Pochi giorni fa il Consiglio di amministrazione della nuova Alitalia si è riunito per esaminare i risultati conseguiti nel primo semestre dell’anno, dalla presa in carico del vettore lo scorso 13 gennaio sino alla fine di giugno. I dati principali comunicati dalla società evidenziano 10 milioni di passeggeri trasportati, ricavi operativi per 1,28 miliardi di euro, una perdita operativa di 273 milioni, un load factor medio nel periodo al 59% e un tasso di puntualità del 70%, circa dieci punti al di sotto dell’obiettivo aziendale e del valore medio degli altri vettori di bandiera europei.



Si tratta di informazioni importanti che bene ha fatto l’azienda a rendere note, pur non essendovi obbligata in quanto società non quotata; se esse evidenziano in positivo una maggiore trasparenza da parte dell’azienda rispetto all’assoluta chiusura dei primi mesi, dall’altro lato non bastano né per confermare che si stia davvero rispettando il sentiero di risanamento gestionale né per sostenere che si sia completamente disallineati rispetto ad esso.



Complessivamente non sono buoni ma, date le enormi difficoltà del debutto, potevano risultare anche peggiori; risentono, infatti, di un primo trimestre drammatico nel quale i passeggeri sembravano essere scomparsi dai banchi del check-in e gli aerei viaggiavano vuoti per più della metà dei posti. Il secondo semestre è andato decisamente meglio dal punto di vista della domanda e dei ricavi anche se ha visto un peggioramento rilevante nei ritardi. Il terzo trimestre andrà ancora meglio, grazie alla domanda estiva, e Alitalia potrebbe persino risultare avvantaggiata se effettivamente la crisi economica porterà più italiani a scegliere vacanze domestiche rispetto alle tipiche mete internazionali, servite prevalentemente da vettori differenti.



Il trimestre cruciale per comprendere se il piano di salvataggio sarà destinato al successo o al fallimento è invece il quarto: se andrà bene Alitalia avrà sufficienti mezzi finanziari per superare indenne l’inverno e arrivare alla stagione estiva 2010 senza dover chiedere ai soci Cai di rimettere mani al portafoglio per aumentare il capitale sociale. Se, al contrario, si troverà obbligata a farlo, non è detto che troverà disponibilità unanimi: più d’uno potrebbe avere seri dubbi se continuare a essere della partita e in tal caso l’ipotesi di vendere a Air France in anticipo sul previsto potrebbe emergere in maniera netta. Ma il vettore franco olandese, il quale sta risentendo notevolmente della crisi economica, più di British e di Lufthansa, e ha chiuso malissimo i conti del trimestre primaverile, potrebbe non essere disponibile. In tal caso la situazione della nuova Alitalia si farebbe davvero seria.

Per ora, non disponendo della sfera di cristallo sul futuro, possiamo tuttavia fare qualche confronto tra l’attualità e il passato, tra la nuova Alitalia, fotografata attraverso i dati del primo semestre 2009, e quella del primo semestre 2007, già in crisi, col consiglio di amministrazione interamente rinnovato all’inizio del periodo, già avviata alla privatizzazione dal governo Prodi ma non così compromessa dagli eventi della primavera dell’anno seguente (fuga da Malpensa, fallimento della privatizzazione, cacciata di Air France, prestito-ponte e ricerca disperata di investitori tricolori). Da questo confronto, che nessun analista o commentatore sembra aver fatto, la nuova Alitalia esce perdente: molto più piccola e con una perdita molto maggiore, tanto in valore assoluto che in rapporto ai ricavi.

Confronto nuova e vecchia Alitalia

Vecchia Alitalia

Nuova Alitalia

Var. %

I sem. 2007

I sem. 2009

Costi operativi

Mil. euro

2436

1549

-36,4

Ricavi operativi

Mil. euro

2309

1276

-44,7

Margine operativo

Mil. euro

-127

-273

114,3

In % ricavi

-5,5

-21,4

Risultato netto

Mil. euro

-211

Non dichiarato

Nel primo semestre 2007 la vecchia Alitalia (da sola, non sommata ad AirOne) generò ricavi operativi per 2,31 miliardi di euro mentre nel primo semestre 2009 la nuova Alitalia ha prodotto ricavi solo per 1,28 miliardi di euro, ben il 45% in meno. Anche i costi operativi sono diminuiti, da 2,44 a 1,55 miliardi, ma percentualmente di meno rispetto ai ricavi (-36%), con la conseguenza di un risultato operativo negativo del semestre 2009 più che doppio in valore assoluto rispetto all’analogo periodo 2007 (era infatti ‘solo’ di 127 milioni di euro) e quadruplo se rapportato ai ricavi operativi (il 21% dei ricavi oggi, il 5,5% allora). Dal confronto la nuova Alitalia esce, almeno per ora, nettamente perdente. Inoltre, mentre nel primo semestre 2007 alla perdita operativa di 127 milioni corrispose un risultato netto negativo di 211 milioni, oggi non sappiamo con esattezza a quanto ammonta la perdita netta del primo semestre perché non è stata resa nota dall’azienda ma è difficile che possa essere inferiore a 340-350 milioni. Anche assumendo un pareggio operativo nel trimestre estivo, sembra difficile che il risultato netto dell’intero 2009 possa essere migliore dei -500 milioni che abbiamo indicato già alcuni mesi fa.

In tal caso, tuttavia, la nuova Alitalia ripeterebbe il risultato della vecchia Alitalia 2007 di Libonati prima e Prato dopo, la quale chiuse con una perdita netta pari a 495 milioni. Lo farebbe, inoltre, a partire da dimensioni aziendali e ricavi dimezzati rispetto alla vecchia Alitalia. In sintesi, quindi, il risultato risulterebbe nettamente peggiore.