L’offerta della Compagnia Aerea Italiana è arrivata all’ultimo istante dopo che la partita sembrava chiusa lo scorso venerdì 31 ottobre. Non tutti i sindacati hanno firmato e la nuova Alitalia rischia di partire senza i piloti e il personale di volo. Questi potranno essere chiamati tuttavia dalla nuova compagnia che potrà offrire loro un contratto senza passare per il tramite dei sindacati.



I sindacati hanno voluto mostrare il potere che avevano nella vecchia Alitalia e hanno cercato di perpetuarlo nella nuova gestione della CAI.

Lo scontro tra l’azienda guidata dall’amministratore delegato Rocco Sabelli e le categorie sindacali nasconde tuttavia problematiche non solo nei rapporti tra il management della nuova azienda e i sindacati, ma anche perplessità presenti tra gli imprenditori della cordata.



La vicenda non è conclusa e tanti altri colpi di scena potrebbero esserci nel corso delle prossime settimane. Rimangono infatti molti punti che potrebbero sollevare altre questioni di rilievo. In primo luogo la valutazione degli asset della vecchia Alitalia: le ultime indiscrezioni sembrano attribuire a CAI un’offerta di 350 milioni di euro, molto inferiore anche al solo valore degli slot della compagnia di bandiera. Se questa offerta fosse confermata bisognerebbe comunque aspettare il parere di Banca Leonardo, incaricata di valutare le attività di Alitalia (tra l’altro in conflitti d’interesse, data la sua composizione azionaria). Un valore troppo basso obbligherebbe il commissario Augusto Fantozzi a prendere in considerazioni le offerte per i singoli rami aziendali di Alitalia.



L’offerta CAI è inoltre vincolata a due eventi “esterni”, in primo luogo la decisione della Commissione Europea sul prestito ponte, fornito ad Alitalia nello scorso aprile , è attesa per metà novembre e quasi certamente si concluderà con l’obbligo di rimborso dei 300 milioni di euro. Il prestito ponte si configura come aiuto di Stato poiché le motivazioni per le quali è stato fatto difficilmente potranno superare il controllo europeo. Il rimborso difficilmente andrà a carico di CAI e sarà obbligato il Governo stesso a restituire il finanziamento.

Un’altra condizione sospensiva è data dall’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La CAI non vuole che essa intervenga nonostante la nuova Alitalia si porrà in una situazione di monopolio su alcune rotte nazionali e nonostante lo stesso “Piano Fenice” comporti 2 miliardi di euro supplementari per i viaggiatori italiani. Infatti lo stesso piano presentato da Intesa San Paolo prevede chiaramente un aumento del RASK (Ricavi per posto chilometro offerto) di CAI del 32% sul mercato domestico rispetto a quelli della vecchia Alitalia; questo non sarebbe possibile se non con una minore concorrenza.

La soluzione trovata inoltre metterà ancora in maggiore difficoltà l’aeroporto di Milano Malpensa perché non è stata attuata nessuna politica di liberalizzazione delle rotte intercontinentali e il ritiro di Alitalia dall’aeroporto lombardo è sempre maggiore viste le difficoltà in cui versa il vettore di bandiera commissariato.

Come noto, il decreto legge 134 del 2008, rinominato “Salva Alitalia”, è stato convertito in legge entro il 27 ottobre. La fiducia posta dal Governo ha impedito di approvare alcuni emendamenti che sarebbero stati di grande utilità, in primo luogo la liberalizzazione degli slot sul segmento intercontinentale che avrebbe potuto aumentare la concorrenza, favorendo tutto il sistema italiano del trasporto aereo ma aiutando in particolare l’aeroporto di Malpensa.

La posizione di oligopolio di Cai per molte tratte intercontinentali non è invece intaccata, rimanendo validi gli accordi bilaterali tra l’Italia e gli Stati stranieri stipulati in precedenza, nei quali è stabilito numero e nome delle compagnie autorizzate ad operare, le rotte autorizzate e persino i voli settimanali ammessi. La liberalizzazione intercontinentale è stata realizzata, per iniziativa dell’Unione Europea, solo con gli Stati Uniti e questo permetterà un incremento nel tempo del traffico aereo, associato nel medio periodo a una prevedibile diminuzione dei prezzi, come si è verificato negli ultimi anni a seguito della liberalizzazione del trasporto aereo intraeuropeo.

Nel “Piano Fenice” è inclusa l’ovvia conseguenza: sul mercato intercontinentale è previsto che i ricavi per posto chilometro offerto della Compagnia Aerea Italiana portino un miliardo di euro aggiuntivi nei prossimi cinque anni. Sommati ai 2 miliardi di maggiori ricavi sul segmento domestico pervengono pertanto a 3 miliardi totali gli oneri aggiuntivi a carico dei clienti di Cai.

In sintesi: la situazione sembra relativamente tranquilla ma il fatto che la Cai abbia deliberato l’aumento di capitale dando tuttavia tempo ai soci fino al 31 dicembre dell’anno corrente per versare i soldi, sembra dimostrare che gli stessi imprenditori italiani siano in attesa della pronuncia dell’Unione Europea e di un intervento dell’antitrust italiano.

L’offerta Cai non risolve i problemi e anzi si prospettano mesi difficili per i viaggiatori e gli aeroporti italiani.