Nei giorni scorsi il Commissario straordinario di Alitalia ha rivelato le condizioni economiche offerte da Cai per l’acquisto degli asset della vecchia azienda.

Il prezzo proposto per l’insieme delle attività di interesse di Cai è un miliardo di euro che sarà pagato parte in denaro e parte attraverso l’accollo di debiti (625 milioni) e il pagamento del saldo algebrico tra specifiche partite debitorie e creditorie; la parte in denaro sarà versata in più rate, di cui solo 100 milioni alla chiusura dell’operazione prevista per il 30 novembre 2008, il resto in due rate successive a tre e 24 mesi. Per beni e contratti di Alitalia Cai offre 900 milioni, per la parte di Alitalia Servizi di suo interesse 57 milioni, 7 milioni per AZ Airport, 19 per Alitalia Express e 17 per Volare.



Sulla congruità dell’offerta si dovranno esprimere entro pochi giorni i due advisor, Banca Leonardo per il Ministero dell’Industria e Rotschild per il Commissario di Alitalia.

Quale sarà il responso? Pensiamo di non azzardare troppo nel prevedere che l’offerta sarà ritenuta congrua e che il Commissario accetterà l’offerta. In fondo sinora tutti gli attori istituzionali coinvolti, dal Commissario, all’Enac, all’Antitrust, hanno recitato la loro parte secondo un copione rigidamente predeterminato e non vi è mai stata voce che sia apparsa fuori dal coro. È dunque difficile pensare che possa manifestarsi nella prossima occasione, la più delicata di tutte.



Ma l’offerta è davvero congrua? In attesa del responso dei due advisor ci permettiamo di illustrare alcune ragioni del nostro dissenso.

Tra i beni oggetto di acquisizione vi sono nell’offerta Cai 64 aerei dei 109 complessivamente di proprietà di Alitalia (oltre al subentro nei contratti di leasing di altri 29 aeromobili). A fine 2007 i 109 aerei risultavano valutati in bilancio 1,98 miliardi di euro; se consideriamo nell’ammontare massimo ipotizzabile la loro perdita di valore in corso d’anno possiamo stimare un ammortamento negli 11 mesi per 180 milioni di euro che ridurrebbe la loro valutazione a 1,8 miliardi di euro al 30 novembre 2008, data prevista per il subentro di Cai.



Il valore medio per aeromobile sarebbe pertanto di 16,5 milioni di euro, corrispondente a circa 1,057 miliardi per i 64 aerei oggetto di cessione (se assumiamo, in maniera ragionevole, un identico mix tra breve e lungo raggio negli aerei aggetto di acquisizione rispetto agli aerei in proprietà della vecchia Alitalia).

In sostanza Cai si limita a pagare il valore di libro dei velivoli che acquisisce mentre tutti i diritti di traffico (i preziosi slot per il decollo e l’atterraggio negli aeroporti, tra cui numerosi aeroporti europei importanti e soggetti a congestione) sono valutati zero.

Questo è il primo problema; il secondo consiste nel fatto che nell’offerta Cai è prevista l’acquisizione (a prezzo zero) non solo dei diritti di traffico attualmente esercitati attraverso i 64 velivoli che vengono acquistati bensì di tutti gli slot attualmente nella disponibilità di Alitalia, compresi quelli utilizzati dai 45 aerei in proprietà e dagli altri in leasing che Cai non intende prendere in carico; si tratta di slot che Cai non potrà utilizzare perché non avrà un numero sufficiente di aeromobili a disposizione.

È evidente che la sottrazione al Commissario di slot che la nuova compagnia non avrà la possibilità di utilizzare danneggia in maniera consistente la gestione commissariale e i suoi creditori poiché ne impedisce la vendita ad altri soggetti eventualmente interessati, ad esempio in congiunzione ai rimanenti 45 velivoli che il Commissario dovrà cedere per poter rimborsare crediti e obbligazioni. Sarà molto difficile per Fantozzi piazzare sul mercato 45 aeromobili piuttosto vecchi, oltre che grandi consumatori di carburante, se non potrà farlo in congiunzione con diritti di traffico sui quali utilizzarli (da parte di altri vettori) sui cieli europei.

E il vantaggio per Cai di acquisire slot che non saranno occupati? Esso è differente a seconda che si tratti di diritti relativi a rotte domestiche oppure a rotte europee. Nel primo caso l’obiettivo è di impedire che possano essere utilizzati da concorrenti, eventualità che si porrebbe in forte contrasto con la finalità, perseguita attraverso la fusione con AirOne, di restringere la concorrenza sul mercato interno e aumentare in maniera consistente le tariffe. Nel secondo caso non si vede altro beneficio se non quello derivante dalla cessione ad altre compagnie poiché sulle rotte infraeuropee la concorrenza è già molto estesa (i vettori low cost hanno raggiunto in estate il 45% dei posti offerti da e per l’Italia) e il congelamento degli slot ad esse relative non produrrebbe effetti paragonabile alla stessa operazione attuata sulle rotte domestiche.

La vendita ad altri vettori da parte di Cai degli slot posseduti nei maggiori aeroporti europei e non più utilizzati avrebbe la conseguenza di ridurre in maniera significativa per i suoi azionisti l’esborso netto complessivo dell’intera operazione di acquisizione della vecchia Alitalia.

Il fatto che gli slot abbiano un valore economico, spesso anche consistente, è documentato dalla storia recente di Alitalia: poiché in Gran Bretagna gli slot utilizzati dai vettori erano già da tempo commercializzabili la stessa Alitalia aveva venduto lo scorso 26 dicembre tre coppie nell’aeroporto di Heathrow ricavando la somma di 54 milioni di euro, corrispondente a un prezzo medio per coppia di ben 18 milioni (molto superiore, come si può vedere, alla valutazione zero nell’offerta di Cai).

Un prezzo così elevato deriva dal fatto che l’aeroporto londinese è congestionato; pertanto è evidente che non tutti gli slot in aeroporti europei hanno un valore del medesimo ordine di grandezza ma tutti gli slot relativi ad aeroporti e orari congestionati hanno invece un valore, almeno per quanto riguarda l’Unione Europea: con la comunicazione del 30 aprile scorso la Commissione Ue ha infatti introdotto un mercato secondario per gli slot, estendendo a tutti i paesi quanto già si verificava in Gran Bretagna.

Gli slot che Cai acquisirà da Alitalia risultano pertanto cedibili ad altre compagnie e hanno valore in quanto traggono origine da un sistema di assegnazione del tipo grandfather’s rights: la compagnia storica che occupa lo slot ha il diritto di conservarlo e lo mantiene anche nella stagione Iata successiva se lo ha utilizzato per almeno l’80% del tempo.

Negli aeroporti/fasce orarie congestionate non è dunque possibile ottenere slot dal gestore aeroportuale se non acquistandoli da vettori che ne dispongono. Poiché le compagnie storiche sono quelle che hanno avviato i collegamenti più indietro nel tempo, in periodi in cui non vi era scarsità, e hanno in conseguenza scelto le fasce orarie più interessanti per i consumatori, detengono ora i diritti più pregiati. La stessa Alitalia possiede diritti di atterraggio e decollo nei principali scali europei, tendenzialmente congestionati, nei quali la possibilità di aprire una nuova rotta è subordinata all’acquisto oneroso dei relativi slot. Peccato che Cai intenda acquisirli dal Commissario Alitalia a prezzo zero.

Quanto valgono questi slot? Secondo una nostra stima prudenziale (che è stata pubblicata da “L’Espresso” del 19 settembre scorso e ripresa in un precedente contributo su Il Sussidiario) il valore complessivo degli slot di Alitalia si collocherebbe tra i 550 e i 900 milioni di Euro, con una stima media di 700-750 milioni.

Se tale cifra è accettabile e Cai desiderasse acquisire una percentuale di slot corrispondente alla quota di aeromobili Alitalia (in proprietà e leasing) che intende utilizzare, l’offerta congrua per le attività di Alitalia (fair value) si collocherebbe a nostro avviso a 1,5 miliardi di euro, il 50% in più rispetto all’offerta presentata. Molto di più risulterebbe il prezzo congruo se Cai desiderasse invece acquistare il 100% degli slot, ma non vediamo tuttavia la razionalità della loro cessione se non in connessione ai rimanenti 45 aerei in proprietà e agli ulteriori in leasing.