La disinformazione alimentata da chi ha interesse a nascondere la verità sulla drammatica situazione in cui versa Alitalia la sta facendo da padrona. Molte sono le notizie incontrollate e prive di alcun fondamento che si succedono senza soluzione di continuità. Diciamolo chiaramente, ormai Alitalia sembra la Cenerentola del trasporto aereo da appioppare a questo o a quell’altro potenziale investitore frutto della fantasia di chi è il regista di tutto ciò. L’elenco dei potenziali investitori è davvero lungo: si parte dall’evergreen Delta Airlines e da Easyjet per arrivare a Poste, Eni, Leonardo, Cassa depositi e prestiti e non ultimo la pista cinese, che ormai nel nostro Paese è il cosiddetto “prezzemolo in ogni minestra”.



La realtà dei fatti, che ormai nella vicenda Alitalia appare essere sempre più lontana da quanto viene comunicato dai media, ci dice che: per l’Ad di Poste Italiane Matteo Del Fante “non c’è alcun progetto da parte di Poste e di aprire un dossier Alitalia”; l’Ad di Leonardo Alessandro Profumo ha affermato “non capirei il senso di una nostra partecipazione”; anche l’AD di Eni, Claudio Descalzi, e il direttore generale di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo, hanno ufficializzato la loro indisponibilità a considerare un investimento in Alitalia, anche perché non si capirebbe al momento su cosa dovrebbero investire visto che non esiste alcun piano industriale. Giuseppe Guzzetti, Presidente delle Fondazioni bancarie azionista primario di Cdp, ha addirittura definito “pericoloso” un investimento in Alitalia. Infine, la low-cost Easyjet ha comunicato ufficialmente che non parteciperà al capitale di Alitalia, come già avevano fatto Air France-Klm, storici partner di Delta.



Dopo questa premessa di assoluto folklore credo sia opportuno di provare a fare un’analisi seria dello stato dell’arte e attenersi ai fatti e ai numeri economici che sono la sostanza vera del business, soprattutto quando si chiede a potenziali investitori di metterci del denaro. Intanto per come scrivo da mesi, si è avuta conferma delle perdite da me ipotizzate per il 2018: 400 milioni è il rosso a livello di Ebit, che significa oltre 500 milioni di perdite come risultato finale. Considerando ora i circa 300 milioni di perdita del 2017 relativi alla gestione commissariale (il totale di circa 500 milioni teneva conto anche del periodo gennaio-aprile ancora sotto gestione Etihad) possiamo determinare che il totale delle perdite dell’Amministrazione straordinaria di Alitalia è pari a circa 800 milioni di euro nel periodo che va dal 1 maggio 2017 sino al 31 dicembre 2018. Ora volendo “normalizzare” tale risultato e attualizzarlo alle gestioni Alitalia dal 1990 a oggi, possiamo opportunamente verificare che in termini economico-reddituali è il peggior risultato della storia di quella che fu la compagnia di bandiera italiana.



Inoltre, il risultato del 2018, pur volendo considerare gli ammortamenti che non incidono sulla situazione finanziaria corrente (ma che considerando il modello di business incidono eccome sulla situazione finanziaria di medio periodo), acclara un altro dei problemi da me ipotizzati, ovvero che Alitalia sarebbe arrivata nei primi mesi del 2019 con una posizione finanziaria netta prossima allo zero, considerando che il dato relativo alla cassa più volte esibito dai Commissari, in realtà è alimentato soltanto dalla prevendita dei biglietti e dai debiti vero fornitori per la gestione corrente. Ciò ci porta a determinare che il cosiddetto “prestito ponte” di 900 milioni di euro se n’è bello che andato in fumo con buona pace dei contribuenti e dei dipendenti Alitalia, ovvero le due entità che ormai cronicamente sono le vittime sacrificali di questa storia con l’aggravante per i dipendenti Alitalia di essere anche contribuenti.

In questa situazione di dissesto acclarato dai numeri però sia i dipendenti Alitalia, sia noi contribuenti italiani, possiamo stare tranquilli in quanto tutto sembra essere sotto controllo e le dichiarazioni e i titoli di molti giornali ci impongono di essere assolutamente ottimisti circa l’ormai scontata partecipazione di Delta nel capitale della nuova Alitalia. Delta c’è, amici lettori, possiamo stare tranquilli lo dicono tutti tranne il Ceo di Delta. E non è tutto. Infatti, proprio due giorni fa Air France, per come avevo ampiamente previsto e anticipato in alcuni miei precedenti scritti da sei mesi a questa parte, ha ufficializzato che è pronta a una strategia di sviluppo senza precedenti sul mercato italiano incrementando di 58 rotte il proprio network nel nostro Paese. Quindi mentre Delta, secondo i ben informati, dovrebbe entrare con una quota del 10% in Alitalia, Air France che è l’alleato storico nonché partecipata al 10% dalla compagnia di Atlanta, mette in atto una strategia che andrebbe a danneggiare pesantemente l’investimento di Delta in Alitalia per motivi tanto ovvi che appare del tutto inutile spiegare.

Qualche tempo fa dimostrai in una mia analisi economico-finanziaria su Delta, redatta per conto della nota agenzia di stampa aeronautica Avionews, che l’aerolinea americana, oggigiorno, non è nelle condizioni economico-finanziarie per continuare la sua strategia di acquisizione di partecipazioni in altre aerolinee che ha caratterizzato l’ultima decade di gestione. Neanche avessi letto nel pensiero del Ceo di Delta, che qualche giorno dopo ha dichiarato quanto segue: “Alitalia is an important part in our transatlantic joint venture. Whether we decide some support or not, it’s not be decided, the numbers being thrown around out there are pretty large and not something we could consider”. Quindi, il Ceo di Delta Ed Bastian ci informa che, considerato quanto emerso circa la situazione economico-finanziaria di Alitalia, Delta non può considerare alcun investimento nella compagnia aerea italiana, ma che essendo quest’ultima un partner nella joint-venture transatlantica stanno valutando un qualche tipo di supporto. Quindi si ammette di non essere attualmente in condizione di considerare investimenti nel capitale di altre compagnie, com’era facilmente prevedibile analizzando i dati finanziari della compagnia americana.

Personalmente, avrei fatto a Bastian un’altra domanda, ovvero se poteva spiegare il perché se considera Alitalia un importante partner ha provveduto qualche mese fa a metterla fuori da qualunque strategia commerciale, svuotando la famosa joint-venture atlantica e non facendo partecipare Alitalia alla nuova joint-venture denominata Blue Sky che di fatto sostituisce quella atlantica e dove vi sono tutti i partner già componenti la joint-venture atlantica a eccezione di Alitalia sostituita da China Eastern. Il tutto mentre il Dott. Gubitosi ci raccontava attraverso i suoi frombolieri di risultati mirabolanti.

Ma non è tutto. Delta qualche giorno fa a margine di un incontro con i vertici di FS, emette un altro comunicato quasi del tutto ignorato dai media italiani che recita quanto segue: “Della continues to explore ways to work with Ferrovie dello Stato in order to mantain our partnership with Alitalia in the future. Discussion remain on going as Alitalia is a long standing partner”. Quindi Delta discute con FS per rimanere partner di Alitalia in futuro, ma Delta non fa alcuna allusione a una sua eventuale partecipazione nel capitale della nuova Alitalia. Ergo, è un opzione che allo stato non può considerare, in coerenza con quanto dichiarato da Bastian qualche giorno prima.

A questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi quale è l’utilità di Delta nel portare avanti tale “manfrina”. La risposta è più semplice di quanto si possa credere per chi conosce le dinamiche del trasporto aereo. Delta ha un solo vero obbiettivo in questa vicenda, ovvero guadagnare tempo per permetter ad Air France di stabilizzare la nuova strategia di “feedering” sul mercato italiano, sterilizzando in tal modo almeno in parte la strategia di Lufthansa sullo stesso mercato. La decisione ufficializzata nei giorni scorsi da parte di Air France di incrementare notevolmente le rotte del network italiano era assolutamente da prevedere. Tale strategia si lega perfettamente a quella nuova pensata sul network del Nord Atlantico da Virgin Atlantic, quest’ultima controllata da Delta e da Air France che insieme ne detengono la maggioranza assoluta.

Virgin Atlantic con base in Inghilterra ha una flotta di lungo raggio pari a circa il doppio di quella posseduta da Alitalia. A Delta non rimane adesso che incassare il fatto che Qatar Airways per impegni precisi presi con Faa (l’agenzia del Dipartimento dei trasporti Usa che si occupa del trasporto aereo) e con le autorità americane non potrà investirà in Air Italy e quindi non vi saranno problemi di diritti di traffico nei bilaterali Usa/Italia e il cerchio sarà chiuso, mentre a noi contribuenti non rimane che aspettare di conoscere il Piano industriale di Alitalia annunciato per Pasqua e già al quarto rinvio. Sono proprio curioso di leggerlo.