Il presidente dell’Inps Tito Boeri boccia del tutto la riforma voluta dal governo e dalla Lega in particolare, mettendo in discussione la stessa fattibilità del provvedimento che punta a superare la tanto vituperata legge di Elsa Fornero: “Quota 100 data dalla somma 62-38 è incompatibile con i vincoli tecnici di spesa che sono già nella bozza della legge di bilancio — ha detto Boeri parlando a un convegno all’Università Bocconi —. Ora si discute delle modalità per contenerla, usando un meccanismo di salvaguardia, ma non è fattibile dal punto di vista giuridico e avrebbe l’effetto negativo di far scappare la gente in pensione appena possibile”.



In realtà Boeri non è il solo a pensarla così. Nel fine settimana a Bruxelles, Jean-Claude Juncker ha fatto la faccia buona con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma è stato inflessibile nel chiedere che le auspicate modifiche alla legge di bilancio consentano di bloccare la riforma delle pensioni made in Salvini.



Ma perché i vertici europei sono così angosciati dalle manovre leghiste in materia pensionistica?

E’ presto detto. Fu il rifiuto della Lega nel 2011 ad acconsentire alla riforma strutturale delle pensioni di anzianità che provocò l’attacco della Merkel e dei suoi alleati al governo Berlusconi. Le pensioni di anzianità e di vecchiaia sono spesso confuse ma hanno significato e definizione non coincidenti. Se quella di vecchiaia di norma fissa l’età anagrafica limite per poter richiedere il trattamento di quiescenza, la pensione di anzianità invece calcola quando si va in pensione in base a un sistema di quote frutto della somma di anzianità anagrafica e contributiva. Quest’ultima è stata sostanzialmente abolita per effetto della legge Fornero tranne che per alcuni ultimi beneficiari. Ed era ovviamente diffusa soprattutto al Nord, dove numerosi erano coloro che avevano versato contributi fin dalla giovane età: lo zoccolo duro di operai ed artigiani elettori del Carroccio.



Quando Berlusconi, ricevuta la famosa lettera della Bce nell’agosto del 2011, disse a Bossi “ce lo chiede l’Europa”, la Lega fece spallucce e arrivò Monti con la scure della Fornero. Juncker c’era allora e non ha cambiato idea: l’Europa non può accettare manovre che producano effetti strutturali non gestibili sul debito italiano. Cioè a Bruxelles non hanno tanto paura del reddito di cittadinanza o delle mance elettorali alla Renzi, quanto di Quota 100 e di Salvini.

Quindi stanno cercando di spingere i 5 Stelle alla crisi di governo subito dopo le europee, offrendo loro la casa europea rifiutata mesi fa del gruppo liberale ed una ipotesi di continuare la legislatura con un Pd derenzizzato. Meglio Conte di Salvini. Berlusconi lo sa e spinge perché Matteo torni nel perimetro del centrodestra, ma la musica non cambierebbe nei rapporti con Bruxelles, pronta ad usare il bastone con qualsivoglia coalizione di governo che riproponga logiche spendaccione in tema di pensioni.

Conte è tornato in Italia e ha spiegato tutto ai pentastellati, ma nel frattempo Mediaset ha già azzannato con le Iene di Italia uno Luigi di Maio. Forse ai vertici delle istituzioni europee i dettagli della conversazione tra Juncker e Conte sono già corse. 

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