Con un utile operativo di 15 milioni di euro su 838 di ricavi nel terzo trimestre 2009 possiamo dire che Alitalia abbia trascorso la sua prima estate al sole dopo molte stagioni tempestose. Un risultato industriale di poco positivo nel trimestre dell’anno stagionalmente più favorevole per il trasporto aereo (al quale dovrebbe essersi accompagnato, dopo oneri finanziari e imposte, un risultato netto ancora negativo) è ovviamente ancora insufficiente per parlare di conseguito risanamento; il dato risulta comunque incoraggiante alla luce del difficile debutto del nuovo vettore nella prima parte dell’anno e se si considera che ci troviamo in un periodo di recessione economica, di caduta della domanda di trasporto aereo e dei proventi unitari dei vettori.



La vecchia Alitalia, inoltre, riuscì a perdere anche nel terzo trimestre del 2007, l’anno in assoluto migliore per le compagnie aeree mondiali negli ultimi quindici. Andando indietro nel tempo occorre tornare al terzo trimestre 2005 per ritrovare un risultato operativo di segno favorevole nella storia del vecchio vettore: allora il dato fu positivo per 44 milioni di euro, ma divenne negativo per 42 nella successiva estate 2006 e rimase di segno invariato (per 19 milioni) nel terzo trimestre dell’ottimo, per l’aviazione mondiale ma non per il vettore nazionale, 2007.



Come è riuscita la nuova Alitalia a conseguire ricavi maggiori dei costi nello scorso trimestre? Essenzialmente grazie a tre fattori. In primo luogo si è distaccata notevolmente dal piano Fenice di Banca Intesa in relazione alla politica tariffaria e anziché sfruttare la sua posizione monopolistica sulle rotte nazionali per aumentare i prezzi li ha in media, e nell’insieme della sua offerta, lievemente abbassati: i proventi medi del nuovo vettore sono stimabili in 8,9 centesimi di euro per passeggero km contro un dato effettivo di 9,5 per il terzo trimestre 2007 della vecchia Alitalia.



Grazie a questa scelta è riuscita a ritrovare i passeggeri che sembravano perduti nei primi mesi di avvio del nuovo vettore e a ottenere un load factor (tasso di occupazione dei posti) del 74% nella media del trimestre. In terzo luogo è riuscita a contenere i costi unitari di produzione: la stima è di 6,5 centesimi per posto km offerto, inferiori sia al dato del primo semestre 2009 che fu di 6,7 centesimi, sia soprattutto a quello 2007 del vecchio vettore che si attestò a 7,6 centesimi.


[1]Si tratta di una stima basata sull’ipotesi che per il nuovo vettore i ricavi da passeggeri abbiano rappresentato nel trimestre il 91% dei ricavi totali; conseguentemente al servizio passeggeri sono stati imputati anche il 91% dei costi operativi. Nel caso della vecchia Alitalia i ricavi da passeggeri furono invece l’80% dei ricavi totali nel III trimestre del 2007 e, conseguentemente, è stata imputata a tale servizio anche un’identica percentuale dei costi operativi.

Il miglioramento nei costi unitari è stato più consistente della riduzione dei ricavi unitari e il load factor teorico in grado di pareggiare la gestione industriale si è attestato al 73%; poiché quello effettivo è stato un punto più alto, ecco la spiegazione del margine positivo conseguito. Nel 2007, invece, il load factor effettivo della vecchia Alitalia fu molto più alto, il 79%, ma inferiore di un punto al load factor teorico in grado di assicurare il pareggio.

 

Il merito della gestione della nuova azienda rispetto alla vecchia è stato in sostanza di aver abbassato di sette punti, grazie soprattutto ai risparmi sul costo del lavoro e sui costi del carburante, il load factor di equilibrio (dall’80% al 73%) e di essere riuscita con una politica tariffaria adeguata a occupare più posti rispetto alla percentuale teorica.

 

Accanto all’analisi dei valori unitari è interessante anche quella dei valori complessivi. La nuova Alitalia risulta, nei dati di conto economico, un vettore molto più piccolo di quello vecchio: non solo vola con 25 aerei passeggeri in meno e trasporta meno persone (6,3 milioni nel terzo trimestre 2007 contro 6,8 nel terzo 2007) su percorsi più brevi (1350 km la distanza media attuale contro 1570), ma consegue ricavi molto inferiori.

 

La riduzione tra i due trimestri di raffronto è del 34%, dovuta ai minori passeggeri (-6%), al minore percorso medio (-16%) e ai minori ricavi per km volato (-7%); fortunatamente tale riduzione complessiva è meno consistente rispetto alla riduzione dei costi operativi totali (-38%). La sintesi è che la nuova Alitalia ha trasportato i suoi passeggeri a un prezzo medio di 120 euro e sostenuto costi per ciascuno pari a 118 euro, guadagnando due euro a passeggero; la vecchia Alitalia trasportava (su percorsi più lunghi) a un prezzo medio di 150 euro e con un costo di 152. La differenza tra i due casi è piccola ma molto significativa.

 

Tutto bene quindi anche per il futuro e missione compiuta per gli azionisti-patrioti di Cai? Ovviamente no, dato che dopo la buona stagione arriva quella cattiva (il IV trimestre 2009 e il I 2010). Come ha sostenuto una settimana fa la Iata nel suo Airlines Financial Monitor, il fatto che i vettori che hanno già comunicato i loro risultati del terzo trimestre 2009 abbiano complessivamente dichiarato guadagni per 400 milioni di dollari, contro perdite per 1,5 miliardi nello stesso periodo del 2008, non autorizza a modificare la precedente previsione negativa di una perdita complessiva di 11 miliardi di dollari per tutti i vettori nell’intero anno, date le perdite già registrate nel primo semestre e il fatto che il quarto trimestre dell’anno è tradizionalmente apportatore di perdite: Q4 is usually loss-making”.

 

Per scaricare il documento di raffronto tra i conti di Alitalia del 2009 e del 2007 clicca il pulsante >> qui sotto

TRA LA VECCHIA E LA NUOVA ALITALIA

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