È uno strano vettore quello che si appresta a decollare sui cieli italiani, una sorta di endemismo economico, privo di equivalenti nel resto del mondo e con caratteri che discendono dai numerosi ed eterogenei padri che hanno contribuito a farlo nascere:

1- un Governo, quello attuale, che ritiene che vi debba ancora essere un vettore nazionale in comando politico, attraverso il quale perseguire un presunto interesse nazionale (diverso da quello dei consumatori che, come noto, guardano a prezzi e qualità ma non al vessillo disegnato sulla carlinga);



2- un altro Governo, il precedente, il quale, aveva avuto l’ottima idea di privatizzare la vecchia compagnia, realizzandola tuttavia in maniera pessima (per la procedura scelta, i vincoli posti e la rinuncia a qualsiasi tentativo di perseguire obiettivi di miglioramento gestionale nel corso della procedura di vendita);



3- gli amministratori inefficienti della vecchia compagnia di bandiera i quali, anziché seguire le direttive dei consumatori e del mercato, hanno rispettato gli ordini di tutte le altre parti in causa, portando l’azienda al disastro;

3- il proprietario del secondo vettore nazionale che ha avuto il merito di far nascere un concorrente alla compagnia di bandiera sui cieli italiani ma, non riuscendo a consolidarne la posizione e a rendere la compagnia stabilmente profittevole, si è trovato nella necessità di alleggerire la sua posizione debitoria nei confronti degli istituti di credito cedendone la proprietà;



4- i sindacati confederali italiani i quali, dopo aver ritenuto inaccettabili poco più di duemila esuberi nella proposta Air France del marzo 2008 ne hanno accolto senza grandi problemi oltre il quadruplo nel progetto Cai di sei mesi dopo;

5- il principale partito di opposizione, il quale si è opposto (a parole) ma ha anche sostenuto (nei fatti) la cordata Cai guidata dall’imprenditore “simpatizzante” Colaninno, convincendo la recalcitrante Cgil a sottoscrivere l’accordo;

6- gli eterogenei e patriottici azionisti di Cai i quali sono stati persuasi a imbarcarsi nell’avventura da argomentazioni economiche che debbono essere state davvero robuste;

7- l’amministratore delegato di Banca Intesa, il quale ha preso a cuore le sorti del trasporto aereo nazionale e si è fatto promotore di un piano la cui sottostante strategia appare la replica di quella adottata dieci anni prima nelle vesti di amministratore delegato di Poste Italiane: se l’azienda non è in grado di stare sul mercato (di concorrenza), allora sarà il mercato ad adattarsi all’azienda (cancellandone per legge la concorrenza).

Che cosa nasce oggi da tutti questi “padri”? Un piccolo vettore regionale (due terzi dei suoi voli saranno nazionali, il 30% di medio raggio e solo il 4% di lungo raggio), destinato a rimanere autonomo per pochissimo tempo, in un mercato nazionale impoverito dalla gestione della vicenda, con prospettive incerte per i prossimi anni e con oneri impressionanti a carico della collettività. Inoltre, anche se il nome è Alitalia, il nuovo vettore è in realtà la vecchia AirOne a cui è stata sommata la metà della vecchia Alitalia (l’altra metà è stata chiusa), cambiato il nome, attribuita la qualifica di compagnia di “bandiera” e sostituiti i proprietari.

La tabella allegata riepiloga i numeri chiave della nuova realtà, messi a confronto con quelli delle due aziende incorporate, la vecchia Alitalia e AirOne, nell’esercizio 2007 (poiché il 2008 non può rappresentare un termine di confronto valido dato il progressivo ridimensionamento dei voli del vettore di bandiera in crisi).

Da essa si evidenzia con immediatezza l’entità del ridimensionamento, che è del 37% rispetto alle due aziende preesistenti; tale, infatti, è la riduzione che interessa tanto il numero degli aerei passeggeri in esercizio, 148 per la nuova azienda contro 235 per le due realtà nel 2007, quanto il numero dei voli che saranno effettuati: 244 mila all’anno, corrispondenti a circa 670 al giorno, per la nuova azienda contro 390 mila per le due aziende preesistenti nel 2007, corrispondenti a quasi 1070 voli quotidiani.

Quella che non cambia, contrariamente a quanto previsto nell’originario piano Cai del luglio 2008, è la produttività tecnica degli aerei: era di 4,5 voli medi al giorno per velivolo nel 2007 e tale rimane per la nuova azienda nel 2009. Si tratta di un dato piuttosto contenuto, dato che persino la vecchia Alitalia raggiungeva i cinque voli medi al giorno prima del ridimensionamento dell’offerta indotto nel 2001 dagli attacchi alle Torri gemelle (mentre la produttività di Ryaniar si avvicina ai sei voli quotidiani).

Grazie al ridimensionamento consistente dei voli, sono destinati a diminuire drasticamente i posti a bordo disponibili per i consumatori: la nostra stima è di circa 34 milioni di posti-volo nel 2009 (ricordiamo ai lettori che i passeggeri che percorrono più tratte occupano anche più posti) contro circa 52 milioni per le due vecchie aziende nel 2007.

Quanti passeggeri potrà trasportare la nuova compagnia nel 2009? La nostra stima è di 22 milioni (se conserverà lo stesso tasso di occupazione dei posti che avevano le due compagnie nel 2007), al massimo 24 milioni, ma in tal caso il load factor dovrebbe avvicinarsi all’80% e questo è un valore poco probabile per un vettore sbilanciato sui voli di breve raggio. Nel 2007 Alitalia, compresa Volare, e AirOne trasportarono complessivamente 33 milioni di passeggeri; il nuovo vettore si attesterà pertanto tra i 9 e gli 11 milioni in meno.

Poiché questi passeggeri in meno trasportati da Alitalia solo in misura limitata potranno utilizzare altri vettori (per i voli nazionali la nuova Alitalia detiene oltre l’80% del mercato tanto da Fiumicino che dall’insieme degli aeroporti milanesi), l’intero mercato del trasporto aereo che è stato di 107 milioni di viaggiatori nel 2007 e di 105 milioni nel 2008, difficilmente potrà superare i 100 milioni nel 2009.

La nuova Alitalia in regime di mercato protetto rappresenta pertanto un impoverimento consistente del sistema italiano del trasporto aereo; essa, inoltre, non sarà completamente tricolore neppure per un giorno di operatività dato l’ingresso di Air France come azionista per il 25% del capitale.

Mentre il contribuente-consumatore è il grande perdente, la compagnia francese è il vero vincitore della partita: salvatasi in extremis grazie ai veti nazionali dalla plurimiliardaria offerta di investimento in Alitalia che aveva formulato nel marzo scorso al Governo Prodi, rientra in gioco con un ruolo di primo piano e con un esborso finanziario contenuto dopo che la vecchia azienda è stata ripulita di tutti i debiti (lasciati a carico della collettività), di molto personale (affidato agli strumenti di protezione sociale), dell’eccesso di potere sindacale e persino della concorrenza sulle rotte domestiche; non avrebbe potuto chiedere di più.

Inoltre, qualsiasi ruolo le sarà riservato nella nuova Alitalia è destinata a trarne notevole vantaggio: se le chiederanno di prendersi carico delle scelte gestionali della compagnia diverrà l’azionista di riferimento; se invece, come sembra più probabile, le imporranno un ruolo di secondo piano per conservare una gestione tricolore le andrà anche meglio poiché quanto prima e quanto più gravemente i capitani coraggiosi di Cai sbaglieranno nella gestione, tanto prima e con oneri più ridotti acquisirà il controllo definitivo del vettore.

Decolla oggi uno strano vettore, non sappiamo quanto tempo rimarrà in volo ma è certo che atterrerà a Parigi.