Giovedì 18 marzo il consiglio di amministrazione di Alitalia ha reso noto i dati di sintesi del conto economico dell’esercizio 2009, il primo della nuova compagnia nata dalle ceneri di Alitalia e operativa dal 13 gennaio dello scorso anno.

Il gruppo Alitalia ha registrato nel 2009 ricavi per 2.921 milioni di euro, un risultato operativo negativo per 274 milioni e una perdita netta, dopo accantonamenti e oneri straordinari, pari a 326 milioni. L’indebitamento finanziario netto al 31 dicembre risultava pari a 799 milioni, dovuto essenzialmente all’indebitamento sulla flotta di aerei di proprietà (879 milioni), mentre la disponibilità liquida totale, comprendente le linee di credito non utilizzate, risultava al 31 dicembre pari a circa 330 milioni. Nel comunicato stampa dell’azienda i risultati sono stati dichiarati in linea con le attese e coerenti con il raggiungimento dell’obiettivo del pareggio operativo nel 2011.



Sin qui i dati e gli scarni commenti ufficiali, certamente non sufficienti ad appagare il desiderio di conoscenza e le curiosità dei lettori de ilsussidiario.net, i quali seguono da ormai un biennio con grande interesse il Dossier Alitalia. Cosa possiamo dire di più rispetto ai dati precedenti, riportati sinora dai media senza rilevanti approfondimenti e analisi? Si può provare a rispondere a due domande sicuramente centrali dopo la chiusura del primo bilancio: la nuova Alitalia perde di più o di meno della vecchia? Cosa ha evitato ad Alitalia il rischio di perdite maggiori?



La nuova Alitalia ha perso di meno in cifra assoluta ma di più in rapporto ai ricavi

Con 326 milioni di euro di perdita netta, la nuova Alitalia ha fatto senz’altro meglio della vecchia nei suoi ultimi anni relativamente normali (escludendo il 2008, non confrontabile a causa dello stato di crisi del vettore). Nel 2007 il risultato netto del vecchio gruppo Alitalia fu infatti di -495 milioni, nel 2006 di -627 milioni e nel 2005 di -168 milioni, per una perdita media annua nell’ultimo triennio della vecchia azienda pari a 430 milioni.

In cifra assoluta, in conseguenza, la nuova azienda ha fatto meglio della precedente, con oltre 100 milioni in meno di perdite. Non bisogna tuttavia dimenticare che la nuova Alitalia è molto più piccola della vecchia: in relazione alle dimensioni della flotta, alla capacità di trasporto, ai ricavi conseguiti. In rapporto a questi ultimi, pari nel 2009 a 2.921 milioni, la perdita netta di 326 milioni rappresenta l’11,2%; nel triennio 2005-07, invece, i ricavi della vecchia Alitalia furono in media pari a 4.792 milioni annui; pertanto in rapporto ad essi la perdita media di 430 milioni rappresenta il 9%, dato che è inferiore, anche se non troppo differente, dall’11,2% riportato dalla nuova Alitalia nel 2009.



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Se invece il confronto col triennio 2005-07 viene fatto in relazione al risultato della gestione operativa (che include i proventi e costi industriali, ma non gli oneri finanziari e le imposte), il dato della nuova azienda è identico in valore assoluto alla vecchia e decisamente peggiore in rapporto al fatturato: la nuova Alitalia ha infatti registrato nel 2009 un risultato operativo pari a -274 milioni a fronte di un dato medio di -274,8 della vecchia azienda nel triennio 2005-07; in rapporto al fatturato il risultato negativo della vecchia Alitalia era pari al 5,7%, quello della nuova al 9,4%.

 

Se estendiamo il confronto a un periodo molto più lungo, pari a quasi un ventennio, possiamo osservare attraverso il grafico seguente come il rapporto tra risultato operativo e ricavi del 2009 rappresenti il terzo peggior valore riscontrato dal 1992 ad oggi, dopo il dato del 2004 e quello del 2006.

 

 

(Clicca qui per ingrandire il grafico)

 

Non si ravvisa pertanto, almeno per ora, un’apprezzabile inversione di tendenza rispetto ai risultati negativi che hanno interessato tutto il decennio 2000 e chi si contrappongono nettamente a quelli più favorevoli del decennio ’90. Neanche negli anni ’90 Alitalia riusciva a chiudere il bilancio con segno positivo, ma almeno si dimostrava in grado di farlo in relazione al risultato della gestione industriale.

 

Bisogna peraltro ricordare che il 2009, caratterizzato dal difficile debutto del nuovo vettore e dalle problematiche generate dalla recessione internazionale, difficilmente può essere considerato un anno rappresentativo e un buon test per cercare di prevedere cosa potrà accadere prossimamente.

 

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Il bilancio 2009 è stato salvato dai comportamenti dei passeggeri del IV trimestre

Dimostrato attraverso i dati precedenti che il risultato di bilancio del primo esercizio della nuova Alitalia non è migliore dei corrispondenti risultati degli ultimi esercizi “normali” della vecchia azienda pubblica, si tratta ora di passare dall’esame della metà mezza vuota del bicchiere a quello della metà mezza piena: in realtà la nuova azienda ha rischiato per gran parte del primo semestre 2009 di chiudere l’esercizio con un risultato economico disastroso e dunque l’aver contenuto il deficit entro la cifra comunicata nei giorni scorsi deve già considerarsi un buon successo.

 

Se le perdite fossero state superiori ai 500 milioni, come era prevedibile estrapolando dai dati disastrosi sui passeggeri e sui ricavi dei primissimi mesi dell’anno, si sarebbe formata presso l’opinione pubblica la convinzione che il piano di risanamento dei nuovi azionisti era destinato all’insuccesso e questo avrebbe contribuito a rendere ancora più difficoltoso il nuovo percorso gestionale.

 

Per fortuna, invece, il risultato fortemente negativo è stato confinato al primo trimestre e già dalla scorsa primavera vi è stata, anche grazie alla sconfessione della politica delle alte tariffe incorporata nel piano Cai, una ripresa sia nel numero dei passeggeri che dei ricavi da essi apportati. In tal modo il secondo trimestre del 2009 poteva chiudersi con una perdita operativa contenuta e il terzo con un piccolo margine positivo.

 

Poiché su questi due periodi influiva tuttavia favorevolmente anche la stagionalità, il vero momento di verifica della tenuta della nuova fase di Alitalia era da considerarsi l’ultimo trimestre dell’anno, tradizionalmente caratterizzato da bassa domanda. Nella tabella allegata (che trovate in fondo all’articolo) abbiamo estratto i dati del quarto trimestre sottraendo ai valori complessivi dell’esercizio, comunicati nei giorni scorsi, i dati aggregati dei primi tre trimestri che l’azienda aveva reso noto all’inizio dell’autunno.

 

Come si può osservare dai valori riportati, il quarto trimestre è andato straordinariamente bene e la perdita operativa in esso sostenuta, pari a soli 16 milioni di euro, deve essere considerata, tenuto conto dell’effetto negativo della stagionalità, ancora più favorevolmente rispetto ai 15 milioni di attivo del trimestre estivo.

 

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Cosa è successo esattamente nel quarto trimestre e qual era il rischio che l’azienda correva? Il rischio consisteva in una possibile caduta dei ricavi, a parità di costi, derivante dai minori passeggeri attesi. E in effetti i costi sostenuti, che dipendono dal livello di offerta e sono piuttosto rigidi, sono risultati invariati rispetto al trimestre estivo (823 milioni di euro in entrambi) mentre i passeggeri trasportati sono diminuiti nel trimestre autunnale a 5,1 milioni dai 6,3 del precedente (-19%).

 

Se questi minori passeggeri si fossero comportati come i loro omologhi dell’estate, volando mediamente lo stesso numero di chilometri e pagando le stesse tariffe, avrebbero prevedibilmente apportato solo 680 milioni di ricavi e il trimestre si sarebbe chiuso con una perdita operativa non di 16 bensì di oltre 140 milioni di euro, facendo salire il risultato operativo annuo a circa -400 milioni e il risultato netto a circa -450. Invece, per fortuna della nuova azienda, i passeggeri del quarto trimestre hanno sensibilmente modificato le loro abitudini di consumo rispetto ai precedenti tre trimestri, volando mediamente oltre 100 chilometri in più e apportando in tal modo maggiori ricavi.

 

Il percorso medio dei passeggeri è infatti salito a circa 1450 km contro i 1350 del trimestre estivo e se in termini di numero di passeggeri il calo dall’estate è risultato del 19%, in termini di km complessivamente volati è stato solo del 13%. Non solo, anche i ricavi medi dell’azienda per passeggero km sono cresciuti rispetto al trimestre precedente (dell’11%), permettendo in tal modo di conseguire ricavi operativi complessivi nel quarto trimestre per 807 milioni e di limitare la perdita operativa a soli 16 milioni, una frazione minima rispetto a quella attesa a parità di comportamenti della domanda.

 

Il segreto del relativo successo di bilancio della nuova Alitalia è che, a fronte di ricavi medi per passeggero trasportato pari a 131 euro nel primo semestre e 132 nel terzo trimestre, quelli medi del quarto sono stati pari a 157 euro. Se questi valori varranno anche per i prossimi periodi è possibile sostenere che il processo di riequilibrio economico finanziario dell’azienda sino all’obiettivo dell’attivo di bilancio risulterà un percorso tutto in discesa.

 

L’ipotesi alternativa è che sui conti del quarto trimestre abbiano influito entrate operative non aeronautiche o, comunque, entrate non ripetibili delle quali tuttavia non è stata comunicata dall’azienda tipologia ed entità. Se così fosse non si potrebbe ovviamente estrapolare dal buon andamento del quarto trimestre 2009 anche un equivalente buon andamento dei prossimi.

 

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