Si discute molto di riforma della giustizia, anche per i riflessi economici che l’inefficienza della macchina giudiziaria fa pesare sulla nostra economia e sulle nostre imprese. Il rapporto “Doing Business 2021” della Banca Mondiale, per esempio, colloca l’Italia al 122° posto (su 190 paesi) per capacità di far rispettare i contratti, mentre i nostri partner europei con cui abitualmente ci confrontiamo occupano tutti le prime 35 posizioni.
Secondo uno studio di Confesercenti del 2017 (e il trend in questi anni non è certamente migliorato, anzi), lentezze e farraginosità della giustizia costano addirittura 2,5 punti di Pil, cioè una quarantina di miliardi di euro, grosso modo quanto si potrebbe recuperare se solo la nostra giustizia civile si allineasse sui tempi di quella tedesca. Non solo: una giustizia più rapida creerebbe anche 130mila posti di lavoro in più e circa mille euro all’anno di reddito pro-capite, con effetti positivi sull’erogazione di credito e sugli investimenti esteri nel nostro paese. Insomma, buone ragioni più che sufficienti per spingere sull’acceleratore, specie di questi tempi, in cui i chiari di luna non sono certo luminosi.
Ad aggiungere carne al fuoco di chi giustamente invoca un sistema giudiziario più celere ed efficiente è una recente ricerca di Cerved, che ha analizzato come i tempi della giustizia civile italiana si ripercuotano anche sulla gestione dei crediti deteriorati, provocando una riduzione dei tassi di recupero e del valore degli Npl (Non performing loan), con effetti negativi sul mercato del credito e sulla solidità dell’intero sistema economico.
Infatti – sottolinea lo studio – con gli attuali tassi di recupero e le durate di estinzione delle procedure, il valore stimato dei crediti in sofferenza in Italia oggi supera di poco i 7 miliardi di euro (il 21,4% del valore lordo delle sofferenze, che a fine 2021 era pari a 33,4 miliardi), ma l’importo potrebbe quasi raddoppiare (12,7 miliardi), se tutti i tribunali italiani nelle procedure fallimentari e nelle esecuzioni immobiliari fossero virtuosi come quello di Ferrara, che impiega solo 3 anni e 4 mesi per chiudere un fallimento. Maglia nera, invece, con ben 18 anni e 3 mesi, si colloca il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
La mappa della durata dei fallimenti cambia sensibilmente da regione a regione, con il Nord che si caratterizza per le performance migliori rispetto al Centro e al Sud. Anche nel 2021 il Mezzogiorno si conferma l’area geografica con i tempi di chiusura più lunghi, quasi 10 anni, seguito dal Centro (7 anni e quattro mesi), mentre al Nord la media è di 6 anni e 2 mesi, addirittura 5 e 7 mesi nel Nord-Ovest.
A livello di singoli tribunali i gap sono ancora più marcati. Nel 2021 i più veloci – alle spalle di Ferrara (3 anni e 4 mesi) – sono Tolmezzo (4 anni e 3 mesi), Trieste (4 anni e 4 mesi), Como (4 anni e 6 mesi), Forlì e Tortona (4 anni e 7 mesi), Genova (4 anni e 8 mesi), Novara, Udine e Torino (4 anni e 9 mesi), Rimini (5 anni). Al contrario, i tempi più lunghi si registrano a Barcellona Pozzo di Gotto (18 anni e 3 mesi), Caltanissetta (15 anni), Gela e Castrovillari (14 anni e 7 mesi) e Vallo Della Lucania (14 anni e 4 mesi.
In base a questa geografia, sta di fatto, come ricorda Cerved, che in Italia “un portafoglio di 100 euro di crediti bloccati in società fallite vale in media 14,3 euro (con un tempo di chiusura del fallimento di circa 7 anni e 3 mesi), ma potrebbe salire a 30,1 euro nei tribunali più efficienti e svalutarsi fino a 3,2 in quelli più lenti. Altrettanti euro di crediti bloccati in esecuzioni immobiliari (che durano in media 5,3 anni, con una forchetta che va da 2 a quasi 12 anni) valgono invece, in media, 29,8 euro, con una forbice che va dai 53,5 euro di Trieste ai 13,1 di Fermo”.
“L’incertezza del quadro macroeconomico rende molto probabile una nuova crescita degli Npl nei prossimi anni – ha commentato Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved -, è quindi necessario rafforzare l’efficacia del sistema giudiziario per rispondere alle nuove esigenze del mercato in maniera tempestiva. I dati sulla durata delle procedure esecutive evidenziano due necessità: uniformare le performance e convergere verso le buone pratiche delle corti più virtuose”.
Ma è possibile velocizzare i tempi della giustizia civile? L’osservatorio privilegiato di oltre 30mila procedure esecutive in gestione alla joint venture La Scala Cerved propone alcune ricette, che fanno leva su tre aree d’intervento: modifiche normative; dematerializzazione e digitalizzazione dei processi; innovazione tecnologica. In concreto, si spazia dalla raccolta strutturata delle informazioni all’esecuzione automatizzata di azioni ripetitive a basso valore, dal monitoraggio delle tempistiche e delle performance di esecuzione a processi codificati, dalla semplificazione della gestione contabile delle procedure alla calendarizzazione automatica di udienze e aste incrociando le disponibilità di giudici e ausiliari, dalla ridefinizione dell’organico dei Tribunali in base a indicatori di performance misurabili alla razionalizzazione e riduzione dei soggetti coinvolti nel processo, in particolare quello esecutivo.
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