Poco più di anno fa la vecchia e declinante Alitalia di Maurizio Prato traslocò da Malpensa a Fiumicino, chiudendo l’hub aperto esattamente dieci anni prima. A Malpensa l’offerta di Alitalia scese da una media di quasi 2500 voli settimanali, tra i quali i ¾ dei voli a lungo raggio della compagnia, a circa 1000, con una riduzione di quasi il 60%.
Oggi la vecchia Alitalia non c’è più poiché ha dovuto portare i libri in tribunale e il commissario straordinario ha ceduto i suoi asset operativi alla Cai, la cordata di imprenditori “patrioti” faticosamente assemblata da Banca Intesa con l’aiuto della politica e col compito principale di salvare l’italianità di Alitalia da un lato e Malpensa come hub dall’altro.
A distanza di pochi mesi dal faticoso decollo della nuova compagnia il tricolore nazionale sventola ancora sugli aeromobili ma l’obiettivo di ripristinare Malpensa come hub è stato definitivamente accantonato e i vertici della nuova Alitalia hanno confermato la scelta nel corso di una conferenza stampa a Roma la scorsa settimana.
Si tratta in realtà dell’ufficializzazione di quanto già completamente realizzato da un punto di vista operativo: attualmente i voli di Cai su Malpensa sono mediamente 350 alla settimana, il 65% in meno dei 1000 voli che pure Maurizio Prato vi aveva lasciato dopo la contestatissima decisione di dehubbing. Se in cifra assoluta i nuovi gestori hanno tolto molti meno voli di Prato, in percentuale hanno persino fatto di più con un -65% rispetto a un -60%. Il danno prodotto sugli aeroporti milanesi dalla decisione di Alitalia di ritornare a Fiumicino è notevole, come illustrato dal grafico seguente.
Ha ragione Sabelli a sostenere che il mercato del trasporto aereo internazionale è prevalentemente incoming e, al suo interno, dominano le motivazioni turistiche dei viaggiatori che li inducono a preferire Roma a Milano. Queste caratteristiche della domanda non impattano tuttavia su Alitalia: i turisti incoming che predominano sugli italiani outgoing oltre a preferire Roma a Milano scelgono anche di viaggiare con i vettori dei loro paesi anziché con Alitalia.
Il target della compagnia italiana in conseguenza non può che essere rappresentato dagli italiani che si recano all’estero. Il fatto che questi ultimi siano concentrati nel Nord Italia finisce paradossalmente col favorire proprio la collocazione dell’hub di Alitalia a Fiumicino ed è la giustificazione principale, di natura geografica, della scelta di Cai (anche se lo stesso Sabelli sembra non esserne consapevole). Fiumicino rispetto a Malpensa ha un vantaggio, quello di essere a metà della nostra penisola, posizione ideale in un sistema hub and spoke, dato che rende all’incirca equidistanti le rotte che lo collegano alle principali città del Nord, del Sud e delle Isole.
Con l’hub spostato a Malpensa le rotte di alimentazione dalle principali città del Sud e delle Isole si allungano, e questo non rappresenta un problema, ma quelle dalle altre città del Nord si accorciano in maniera tale da non rendere più conveniente collegarle per via aerea all’hub. Il passeggero di Torino, Verona, Padova, Bologna, Venezia, ecc., che desidera recarsi all’estero dovrebbe pertanto recarsi all’hub per via di terra (treno o auto), impiegando molto più tempo di quello necessario per arrivare in aereo a Fiumicino o ad altro hub europeo. Questa era e rimane la debolezza intrinseca di Malpensa come hub, irrimediabile in quanto originata da fattori geografici.
Accanto a esse ve ne è tuttavia anche una seconda, derivante dalla presenza di Linate in una posizione ideale rispetto alla città di Milano. Poiché esiste Linate, e si trova in città, è l’ aeroporto di gran lunga preferito dai viaggiatori italiani ed europei diretti a Milano. Malpensa, pertanto, poteva avere successo come hub solo chiudendo Linate o limitandolo fortemente, ad esempio destinandolo alla sola navetta con Roma, come era nei progetti originari e come era stato ripreso in ipotesi dal piano Cai. Questa scelta, inconcepibile in un’ottica di libero mercato, non è stata tuttavia possibile: la preferenza dei consumatori (italiani ed europei) per l’utilizzo di Linate si è trasformata in preferenza interessata dei vettori i quali si sono opposti dieci anni fa ai provvedimenti di ridimensionamento di Linate, riducendone la portata.
L’inevitabile concorrenza interna di Linate ha avuto tuttavia l’effetto di svuotare i voli nazionali Alitalia di alimentazione di Malpensa: se prima del 1998 un imprenditore diretto in un altro continente si recava a Roma per prendere il volo a lungo raggio di Alitalia viaggiando sullo stesso volo del suo collega diretto nella capitale, in seguito lo stesso imprenditore che doveva andare a Malpensa viaggiava su un aereo Alitalia differente da quello del collega diretto al centro di Milano. In tal modo i voli di feederaggio verso Malpensa sono divenuti talmente non remunerativi da affossare la redditività tipica dei voli intercontinentali e contribuire, congiuntamente al maggior costo del far volare da Malpensa equipaggi prevalentemente romani, alla crisi della compagnia di bandiera.
Un fattore ulteriore in grado di spiegare l’insuccesso di Malpensa è da ricercarsi nell’11.09.2001 che ha drasticamente ridotto, anche se per un breve periodo, la domanda sui mercati intercontinentali. In questo caso l’errore è di Alitalia che ha fortemente ridotto l’offerta su tale segmento ma non in via transitoria, come era corretto fare per contenere i costi, bensì permanentemente. In tal modo, a fronte di 4 milioni di passeggeri sul segmento intercontinentale nel 2000, Alitalia ne ha avuto solo 2,7 nel 2002 e 3 nel 2003, meno del 1996, anno in cui operava solo da Fiumicino.
A che serviva realizzare la grande Malpensa per trasportarvi così poco traffico? Purtroppo è stato commesso l’errore fondamentale di costruire un grande aeroporto per metterci dentro una piccola compagnia. La prima parte della scelta è stata corretta ma la seconda si è rivelata un disastro.
Che fare dunque di Malpensa se hub non lo può comunque essere? In primo luogo occorre osservare che il modello hub and spoke, usato originariamente dai grandi corrieri aerei per le merci e le spedizioni espresso e dai vettori passeggeri in una fase oligopolistica del mercato nordamericano, è in progressiva caduta e sostituito sul breve e medio raggio da collegamenti punto a punto, ormai adottati da quasi da tutti i vettori per soddisfare l’elevata domanda che è sorta a seguito della crescita della concorrenza sui mercati europei liberalizzati.
La liberalizzazione europea, conclusasi nel 1997, ha infatti portato concorrenza nei mercati (soprattutto grazie allo sviluppo dei vettori low cost), ha prodotto contenimento dei costi, abbassamento dei prezzi e forte sviluppo della domanda. La crescita notevole della domanda, a sua volta, ha reso progressivamente conveniente su molti collegamenti abbandonare il sistema hub and spoke in favore del point to point, dato che il primo è efficiente solo quando la domanda per collegamenti diretti è insufficiente a realizzare un adeguato load factor e a coprire il costo dei voli.
Ad esempio, se un vettore serve quattro città (che chiamiamo A, B, C e D), vi sono sei collegamenti diretti possibili (AB, AC, AD, BC, BD, CD). Questi collegamenti, se la domanda diretta su ognuno è insufficiente, possono essere ridotti a tre scegliendo una città, ad esempio B, come hub (BA, BC, BD). In tal modo sui voli da A per B viaggeranno i passeggeri diretti a B assieme ai passeggeri destinati a proseguire su altri voli verso C e D, e così via. Ma l’aumento della domanda e il contenimento del costo industriale dei voli generano una progressiva convenienza al passaggio ai collegamenti diretti i quali sono preferiti dai consumatori per il fatto di ridurre i tempi complessivi del viaggio ed evitare gli scali intermedi.
Il futuro di Malpensa, in conseguenza, dipende dalla sua capacità di sviluppare collegamenti point to point per tutte le differenti tipologie di destinazione: nazionali, europee e intercontinentali. Riguardo a queste ultime tuttavia, si potrà fare affidamento solo a quelle per le quali sussista sufficiente domanda in partenza/arrivo sull’area territoriale milanese/lombarda, senza che si possa contare su un sistema diffuso di voli di alimentazione come nella fallita esperienza dell’hub di Alitalia.
È inoltre indispensabile la liberalizzazione dei collegamenti extraeuropei che appare al momento attuale ben distante dall’essere conseguita (e forse anche perseguita con impegno). Gli spazi di crescita più ampi riguardano comunque i collegamenti a breve e medio raggio, come quelli in fase di forte crescita proposti da un lato dal vettore low cost EasyJet (+50% nell’ultimo anno) e dall’altro lato dal vettore tradizionale Lufthansa con la sua emanazione italiana Lufthansa Italia (+100% la sua offerta nell’ultimo anno).
Considerando tutte le opportunità di sviluppo è comunque altamente improbabile che Malpensa possa recuperare nell’arco di pochi anni i livelli di traffico del periodo in cui costituiva l’hub principale di Alitalia. Il sistema aeroportuale milanese potrà invece recuperare totalmente i livelli precedenti il dehubbing solo affiancando al prevedibile recupero parziale di Malpensa anche la modifica degli attuali vincoli di capacità che limitano i voli su Linate.
Questi vincoli, che riducono di oltre il 40% le possibilità di decollo e atterraggio giornaliere, furono stabiliti per evitare che i competitori di Alitalia potessero inserirsi a Linate in sostituzione dei voli che Alitalia stava trasferendo a Malpensa. Furono decisi per ‘proteggere’ il trasloco di Alitalia a Malpensa e sostenere il nuovo hub ma ora che Alitalia vi ha spontaneamente rinunciato essi non hanno più senso e, dopo la fusione di Alitalia con AirOne, generano l’effetto perverso di rendere Linate un monopolio del nuovo vettore creando grave danno ai consumatori, allo sviluppo territoriale e alla stessa gestione di Sea.