Oggi la Commissione europea si pronuncerà sul nuovo Documento programmatico di bilancio inviato dall’Italia la scorsa settimana. La vigilia di questo appuntamento ha visto non solo lo spread salire oltre i 330 punti base, ma anche Emmanuel Macron e Angela Merkel condividere e proporre ai partner europei un progetto di “bilancio unico europeo” che sembrerebbe essere penalizzante per il nostro Paese. In attesa del responso di Bruxelles, invero piuttosto scontato, abbiamo fatto il punto della situazione con l’economista ed ex ministro delle Finanze Francesco Forte.
Professore, partiamo dallo spread, che ieri è stato protagonista di una fiammata oltre i 330 punti base, un livello che non si vedeva dal 2012…
Quanto accaduto è indice del fatto che i mercati ritengono che i calcoli fatti dal Governo siano sbagliati come dice l’Ue. Di fatto l’Italia sta dicendo che vuole fare un deficit del 2,4% del Pil per aumentare la domanda di consumi e far crescere così il Pil stesso. Il problema è che facendo tutto questo a debito, il debito pubblico in termini reali non diminuirà.
Perché?
Perché potrebbe diminuire solamente con un deficit intorno al 2% del Pil. Se invece si resta al 2,4% vuol dire che il debito in termini reali aumenta e questo fa salire lo spread, che a sua volta fa crescere il costo del denaro e provoca una contrazione della disponibilità delle banche a concedere credito. Il risultato finale è quindi una riduzione del Pil. Inoltre, dovendo pagare più interessi sul debito, c’è meno spazio per finanziare le spese per i provvedimenti promessi, quindi si rischia di andare oltre il 2,4% (anche perché, come detto, si contrae il Pil). Ecco perché i mercati si preoccupano.
Per il Governo è ormai impossibile fare marcia indietro rispetto al 2,4% di deficit/Pil. Dunque non abbiamo modo di evitare la bocciatura dell’Ue e un alto livello dello spread.
In realtà il Governo può lasciare il bilancio ufficiale con il deficit al 2,4% del Pil e poi contenere la spesa che genera debito al 2%. Siccome la riforma delle pensioni di fatto potrà entrare in vigore nella seconda parte dell’anno e per il reddito di cittadinanza ci vorrà prima un potenziamento dei Centri per l’impiego che richiede un certo tempo, l’esecutivo ha la possibilità, senza fare alcuna marcia indietro, di inserire nei decreti riguardanti pensioni e redditi di cittadinanza questa concessione fondamentale: cominciare ad attuare le misure nel secondo semestre dell’anno. Di fatto un impegno ad assicurare che il programma verrà attuato per gradi, garantendo così che la spesa effettiva in deficit sarà inferiore al 2,4% del Pil.
Nel frattempo Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno presentato un progetto di bilancio unico europeo. Cosa ne pensa?
È una riforma molto controversa e tecnicamente sbagliata. Di fatto si vuole affidare il fondo salva-Stati al controllo di un ministro del bilancio europeo, che dovrebbe erogare le risorse a chi se le merita per progetti di politica fiscale comune e nello stesso tempo intervenire per salvare debiti in difficoltà con clausole simili a quelle del Fondo monetario internazionale. Questo meccanismo è mostruoso.
In che senso Professore?
Se vogliamo una politica fiscale europea, andrebbe fatta con un fondo del bilancio europeo e quindi il ministro dovrebbe essere sottoposto al controllo del Parlamento europeo. L’obiettivo sembra invece quello di affidare a una commissione fuori dal controllo del Parlamento, cioè a una burocrazia, controllata da un direttorio, la politica fiscale comune. Praticamente Francia e Germania gestirebbero il tutto. La politica comune deve essere però gestita con metodo democratico, non burocratico o persino autoritario.
(Lorenzo Torrisi)