La nuova Alitalia è decollata lasciando in un mare di guai il sistema aeroportuale milanese. Nello scorso mese di novembre l’aeroporto di Malpensa, abbandonato come hub di Alitalia a fine marzo 2008, ha registrato una riduzione del 31% nei movimenti aerei (atterraggi e decolli) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e un calo del 30% nei passeggeri e del 32% nelle merci. Linate non è andato molto meglio: -15% nei movimenti aerei, -19% nei passeggeri e -23% nelle merci.
Questi dati evidenziano come il grande perdente della soluzione data al caso Alitalia sia, assieme al contribuente-consumatore italiano, proprio il sistema aeroportuale milanese. Con il declino del traffico negli aeroporti gestiti dalla Sea è destinato a dissolversi anche l’utile di bilancio della società e il consistente dividendo (25 milioni di euro nel 2007) che aveva avvantaggiato negli scorsi anni le finanze del Comune di Milano, azionista di controllo della società con circa l’85% del capitale.
Come si è pervenuti a questa situazione problematica? Come è possibile uscirne? L’origine dei problemi attuali è senza dubbio da ricercarsi in alcuni aspetti del progetto della Grande Malpensa, portato a completamento proprio dieci anni or sono, in particolare l’aver fatto affidamento come vettore di riferimento per il nuovo aeroporto a una compagnia piccola e debole come Alitalia, basata sino a qual momento su un aeroporto differente, con una scarsa vocazione al trasporto intercontinentale, con pochi aerei a lungo raggio e senza la capacità finanziaria per acquisirne di nuovi.
Nel caso di Malpensa tre fattori si sono coalizzati per ostacolarne lo sviluppo:
1- La concorrenza di Linate. Poiché esiste Linate e si trova a brevissima distanza da Milano, è l’aeroporto naturalmente preferito dai viaggiatori italiani ed europei diretti in città. Malpensa, pertanto, poteva avere successo solo chiudendo Linate o limitandolo alla navetta con Roma, come era nei progetti originari ed è stato riproposto dai soci di Cai quale condizione per riportare a Malpensa i voli intercontinentali.
Questa scelta, che è contraria al libero mercato, non è era realizzabile dieci anni fa e non è proponibile neppure ora: infatti per agevolare un sistema hub&spoke finalizzato al trasporto intercontinentale di circa il 15% dei passeggeri totali si dovrebbe scontentare il rimanente 85% che viaggia su collegamenti point to point domestici o europei e non è interessato all’hub; inoltre si dovrebbe ridurre del 75% il traffico passeggeri su Linate, con un ridimensionamento analogo dei ricavi aeroportuali ma non dei costi necessari per mantenere l’aerostazione in esercizio. A Sea e ai passeggeri di Linate non converrebbe proprio.
Rimanendo in esercizio Linate, tuttavia, Alitalia ha dovuto sino a un anno fa duplicare molti voli domestici per Milano: su Linate per trasportare i viaggiatori diretti in città e su Malpensa per alimentare i voli intercontinentali. Ma in questo modo i voli di feederaggio su Malpensa avevano un load factor troppo basso e non risultavano remunerativi, spesso affossando la redditività degli stessi voli intercontinentali serviti. Da qui la decisione attuata un anno fa dall’amministratore delegato di Alitalia Maurizio Prato di rinunciare a Malpensa come hub e di trasferire gli intercontinentali nuovamente a Fiumicino, aeroporto nel quale i voli domestici del vettore servono contemporaneamente per il feederaggio degli intercontinentali e per il trasporto dei passeggeri diretti a Roma.
2- Il secondo ostacolo è stato generato dall’inatteso sviluppo dei vettori low cost e, in generale, della concorrenza sui mercati europei liberalizzati. L’abbassamento dei prezzi e la forte crescita della domanda hanno infatti reso conveniente su molti collegamenti abbandonare il sistema hub&spoke in favore del point to point.
Il primo, diffusosi in una fase oligopolistica del mercato statunitense, è efficiente solo quando la domanda per collegamenti diretti è tale da non coprire il costo dei voli: se un vettore serve quattro città (che chiamiamo A, B, C e D), vi sono sei collegamenti diretti possibili (AB, AC, AD, BC, BD, CD). Se la domanda su ognuno è insufficiente possono essere ridotti a tre scegliendo una città, ad esempio B, come hub e offrendo i seguenti collegamenti: BA, BC, BD. In tal modo sui voli da A per B viaggeranno tanto i passeggeri diretti a B quanto i viaggiatori destinati a proseguire su altri voli verso C e D, e così per le rimanenti origini. Ma l’aumento della domanda e il contenimento dei costi, fenomeni sui quali la crescita della concorrenza ha notevolmente influito, generano una progressiva convenienza al passaggio dal modello hub ai collegamenti diretti i quali sono molto apprezzati dai consumatori perché riducono i tempi ed evitano il doppio volo.
3- Il terzo ostacolo è stato l’11 settembre 2001 che ha drasticamente ridotto per tutti i vettori, anche se per un tempo limitato, la domanda di trasporto sulle rotte intercontinentali. Dopo le Torri Gemelle Alitalia ha fatto tuttavia l’errore di ridurre in maniera permanente l’offerta sul segmento intercontinentale tanto che, a fronte di 4 milioni di passeggeri nel 2000, ne ha avuti solo 2,7 nel 2002 e 3 nel 2003, meno dell’anno 1996 in cui operava solo da Fiumicino.
Un’offerta intercontinentale così ridotta non era in grado di giustificare l’hub a Malpensa che si è tuttavia rivelato, nonostante la debolezza del vettore di riferimento, un aeroporto di successo poiché è stato in grado di attrarre molti traffici internazionali, soprattutto europei, portati non da Alitalia ma da altri vettori: 13,6 milioni di passeggeri internazionali nel 2003, 15 nel 2004, 16,4 nel 2005, 18,7 nel 2006 e 20,6 nel 2007. Nessuno dei sette milioni di passeggeri che si sono aggiunti nel quadriennio considerato ha viaggiato con Alitalia.
La situazione attuale di Malpensa, raffrontata a quella di un anno fa, è rappresentata nel grafico 1. Nell’anno record 2007 l’aeroporto ha avuto in media circa 720 movimenti al giorno (360 voli in partenza e altrettanti in arrivo); di essi circa la metà erano voli di Alitalia e altrettanti di vettori differenti.
A fine marzo 2008 con la decisione di chiudere l’hub i voli di Alitalia sono stati ridotti di circa tre quarti e con l’avvio della nuova Alitalia, il 13 gennaio, quelli residui lasciati da Maurizio Prato sono stati ridotti di un ulteriore terzo. Il risultato definitivo è che la presenza della nuova Alitalia a Malpensa vede appena il 16% dei voli che essa movimentava sino a un anno fa; nello stesso tempo l’84% dei voli che Alitalia ha soppresso ha generato una riduzione per l’aeroporto di circa il 41% nei voli totali.
Fortunatamente circa un terzo del vuoto lasciato da Alitalia è già stato riempito grazie a maggiori voli di altri vettori mentre i rimanenti due terzi (corrispondenti a circa il 27% dei voli dell’aeroporto) rappresentano il problema chiave per la gestione di Sea nei prossimi anni.
Al riguardo la strategia migliore è a mio avviso l’attrazione di nuovi vettori e lo sviluppo dei traffici di vettori già esistenti secondo un modello point to point anziché il ritorno a un modello hub che si è già rivelato debole e insostenibile in passato.
Lufthansa, con l’importante iniziativa di Lufthansa Italia che nei prossimi mesi inizierà a collegare Malpensa con diverse città europee secondo il modello point to point, e EasyJet, primario vettore low cost già da tempo presente a Malpensa, rappresentano pertanto interlocutori ben più interessanti per Sea della nuova Alitalia, piccolo vettore focalizzato sui voli domestici.
A completamento dell’analisi, infine, non si può non considerare brevemente anche la situazione dell’aeroporto di Linate, ricordando che a seguito dell’apertura di Malpensa e al fine di sostenervi l’hub di Alitalia, la sua capacità è stata drasticamente limitata per via regolamentare dal 1998 in avanti.
A partire dal 2001, con l’entrata in vigore del decreto Bersani bis, l’aeroporto di Linate è stato limitato a 18 movimenti (atterraggi o decolli) l’ora, i quali implicano circa 280 movimenti massimi al giorno (140 partenze e altrettanti arrivi). Nel 1997, ultimo anno di esercizio prima dell’inaugurazione di Malpensa, i movimenti medi giornalieri su Linate furono quasi 200 in più rispetto a quelli attualmente possibili a causa della restrizione regolamentare.
La situazione attuale di Linate è rappresentata nel grafico 2, dal quale si evidenzia come il 42% della capacità aeroportuale utilizzata sino al 1997 sia stata congelata dalla restrizione del numero dei voli realizzata dal decreto Bersani bis a partire dall’anno 2001. Se a questa capacità non utilizzata aggiungiamo i voli che sono stati cancellati nell’ultimo anno, soprattutto per la riduzione di offerta della nuova Alitalia che ha soppresso molti voli doppione con AirOne, arriviamo alla metà della capacità aeroportuale di Linate attualmente non utilizzata. La metà utilizzata, invece, è occupata per oltre il 70% dalla nuova Alitalia e per meno del 30% da tutti gli altri vettori congiuntamente considerati; ma il dato di Alitalia sale all’82% se si considerano solo i voli nazionali e al 98% per i collegamenti con Fiumicino.
Ha senso conservare un aeroporto utilizzato solo al 50% per permettervi una posizione quasi monopolista della nuova Alitalia e per impedire l’arrivo di nuova offerta di collegamenti che accrescerebbe la concorrenza e i traffici? La risposta è evidentemente negativa: Linate fu limitato per permettere l’hub Alitalia di Malpensa ma, poiché Alitalia ci ha ripensato e ha chiuso l’hub, la limitazione regolamentare su Linate cessa di motivazione e dovrebbe essere soppressa.
La battaglia chiave delle autorità lombarde per il rilancio del sistema aeroportuale è, a mio avviso, la richiesta al Ministero dei Trasporti di abrogare il decreto Bersani bis che ha ristretto dal 2001 la capacità dell’Aeroporto di Linate.