Stasera il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vedrà il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Dopo le aperture di Moscovici (“La porta resta aperta”), Conte spera di poter avviare un confronto costruttivo. Ma, in assenza di nuove misure concrete, di nuovi numeri e di indicazioni chiare (i due vicepremier sembrano avere due atteggiamenti diversi: Di Maio più conciliante, Salvini più convinto a tirare dritto), la sensazione prevalente è che tra Italia e Unione europea ci sia ancora una sorta di dialogo tra sordi. Come uscire dall’impasse? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara ed economista vicino a Savona.



Professore, si può rompere questo muro contro muro?

Penso di sì e me lo auguro. Dipende dalle capacità che le controparti dimostreranno di voler dialogare. Anche se ho visto finora più aperture da parte del governo italiano che da parte della Commissione Ue, che mi sembra ancora abbastanza chiusa.

Oggi Conte incontrerà a cena Juncker. Però al momento sappiamo che Salvini vuole tirare dritto, Di Maio sembra più disponibile a una mediazione e Savona vorrebbe riscrivere la manovra…



A dire il vero, l’intenzione di Savona di voler riscrivere la manovra può essere già derubricata alla voce indiscrezioni giornalistiche, pure smentite. Credo che tutti al governo siano per una sostanziale conferma dell’attuale manovra. Poi, se si renderà necessario andare a rivedere qualche piccola modifica, credo che non sussistano proprio problemi. L’impianto resta quello iniziale.

Conte ha dichiarato: acceleriamo gli investimenti, rimoduliamo le misure. Che ne pensa?

Sono pienamente d’accordo. Ho sempre sostenuto che il deficit al 2,4% è il minimo sindacale che serve all’Italia per uscire dalla crisi.



L’Europa su questo numero non la pensa così e ci chiede modifiche. Che cosa si potrebbe fare?

Lo dico come idea, come provocazione: potremmo dichiararci disponibili a qualche concessione, pari a uno 0,1-0,2% in meno sul defcit, ma chiedendo di avere la possibilità di fare un 1% fuori dal computo del disavanzo solo in investimenti pubblici per la messa in sicurezza del territorio. Così si attiverebbe un settore trainante per l’economia, anche locale, e un volàno dell’occupazione, aprendo di fatto una sorta di grande cantiere diffuso, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, per poter mettere in atto immediatamente degli interventi di messa in sicurezza di ponti, strade, scuole, territori che franano. Anche perché prevenire costa molto meno che intervenire dopo i disastri. E con questa strategia credo che diminuirebbe anche il costo del reddito di cittadinanza, perché avremmo immediatamente molti posti di lavoro in più.

Reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni, cardini della manovra del governo giallo-verde, sono ancora misure sulla carta, non abbiamo ancora nulla di scritto. Come si potrebbero rimodulare per renderle meno indigeste alla Ue, ma nello stesso tempo senza tradire le promesse elettorali di Lega e M5s?

Premesso che ho la fortuna di non far parte dei tavoli tecnici, dico che rispetto alle cifre già fatte, sia il reddito di cittadinanza, che dovrebbe partire non prima di aprile, ferme restando le condizionalità previste per accedervi, che quota 100, con le finestre che si apriranno nell’anno e intervenendo sul numero dei possibili beneficiari, possono essere oggetto di giuste rimodulazioni per far quadrare i conti.

Nella trattativa con la Ue Conte si troverà a dover utilizzare il freno, la disponibilità di Di Maio a mediare, e l’acceleratore, la spinta di Salvini ad andare avanti dritto per dritto. Non c’è il rischio che la macchina possa sbandare, cioè arrivare a un punto che scontenta sia i due azionisti del governo, cioè Lega e M5s, sia i commissari Ue?

Il problema che si è aperto con la Commissione europea non è più tecnico, ma prettamente politico. Quindi deve essere risolto in sede politica. Non sono più i tecnici a decidere il destino della manovra, ma solo compromessi di carattere politico. È quindi giusto che il premier, la massima espressione politica del governo, sia in prima linea a sciogliere il nodo della matassa.

(Marco Biscella)

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