Luci e ombre nell’industria dell’auto italiana. Buone notizie dal mondo FCA ma esplode il caso Blutec a Termini Imerese con lo scandalo che ha coinvolto i manager dell’azienda accusati di malversazione di fondi pubblici. Dopo gli importanti investimenti di Invitalia per favorire la rinascita del polo siciliano, i 700 operai ex Fiat e i circa 300 lavoratori dell’indotto vedono il loro futuro sempre più incerto. Ne abbiamo parlato con il Segretario Nazionale della Fim Ferdinando Uliano, che proprio per i metalmeccanici della Cisl segue il settore auto, approfittandone per fare il punto su uno dei comparti più importanti della nostra industria.



Quale futuro a questo punto per un importante sito produttivo come quello di Termini Imerese?

La situazione è drammatica, considerando l’indotto sono oltre mille i lavoratori coinvolti. I presupposti per riuscire nel progetto di reindustrializzazione c’erano e ci sono: uno stabilimento a disposizione gratuitamente, consistenti finanziamenti, competenze professionali. Ora è indispensabile che il commissario giudiziario, nominato dopo gli arresti dei vertitici Blutec, non si occupi di normale amministrazione.



E per i lavoratori?

Qui bisogna mettere in sicurezza l’attività industriale e occupazionale di tutti i siti italiani e su Termini bisogna agire con un nuovo progetto di sviluppo industriale. Verificare se le attuali attività possano dare occupazione realmente per 250 lavoratori e mettere in campo altre iniziative per raggiungere la piena occupazione dei lavoratori di Termini e dell’indotto, coinvolgendo tutti gli industriali del settore dell’automotive italiano e non, ma non trascurare nemmeno eventuali altre attività. Il governo e la regione Sicilia devono agire a sostegno e con un ruolo attivo.



La conferma da parte degli investimenti di FCA in Italia è certamente un fatto importante. Quale futuro per il nostro manufacturing nello scenario globale?

I 5 miliardi di investimenti per gli stabilimenti italiani di FCA sono finalmente una realtà positiva per il settore e per l’industria italiana; senza, avremmo avuto licenziamenti e di fabbriche chiuse. Il 2019 sarà ancora un anno di sofferenza sui volumi, i primi effetti positivi degli investimenti ci saranno dal 2020, ma la prospettiva industriale e occupazionale è messa in sicurezza. La partita non è chiusa, non lo è mai, i continui cambiamenti nell’industria della quarta rivoluzione industriale, nell’automotive sono tali che è una continua lotta per l’occupazione e lo sviluppo. La strada giusta è investire, investire nel cambiamento senza paure e solo questo può dare una possibilità di futuro positivo.

Il recente rinnovo del Ccsl con FCA è prova che la strada intrapresa nel 2010 sta dando i suoi frutti. Quali sono le innovazioni più importanti che avete introdotto?

Quella strada è stata aperta con i nostri accordi sindacali, da molti non compresi allora, ha messo in sicurezza l’azienda, occupazione e stabilimenti. Questo ci ha consentito di fare ben tre contratti di lavoro distribuendo benefici economici e normativi ai lavoratori. In questo abbiamo aumentato di 144,50 euro la paga base mensile e confermato il sistema premiante che ha distribuito oltre 6.000 euro nel quadriennio. Nella Fiat del passato i contratti si facevano ogni 10 anni, confermarlo e rinnovarlo dopo 4 è già una rivoluzione. Le innovazioni più importanti riguardano il rafforzamento della formazione professionale del diritto allo Studio e l’inquadramento professionale che abbiamo cambiato dopo 40 anni. Abbiamo poi esteso lo smart-working, le ferie solidali, aumentato a 2,2% la previdenza integrativa, migliorata la santità integrativa e rafforzato tutto il sistema di partecipazione nelle commissioni aziendali.

Come sta in generale l’industria dell’auto in Italia?

La situazione sta peggiorando, i volumi stanno calando. I cambiamenti sulle motorizzazioni rischiano di avere un impatto occupazionale pesante nei prossimi anni, soprattutto per il minor apporto di manodopera richiesto per i motori elettrici. E questo impatto sarà più pesante per i nostri industriali del centro nord che forniscono le case automobilistiche tedesche di componenti per i motori a combustione. L’ortodossia sull’elettrico non è ecologica e rischia di ammazzare l’occupazione e il settore automotive in Europa.

Prima dell’estate ripartirà il negoziato per il contratto nazionale metalmeccanico, il cui ultimo rinnovo ha fortemente rinviato alla distribuzione di ricchezza in azienda. Cosa prevede per questa nuova fase in cui di ricchezza non se ne è prodotta molta?

Le imprese devono finirla di impedire la diffusione della contrattazione aziendale. Non è possibile continuare su questa strada, se non c’è un esercizio certo di questo modello. Il modello contrattuale FCA funziona perché il pezzo di contrattazione salariale legata al risultato è garantita al 100% dei dipendenti. Nel settore metalmeccanico abbiamo il 60% senza copertura della contrattazione aziendale. Non si può ragionare di medie quando si parla di ricchezza prodotta, altrimenti non la si distribuisce mai ai lavoratori. Anche importanti innovazioni che abbiamo introdotto nel passato contratto come il diritto soggettivo alla formazione, hanno incontrato ostacoli enormi alla realizzazione nelle realtà aziendali. E tutto questo è inaccettabile, rischiamo di parlare di cambiamento senza realizzarlo realmente.

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