Se fosse un cultore di storia, antica e contemporanea, Luigi Di Maio potrebbe ripensare a una frase storica pronunciata da Dwight D. Eisenhower, comandante supremo delle forze di spedizione alleate nella seconda guerra mondiale: “Ogni comandante di terra cerca la battaglia di annientamento; nella misura in cui le condizioni lo permettano, cerca di duplicare nella guerra moderna l’esempio classico di Canne”.



Presupponiamo, benevolmente (molto benevolmente), che Di Maio sappia di Eisenhower e di Canne. Ma che c’entra con l’uno e con l’altra? Con l’uno niente, nel senso che – diversamente dal generale – Di Maio non è comandante supremo di niente. Ma c’entra con Canne, località della Puglia.

Cosa vi avvenne? Vi avvenne, nel 216 avanti Cristo, la battaglia di annientamento ricordata appunto come quella “di Canne” tra l’esercito cartaginese dell’invasore Annibale e l’esercito romano, guidato malamente da Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone. Fu un massacro. Annibale annientò gli 86mila tra legionari e cavalieri dispiegati da Roma. “I cartaginesi erano più spossati per la carneficina compiuta che per la battaglia”, annotò Tito Livio.



Molti molti anni dopo, Massimo D’Alema – già segretario del Pd totipotente in Puglia – si è candidato nel collegio Nardò-Gallipoli con Leu (liberi e Uguali) ed ha raccattato 500 voti. Cinquecento voti. Pochini, rispetto alle 832mila preferenze raccolte, nel collegio del Sud, alle europee del 2004. Annientato.

Di Maio si rilegga la storia: questa è la Puglia, questo è il Sud. Incorona e annienta. A distanza ravvicinata. Come se niente fosse.

Negli anni Settanta a Napoli la maggioranza relativa alle varie elezioni, amministrative e politiche, nelle quattro circoscrizioni del “ventre” borbonico e popolare del capoluogo campano – i quartieri Montecalvario, Avvocata, San Giuseppe e Porto – è pendolarmente passata dalla Fiamma (Movimento sociale-Destra nazionale) al Partito comunista italiano. Chiaro?



“Ho scritto t’amo sulla sabbia”, è il motto giusto per la volubilissima fedeltà elettorale di molti (di noi) meridionali. Troppe promesse al vento, troppi inganni: fidarsi una volta non costa nulla, fidarsi una seconda volta, no. Qua nessuno è fesso.

Per questo la Puglia potrebbe essere la battaglia di Canne dei 5 Stelle.

Troppe ne hanno raccontate, troppo poche ne hanno fatte. L’Ilva, la Tap, le trivelle, la xylella… Nella prossima primavera, la prova-tortura. Si vota a Bari, a Ostuni, a Bitritto, Corato, Putignano, Rutigliano, Gioia del Colle, San Severo… in totale 64 Comuni di cui 12 col doppio turno su 258. Un test elettorale, pesante, il primo e più insidioso nel Sud per i pentastellati iperpromettenti.

“Si’ probie nu’ carghe a chiacchiere”, si dice in dialetto barese: “sei proprio un carico di chiacchiere”, in gergo marinaresco.

A sentire i grillini durante la campagna elettorale, anzi a sentire proprio il loro fondatore Beppe Grillo, emettevano musica per le orecchie degli ambientalisti pugliesi: “Ho sempre sognato che questo bellissimo golfo di Taranto tornasse a essere una cosa meravigliosa con tecnologie di energie rinnovabili, con centro per le batterie”, ha detto più volte il Capocomico. «Potremmo fare come hanno fatto nel bacino della Ruhr» dove «non hanno demolito, hanno bonificato, hanno messo delle luci hanno fatto un parco archeologico di industria del paleolitico lasciando le torri per fare centri di alpinismo, i gasometri per centri sub più grossi d’Europa, sono state aperte un sacco di attività dentro». Capirai.

La verità è che, nel caso dell’Ilva come in molti altri, i programmi elettoral-propagandistici dei 5 Stelle sono stati scritti – anzi, neanche scritti: proclamati – senza la minima verifica preventiva sulla loro fattibilità, verifica che nel caso dell’Ilva sarebbe stata chiarificatrice sia sul piano contrattuale (come ha poi denunciato Di Maio “il contratto non poteva essere disdetto”) sia sul piano economico-sociale, perché in Italia le riconversioni alla tedesca sono di solito innanzitutto gli amministratori grillini a proibirle…

E non ne parliamo della Tap. Durante la campagna elettorale Alessandro Di Battista, globetrotter duro e puro, aveva garantito: con noi al governo in due settimane il Tap si blocca. Macché: si fa. La ministra per il Sud Barbara Lezzi ha avuto addirittura uno scontro clamoroso in pubblico con il governatore Michele Emiliano, pur piddino, che aveva sempre detto che la Tap si poteva fare ma spostando l’approdo dei tubi a Sud e utilizzando il gas per riconvertire la centrale elettrica a carbone di Brindisi e con l’energia pulita così prodotta alimentare meglio l’Ilva. Manco per idea, idea peraltro buona.

Infine, le trivellazioni: il provvedimento con cui il governo Conte le ha permesse, in tre regioni come Puglia, ma anche Calabria e Basilicata (1,5 milioni di voti per gli M5s alle ultime politiche) fa indignare la base pugliese. E la solita canzone – “non si poteva fare altrimenti” – non giustifica più… “Il tema – ha detto all’Adnkronos la senatrice M5s Patty L’Abbate, economista ecologica – è sentito da tutti e sarà affrontato. Abbiamo letto i documenti e ci siamo resi conto che il governo altrimenti non poteva fare. Visto che a breve arriva il dl semplificazioni, vediamo se è già possibile intervenire”.

Dunque se il governo “altrimenti non poteva fare”, vuol dire che diceva, forse inconsapevolmente (peggio mi sento) delle grandissime palle in campagna elettorale, allorquando prometteva questo mondo e quell’altro!

Basta molto meno, in Puglia, per finire come Varrone a Canne.

E adesso, per sovramercato, il governo gialloverde – che però in Puglia è visto come giallo, e non certo come verde – si becca anche le bordate di protesta degli olivicoltori e degli agricoltori per l’inazione dopo le gelate di febbraio di 2018 e soprattutto dopo la recrudescenza della xylella che – dal basso Salento – ha raggiunto ormai le campagne baresi. Giuseppe L’Abbate e Gianpaolo Cassese, deputati pentastellati, hanno partecipato alla manifestazione insieme ai colleghi leghisti Sasso e Marti e, soprattutto, hanno chiesto scusa agli agricoltori. Il ministro Centinaio – leghista – verrà a spiegarsi.

Ma insomma: anche se le promesse per inserire le terre pugliesi colpite da queste sciagure tra quelle accudite per stato di calamità sono state nuovamente ripetute, finora sono rimaste vane. E le chiacchiere al vento cominciano ad essere davvero troppe, per gli elettori grillini della Puglia.