ricchezze (del 19% l’anno scorso, per esempio) e i poveri sono rimasti al palo.

Se davvero vogliamo interrompere questa spirale diabolica, l’unica strada è comprendere cosa davvero è successo (e sta succedendo) e aiutarsi a stabilire semplici e drastiche regole per non ripetere simili errori. Regole semplici e drastiche come quelle che c’erano in tutto il mondo, prima del 1999 o giù di lì. Regole come quella che impediva alle banche dedite alla raccolta di risparmio la possibilità di fare speculazioni finanziarie. Ora invece possono farlo e forti di tanto capitale (i nostri depositi) hanno destabilizzato il mercato finanziario e non contente hanno messo a rischio capitali che non hanno.



E quando non si comprende il momento presente, il rischio è che certi eventi storici, che magari iniziano con una tragedia, poi si ripetano e si concludano con una farsa. Questo è quello che ho pensato quando ho letto la notizia di Angela Merkel che è dovuta scendere dall’aereo di Stato che la stava portando per un viaggio ufficiale in Argentina. L’aereo si è dovuto fermare in Spagna per un guasto e la Merkel ha proseguito il viaggio su un volo di linea spagnolo. Cose che capitano, i guasti. Capitano soprattutto se si risparmia sulla manutenzione o sugli investimenti, come ha fatto la Germania in tutti questi anni. Sembra proprio, questo piccolo incidente di percorso, una classica pena del contrappasso capitata a chi per tanti anni ha predicato e fatto applicare (e applicato) le virtù dell’austerità, portatrice di un mondo meraviglioso privo di debiti e dove tutto funziona.

Guasto l’aereo così come è guasta l’ideologia liberista, il cui “guasto” non è tanto l’idea di far soldi, ma quella meschina e alla fine diabolica di farlo sulla pelle degli altri, facendo pagare il conto agli altri invece di assumersi i rischi dell’impresa in proprio. E questi guasti oggi sono così palesi e dimostrati da essere tranquillamente ammessi e descritti da illustri pensatori tedeschi, economisti o magari ex politici di lungo corso. Come Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri e vice Cancelliere del governo Schroeder, dal 1998 al 2005 e autore del recente libro dal titolo “L’Europa fallisce?”. E la sua conclusione, sinteticamente detta in poche righe, è che ovviamente fallirà, se si continua così e se i tedeschi non cambieranno rotta.

Sì, avete letto bene, secondo Fischer il primo problema è il programma di austerità imposto dalla Germania, secondo la politica della Merkel detta “dei piccoli passi”, un tatticismo che tanto successo ha riscosso in questi anni. Ma sono piccoli passi che comunque ci hanno mosso nella direzione sbagliata.

L’analisi del libro di Fischer è impietosa. Lui stesso afferma che è “deprimente constatare che se la maggioranza della Bce non avesse seguito le decisioni di Mario Draghi, ma le obiezioni dei tedeschi, a quest’ora l’euro non esisterebbe più”. E poi: “Bisogna prepararsi seriamente alla fine del progetto europeo, che era stato costruito per il bel tempo, ma alla prima crisi seria, la bolla immobiliare americana, è stato del tutto impreparato. Un anno dopo il crack il ministro delle Finanze Peer Steinbrueck continuava a parlare di crisi americana, senza accorgersi che i lembi del suo frack stavano già prendendo fuoco”.

Niente male come immagine, no? E ne ha ancora per la Merkel, colpevole nel 2008, nel momento cruciale della diffusione della crisi, di aver rifiutato una gestione “europea” e condivisa della crisi, fautrice del dogmatico “ognuno per sé”. Un “ognuno per sé” rimangiato diverse volte, quando a rischio erano le banche tedesche, come nel caso della Grecia nel 2010. Questa radicale mancanza di solidarietà e sussidiarietà (direi una mancanza di radici cristiane) è il vero guasto dell’attuale Unione europea. Se non si risolve questo guasto, allora ciò che è iniziato con una tragedia (economica) potrebbe davvero finire con una farsa. Ma ci sarà ben poco da ridere.

E non tra molto. Tutte le borse mondiali sono in calo, il Dax ha già perso 3.000 punti dai suoi massimi (13.500 punti) innescando una pesante correzione per la quale si intravvede un primo livello di resistenza a 9.500 punti, cioè una correzione del 30%. Ma se quel livello non dovesse tenere? Beh, allora c’è il vuoto, non ci sono altri livelli evidenti per l’analisi tecnica. E allora sarà anche la fine del progetto europeo e tutte le chiacchiere sul “grosso problema del debito italiano” saranno un lontano e sbiadito ricordo senza significato.