L’avventura di Fiat in terra tedesca si è chiusa senza successo, come si poteva peraltro prevedere. Il Governo Merkel ha preferito la soluzione più “interna” tra quelle in campo, ha privilegiato le argomentazioni politiche e ha trascurato quelle industriali.
Non possiamo lamentarcene troppo dopo che nel caso Alitalia ci siamo comportati esattamente nello stesso modo. Persino nelle ambizioni irrealistiche del piano Magna si possono ravvisare somiglianze col piano Cai per Alitalia: la cordata tedesca prevede di produrre in futuro cinque milioni di auto all’anno, ma parte da una base attuale che non arriva al 40% di tale valore e pensa di poterne vendere grandi quantità sul mercato russo che è però quello maggiormente compromesso dall’attuale crisi economica; il piano Cai prevedeva molto ottimisticamente di trasportare quest’anno oltre 28 milioni di passeggeri, per di più concentrati sulle rotte domestiche, utilizzando solo 150 aerei, mentre la vecchia Alitalia arrivava solo a 24 milioni impiegando 185 velivoli.
Vi è però una differenza sostanziale tra i due casi: la nuova Opel dovrà dimostrare di saper competere in un mercato molto concorrenziale e non ha usufruito di adattamenti ad hoc della legislazione tedesca; Cai-Alitalia, invece, ha beneficiato di un ampio rimaneggiamento delle regole relative allo stato di crisi delle grandi aziende e si ritrova grazie a esso a operare in condizioni di monopolio o quasi monopolio sulle principali rotte nazionali. Questa condizione è tuttavia destinata a subire attacchi da tre fronti differenti, i quali evidenziano altrettanti lati deboli della condizione monopolistica in cui l’azienda è stata artificialmente posta grazie all’adattamento delle regole.
1) La dubbia costituzionalità della legge ad hoc per Alitalia
Il primo lato debole è rappresentato dalla dubbia costituzionalità del provvedimento salvAlitalia di fine agosto 2008. Il Tar del Lazio, infatti, al quale avevano fatto ricorso da un lato il gruppo Meridiana-Eurofly e dall’altro Federconsumatori e le amministrazioni provinciali di Milano e Cremona, ha trasmesso alla Corte Costituzionale la richiesta di valutare la legittimità del decreto legge di modifica delle norme sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi col quale l’estate scorsa fu dato il via libera all’operazione di concentrazione tra Alitalia e AirOne (in quanto imprese operanti nei servizi pubblici essenziali) con esclusione della necessità di autorizzazione, prevista dalle norme antitrust, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Come si legge nell’ordinanza del Tar, «è verosimile ritenere che la norma di legge abbia discriminato i vettori aerei prevedendo un trattamento più favorevole per le compagnie aeree che, realizzando l’operazione di concentrazione senza il preventivo esame dell’Antitrust sull’eventuale costituzione o rafforzamento di una posizione dominante, hanno incrementato la propria posizione in termini concorrenziali, con contestuale discriminazione per le altre compagnie aeree».
Tale discriminazione non è stata ritenuta ragionevole dal collegio del Tar poiché si risolve in una disparità di trattamento tra vettori che potrebbe violare l’art. 3 della Costituzione: «Mentre si rivela lesiva del principio della libertà di concorrenza, la norma di legge non dà conto di quali siano i valori costituzionali perseguiti e quindi le ragioni che possano giustificare la deroga operata al principio della par condicio e alla libertà di concorrenza».
La decisione del Tar del Lazio era auspicata e risulta pienamente condivisibile, dato che il provvedimento normativo pro Alitalia ha inteso rendere sostenibile il piano Cai restringendo immotivatamente e arbitrariamente gli spazi competitivi a disposizione dei rimanenti vettori. Ci si augura che identico esito abbiano anche i ricorsi presentati in sede di Commissione europea dai vettori danneggiati dal provvedimento.
2) La limitazione arbitraria della capacità di Linate
Il secondo lato debole è rappresentato dal riconoscimento, avvenuto grazie alla recente segnalazione al Governo da parte dell’Antitrust, dell’artificiale e arbitraria limitazione in via amministrativa della capacità dell’aeroporto di Linate, dal quale a partire dal febbraio 2001 sono permessi al massimo 18 movimenti orari, mentre da un punto di vista tecnico potrebbero arrivare a 32, lo stesso ammontare per il quale è invece autorizzato Orio al Serio, alla pari di Linate dotato di una sola pista per voli commerciali.
L’Enac, ente preposto alla regolazione tecnica del trasporto aereo nel nostro paese, ha istituito una commissione tecnica per accertare l’effettiva capacità di Linate. Se si considera che nel 1997, ultimo anno di pieno esercizio prima dell’inaugurazione della nuova Malpensa e del trasloco di molti voli Alitalia, sull’aeroporto di Linate operarono in media 30 movimenti orari e che nel 2000 la Commissione europea accertò grazie a una propria commissione di tecnici una capacità di 32 movimenti, appare molto poco probabile che l’Enac possa accertare cause tecniche limitative della capacità di Linate intervenute dopo l’anno 2000 e non precedentemente sussistenti. Dal 2000 a oggi, infatti, la pista e l’aerostazione non si sono certo ristrette, mentre il drammatico incidente dell’8 ottobre 2001 è avvenuto in uno degli anni di minore traffico dell’ultimo decennio.
Poiché la posizione dominante di Alitalia sulle rotte domestiche si regge sul quasi monopolio sussistente sulle rotte da/per Linate da un lato e sulle rotte da/per Fiumicino dall’altro, qualora saltasse la limitazione amministrativa su Linate essa porterebbe automaticamente al superamento di uno dei due pilastri sui quali si basa il monopolio nazionale.
3) La reazione negativa del mercato al monopolio Alitalia
Il terzo lato debole, sinora il più consistente se si considera che i primi due dipendono da decisioni che dovranno essere prese in futuro, è la risposta negativa del mercato al monopolio di Alitalia, il basso numero di passeggeri che hanno sinora volato col nuovo vettore. Come è stato pubblicato da Repubblica il 23 maggio scorso, nei primi tre mesi di operatività della nuova azienda sono saliti complessivamente a bordo degli aerei Alitalia e AirOne 4,1 milioni di passeggeri. Nel primo trimestre 2007 superarono i 7 milioni mentre nel primo trimestre 2008, nonostante i già evidenti segnali della crisi Alitalia, si avvicinarono ancora ai 7 milioni.
Quello pubblicato da Repubblica è un dato molto negativo: se anche la restante parte dell’anno dovesse andare così male, la nuova azienda si fermerebbe nell’intero 2009 a poco più di 16 milioni di passeggeri, 12 in meno dei 28 trionfalisticamente previsti dal piano Cai dell’estate 2008 e meno della metà di quelli trasportati dai due gruppi nel non lontano 2007 (Alitalia, Alitalia Express, Volare e AirOne avevano complessivamente superato i 33 milioni). Fortunatamente per l’azienda la tendenza è verso il miglioramento. Non si fermerà quindi a 16 milioni ma molto difficilmente potrà arrivare ai 20.
Ciò che assume rilievo ancora maggiore ai fini della possibilità di equilibrare il conto economico è il load factor, la percentuale di posti venduti su quelli offerti. Nella vecchia Alitalia il load factor di break even, cioè il valore che avrebbe permesso il pareggio di bilancio, si collocava attorno all’82% e poiché quello effettivo era solo al 72-74% l’azienda registrava perdite consistenti. Nella nuova Alitalia si può stimare, grazie ai nuovi contratti di lavoro e alla maggiore efficienza produttiva dei velivoli, che il load factor di break even sia sceso al 75-77%. Quello effettivo, tuttavia, pur essendo in crescita è arrivato a stento al 60% nel mese di aprile, rendendo l’equilibrio del bilancio un obiettivo irraggiungibile.
Dall’analisi precedente si può trarre un insegnamento: il legislatore, manipolando le norme, può costituire un monopolio ma non può obbligare i consumatori a usarlo e i consumatori, se possono evitare di avvalersi di un monopolio, finiranno col renderlo economicamente insostenibile.