Con un emendamento alla manovra, presentato dalla maggioranza in commissione Bilancio, il governo intende introdurre un’ecotassa sui veicoli benzina o diesel più inquinanti, per favorire l’acquisto di auto elettriche. In base al sistema di incentivi e disincentivi, suddiviso in 12 categorie di mezzi, il più penalizzato pagherà una tassa da 3mila euro, per chi emette più di 250 grammi di anidride carbonica a chilometro, mentre per le auto a impatto zero lo sconto fiscale arriva a 6mila euro. Davanti alle proteste di concessionari e sindacati di settore, Matteo Salvini ha subito innestato la retromarcia, rassicurando che al Senato l’emendamento verrà modificato, mentre l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha detto di voler convocare un tavolo per discutere con le parti interessate. Il sottosegretario all’Economia, Laura Castelli, invece ha ribadito che “la volontà è quella di tenere l’ecotassa. Sta nel contratto di governo”. Insomma, anche sull’ecotassa non mancano le frizioni tra i due alleati di governo. Ma è una misura utile?



“No, è una misura dannosa – risponde Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor -. Favorire le auto elettriche è opportuno, ma con questo provvedimento non si svecchia certo il parco circolante. E questo è il vero problema da affrontare. Non lo si ringiovanisce prevedendo un aggravio di costi a carico di chi acquista un’auto nuova. La misura dovrebbe essere radicalmente diversa. Bisogna dare un aiuto a coloro che vogliono avere la possibilità di cambiare la loro auto perché troppo vecchia e troppo inquinante”.



Intanto concessionari e sindacati di settore sono subito insorti contro l’emendamento, che può mettere a repentaglio migliaia di posti di lavoro in un mercato dell’auto che sta incontrando delle difficoltà.

Il mercato dell’auto ha avuto una ripresa molto importante negli ultimi tre anni, ma non è ancora arrivato ai livelli pre-crisi. Nel 2018 il mercato si è fermato sui livelli dell’anno precedente, anzi è sceso un pochino. Per il 2019 noi prevediamo un ulteriore leggero calo, e se ora dovesse arrivare questa penalizzazione sul costo dell’auto, cioè un aumento della tassa di immatricolazione, allora la situazione rischia di diventare difficile: il mercato, secondo nostre elaborazioni, potrebbe accusare nel 2019 un calo aggiuntivo stimabile cautelativamente in almeno 100mila immatricolazioni. E ricordiamoci che stiamo pure entrando in una nuova recessione.



Le ecotasse sono state adottate anche in altri Paesi?

Sono previste un po’ dappertutto, ma è uno strumento da maneggiare con cautela. Quel che sta succedendo in Francia con le proteste dei “gilet gialli” è dovuto proprio al temuto rialzo dei prezzi del carburante, cioè dei costi di esercizio delle vetture alimentate da carburanti tradizionali. In Canada, invece, hanno sì istituito le ecotasse, ma tutto il ricavato viene poi redistribuito tra coloro che le hanno pagate in base al livello di reddito. Chi ha un reddito più basso, riceve di più. E’ una misura di redistribuzione.

Potrebbe funzionare anche in Italia?

Secondo me, in Italia, oggi c’è un’altra esigenza: bisogna dare una mano a tutti quelli che hanno visto la loro auto immobilizzata per un certo periodo di tempo, anche lungo, a causa delle misure sul blocco del traffico, come quelle adottate il 1° ottobre per vietare l’accesso nei centri storici. In molti casi si tratta di lavoratori che usano la loro vecchia auto e hanno quindi l’esigenza di cambiarla.

Salvini si è detto contrario a nuove tasse sull’auto, “un bene in Italia già ipertassato”. Quanto guadagna il fisco dall’auto?

Guadagna decine e decine di miliardi, ed è un introito che non trova riscontro negli altri Paesi europei. Abbiamo la benzina tra le più care al mondo, in più una fortissima penalizzazione per le auto aziendali, che rappresentano circa il 30% del mercato, mentre in altri Paesi godono della detraibilità integrale dei costi di esercizio e dell’Iva, e poi sussistono tanti altri balzelli assurdi, come le imposte sul passaggio di proprietà che all’estero non sono contemplate e da noi sono invece molto elevate. Insomma, c’è una persecuzione sull’auto in atto da troppo tempo e sarebbe ora che finisse, affrontando il problema con ragionevolezza, con misure a favore di tutti, ma soprattutto degli automobilisti che hanno redditi più bassi.

Come si può venire incontro a questa esigenza?

Prevedendo un incentivo che consenta loro di poter cambiare la propria auto, salvaguardando l’ambiente senza penalizzare gli automobilisti.

Al Senato, assicurano Salvini e Di Maio, l’emendamento sull’ecotassa sparirà. Che cosa dovrebbe fare, allora, il governo?

Più che introdurre il bastone dell’ecotassa, il governo dovrebbe accogliere la nostra proposta di una nuova rottamazione, una sorta di carota servita su un piatto d’argento. Come Centro Studi Promotor abbiamo recentemente e ufficialmente presentato al Governo la proposta di introdurre nuovi incentivi alla rottamazione sulla base dell’esperienza del 1997.

Perché caldeggiate questa misura?

Grazie al gettito Iva e alle tasse sulle immatricolazioni delle vetture vendute in più, quella rottamazione, che prevedeva un incentivo di 1,5 milioni di lire per ogni auto nuova acquistata rottamando un modello vecchio di oltre 10 anni, portò nelle casse dello Stato maggiori entrate, coperto il costo dell’incentivo, per 1.400 miliardi di lire, pari oggi a 723 milioni di euro. Non solo: secondo la Banca d’Italia, quell’operazione generò un contributo alla crescita del Pil di 0,4 punti percentuali.

La vostra proposta, dunque, è introdurre incentivi analoghi a quelli del ’97?

Sì, ma aggiornando gli importi: 2mila euro da parte dello Stato e 2mila euro da parte del venditore, tenendo conto che sul costo medio per vettura, pari a 21mila euro, si pagano circa 3.700 euro di Iva. Quindi c’è ampio margine per recuperare l’incentivo. Il provvedimento non solo è a costo zero, ma è vantaggioso per tutti – industria dell’auto e automobilisti -, e per tutto il Paese, che di una spinta alla crescita ha davvero bisogno.

(Marco Biscella)