Non ce ne siamo ancori resi conto, ma vi sono molte altre Alitalia nelle partecipazioni dello Stato e degli Enti Locali. Si chiamano Ferrovie dello Stato, Tirrenia, Imprese di trasporto pubblico locale, Poste Italiane (per quanto riguarda i recapiti postali). Condividono diverse caratteristiche che ci penalizzano come clienti, se le utilizziamo, e come contribuenti, anche se non le utilizziamo.
Producono infatti servizi con qualità insoddisfacente e a costi unitari eccessivi, molto più elevati rispetto a quelli necessari e a quelli sostenuti dalle migliori aziende europee comparabili. Non soddisfano in conseguenza gli utenti, i quali per quanto possibile cercano di non avvalersene; i livelli di domanda che le riguardano sono in conseguenza stazionari o declinanti e le loro quote di mercato, quando il mercato è lasciato libero di crescere, in netta diminuzione.
Queste aziende cercano, quando possono, di recuperare i costi inefficienti attraverso tariffe elevate (come le Poste) e in ogni caso attraverso consistenti trasferimenti pubblici che registrano in bilancio come se fossero ricavi da mercato, modalità che qualche volta consente persino di chiudere i bilanci in pareggio. Esse, inoltre, operano quasi tutte in mercati chiusi alla concorrenza (attraverso barriere legali o di altra natura) e per questa ragione non corrono il rischio di fallire.
Delle loro inefficienze ce ne accorgiamo pertanto in qualità di clienti e in relazione alla qualità ma non come contribuenti in relazione ai costi; infine, sono tutte molto più inefficienti di Alitalia.
L’“efficienza” di Alitalia e i problemi degli altri “campioni” nazionali
Alitalia è un caso emblematico: è in gestione commissariale e rischia tuttora il fallimento dopo aver chiuso in utile un solo bilancio nell’ultimo ventennio e non essere riuscita in ben tredici anni e cinque tentativi ad integrarsi con nessun operatore europeo di rilievo; opera in un settore che è stato oggetto di crisi e turbolenze rilevanti (l’11 settembre, la Sars cinese, il nuovo shock petrolifero) e nel quale le altre grandi aziende europee e nordamericane sono state oggetto di ristrutturazioni consistenti, fusioni e persino amministrazioni controllate e fallimenti ma non ha fatto nulla per ristrutturarsi e consolidarsi sul mercato; da diversi anni a questa parte è stata gestita senza alcuna idea strategica dai manager meglio pagati tra le aziende aeree europee i quali hanno prodotto i peggiori risultati.
Nonostante tutto questo non è neppure troppo inefficiente o, meglio, lo è dal lato dei ricavi ma non dal lato dei costi. Miracolo? No, è la concorrenza: a differenza degli altri servizi di pubblica utilità, il trasporto aereo sui cieli comunitari è completamente liberalizzato dal 1997 e questa è la ragione sia dell’efficienza costo di Alitalia sia della sua incapacità di recuperare i costi efficienti attraverso i ricavi (per la competizione dei vettori low cost, organizzati secondo un modello di business del tutto diverso). Nel mercato europeo del trasporto aereo, e in quello italiano in misura ancora maggiore, la liberalizzazione europea ha generato una consistente espansione della domanda, l’entrata di operatori innovativi e una forte riduzione dei costi.
Come abbiamo già avuto occasione di ricordare, Alitalia nel 2007 ha offerto posti per i viaggiatori a un costo medio di 7,3 centesimi di euro al chilometro, più elevati ma di pochissimo rispetto ai 6,9 centesimi di Air France-KLM. Questi dati si riferiscono ai posti offerti, siano essi occupati dai passeggeri o rimasti invenduti. Tuttavia, poiché solo i primi generano ricavi, è più corretto imputare i costi operativi solo ad essi. Poiché Air France ha venduto ben l’82% dei posti km disponibili, i 6,9 centesimi di euro di costo per posto km offerto sono divenuti 8,4 se valutati in termini di posto km venduto; nel caso di Alitalia, invece, poiché i posti venduti sono stati solo il 74% del totale, i 7,3 centesimi di costo per posto km offerto sono divenuti 9,9 se valutati in termini di posto km venduto. Alitalia risulta dunque efficiente nel produrre posti per i passeggeri ma ha difficoltà consistenti a venderli. E le altre utilities italiane dei trasporti?
Per quanto riguarda le Ferrovie il calcolo è fattibile per il 2006 e da esso si evidenzia, includendo tutti i costi operativi del gruppo FS imputabili ai passeggeri, un costo per posto km offerto di 6 centesimi di euro, il quale risulta tuttavia più elevato di almeno il 50% rispetto alle più efficienti imprese ferroviarie del nord Europa. Considerando che le FS hanno registrato nel 2006 un tasso di occupazione dei posti (load factor) del 40% (derivante dal 55% nel trasporto a media-lunga distanza e dal 30% nel trasporto regionale), il costo al km per passeggero trasportato è stato di 14,5 centesimi di euro, quasi il 50% in più rispetto alla “fallimentare” Alitalia.
Si perviene a questo punto al TPL (trasporto pubblico locale urbano e interurbano), il quale si colloca sul versante opposto rispetto al trasporto aereo poiché non richiede gli ingenti investimenti necessari per comperare gli aeromobili e trasporta le persone, se va bene, a 15/30 km orari anziché 700. In questo caso i dati, riferiti al 2005, indicano 4 euro di costo per chilometro percorso da una vettura. Considerando che lo standard è di circa 50 posti a sedere per vettura, il costo per posto km offerto è di ben 8 centesimi mentre nei paesi europei che prevedono forme di competizione per il mercato è di circa 5 centesimi e nella liberalizzata Gran Bretagna si attesta a 4 centesimi.
Per il TPL italiano, considerando un tasso di occupazione rispetto ai posti a sedere teorici del 31% (sostanzialmente identico a quello di FS sul trasporto regionale), il costo per passeggero che viaggia un chilometro risulta pari a 26 centesimi, oltre due volte e mezza il costo unitario della “fallimentare” Alitalia.
Chiudiamo questa breve analisi col recapito postale: nel 2007 Poste Italiane ha consegnato poco più di 6,2 miliardi di corrispondenze e altri oggetti postali ad un costo medio di 73 centesimi e ha ricavato in media dai clienti 62 centesimi, dato in linea con la tariffa base di 60 centesimi. L’area recapiti ha chiuso in sostanziale pareggio operativo solo grazie a contributi pubblici che hanno coperto gli 11 centesimi di differenza tra costi e ricavi unitari. Nello stesso anno l’azienda postale olandese TNT Post ha recapitato (in un paese di 16 milioni di abitanti e non di 58) 4,9 miliardi di pezzi a una tariffa base di 39 centesimi e ha realizzato un risultato operativo del comparto pari a 761 milioni di euro, corrispondente ad una redditività industriale (Ebit/Fatturato) del 19%.
Quali insegnamenti dai “campioni” nazionali?
Proviamo a riepilogare i risultati precedenti: un passeggero italiano che viaggia un chilometro genera costi per oltre 25 centesimi di euro se utilizza il trasporto pubblico locale, circa 15 se utilizza FS, solo 10 se vola con la “fallimentare” Alitalia e 8-9 con Air France (da 7 a meno di 4 centesimi, invece, se utilizza vettori low cost). Da questi dati possiamo trarre alcuni insegnamenti utili:
1- Nonostante tutti i suoi problemi, Alitalia è l’impresa pubblica italiana di trasporto più efficiente poiché fa viaggiare le persone al costo unitario più contenuto tra le diverse modalità ed è l’unica azienda in grado di produrre con costi prossimi alle sue consorelle europee.
2- Alitalia si trova a dover essere venduta o fallire perché le sue non gravissime inefficienze non possono essere fatte pagare attraverso i prezzi al consumatore (protetto dal carattere concorrenziale del mercato) e neppure al contribuente attraverso sovvenzioni poiché l’Unione Europea vieta gli aiuti di Stato (anche se troppo spesso li tollera).
3- Nei trasporti pubblici sottratti alla concorrenza (ferrovie, TPL e recapiti postali) l’inefficienza continua invece a ricadere sia sugli utenti che sui contribuenti;
4- Il trasporto aereo è la modalità di trasporto più efficiente anche dal punto di vista dei costi di produzione, non solo dei tempi di trasporto; è pertanto sbagliato dal punto di vista del Governo continuare a sovvenzionare pesantemente le ferrovie quale modalità collettiva di trasporto per la lunga distanza perché in questo modo si distorce la concorrenza modale e si danneggia il trasporto aereo (che, Alitalia esclusa, non assorbe risorse collettive).
5- Per far ritornare competitivi e attraenti per i consumatori i settori considerati sarebbe necessaria una cura low cost simile a quella che ha trasformato nell’ultimo decennio il trasporto aereo europeo e che solo una piena apertura alla concorrenza appare in grado di generare; si tratta, peraltro, di un’ipotesi di difficile realizzabilità per le resistenze prevedibili delle forze sindacali e di componenti importanti (oltre che di Ministri importanti) dell’attuale così come della precedente maggioranza di governo.
In un periodo di declino importante della fiducia nel mercato e di ritorno alla supremazia dell’intervento statale nell’economia, l’inefficienza dei servizi pubblici italiano è destinata a permanere e noi saremo costretti, nonostante il caro petrolio, a continuare a spostarci con mezzi privati di trasporto oltre che a continuare a finanziare come contribuenti imprese pubbliche deficitarie. Almeno sino al prossimo caso simil Alitalia.