Una relazione 10 e lode quella svolta dal Presidente Catricalà nel ventesimo anniversario dell’istituzione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato: un testo chiaro e conciso, non indulgente verso ottimismi non giustificabili, correttamente critico verso le incrostazioni anticoncorrenziali che permangano in molti mercati, inceppano gli ingranaggi della concorrenza e impediscono una maggior produzione di ricchezza economica che in periodo di grave recessione è più (e non meno) auspicabile. E un’ottima sintesi dell’Italia di oggi e dei suoi problemi nelle prime due cartelle:

“… la valutazione degli assetti di scambio nel nostro Paese perviene a esiti ancora insoddisfacenti. La cultura dell’efficienza, del merito e della responsabilità non riesce ad affermarsi negli indirizzi legislativi, nelle prassi amministrative, negli atteggiamenti della politica, delle parti sociali e delle categorie produttive. All’approvazione della legge istitutiva dell’Antitrust non è seguito un percorso coerente e organico di ristrutturazione e di apertura effettiva dei mercati. Durante la congiuntura internazionale positiva degli anni Novanta abbiamo perso occasioni storiche per la creazione delle condizioni di contesto necessarie allo sviluppo. Il processo di liberalizzazione è stato altalenante e contraddittorio: in alcuni settori si sono ottenuti risultati significativi; in altri si sono incontrati gravi ostacoli. Nel complesso l’opinione pubblica non sempre ha avuto modo di percepire i benefici delle riforme. Il mercato non ha tardato a presentare il conto. L’Italia patisce, quanto meno dal 2000, tassi di crescita del PIL inferiori a quelli della media dei Paesi OCSE e UE. La produttività pro capite diminuisce costantemente. La quota delle nostre esportazioni si riduce comparativamente. Gli investitori esteri non considerano attrattivo il Paese. Parlamento e Governo ben sanno che occorre alleggerire il peso della burocrazia, sveltire i processi civili, investire in formazione, ricerca e sviluppo, incrementare il patrimonio infrastrutturale.

Noi abbiamo il dovere di segnalare che non possiamo più pagare il prezzo di politiche anticompetitive. I costi degli input produttivi sono più alti della media europea: 28% in più per l’energia elettrica, 6% in più per i fidi, 100% per la responsabilità civile automobilistica. L’adeguamento dei costi a quelli dei nostri vicini darà respiro alla grande industria e ai distretti; consentirà prezzi più bassi; renderà probabile l’aumento dei consumi delle famiglie. Perché ciò accada è necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza”.

 

Nell’ultimo paragrafo citato quelli che sono a mio avviso i due messaggi principali: (i) i consumatori, le stesse imprese che consumano servizi, energia e altri beni intermedi non possono più farsi carico dei costi di politiche anticompetitive; (ii) sono necessarie per il sistema economico “dosi massicce di concorrenza”. Altrimenti non si uscirà dell’incantesimo dell’economia italiana che si riduce più velocemente delle altre nelle fasi recessive e cresce molto di meno in quelle espansive. Sarà Tremonti un buon discepolo di questa lezione? L’enfasi recentemente posta sulla necessità di ridurre, anche tramite modifiche costituzionali, i vincoli burocratici che gravano sull’attività delle imprese e persino sulla loro costituzione lascia ben sperare. Sostiene Catricalà nella relazione: “Accogliamo con favore le recenti dichiarazioni del Governo sulla volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni. Ben vengano le riforme costituzionali utili al fine. Condividiamo la necessità di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici. C’è anche l’urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle già esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell’iniziativa economica. Lo strumento c’è, le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore indugio in norme e fatti concreti”.

 

Non bisogna scordare peraltro che anche se la Costituzione permette al legislatore e al regolatore di ostacolare le imprese con adempimenti burocratici inutili e costosi, tuttavia non gli prescrive di farlo, non lo obbliga e se si vuole è quindi possibile eliminare tali ostacoli anche in maniera molto più rapida di quella richiesta da una revisione della Carta costituzionale. Catricalà passa poi ad esaminare alcuni settori che ci stanno particolarmente a cuore e nei quali le politiche di concorrenza hanno fatto sinora moltissima fatica: i servizi pubblici locali, i trasporti pubblici, in primo luogo quelli ferroviari, i servizi postali.

 

“I servizi pubblici locali rimangono saldamente in mano alle imprese ex municipalizzate e i meccanismi della competizione per il mercato stentano ad affermarsi. L’ente locale imprenditore resta ancora imprigionato in un palese conflitto tra più obbligazioni: gestire il servizio in modo efficiente; valorizzare finanziariamente la partecipazione; utilizzare l’azienda per ridurre le tensioni sociali, lenendo disoccupazione. La sottrazione di un amplissimo spazio al mercato ha impedito alle nostre industrie di settore la crescita e l’affermazione nell’arena europea, così come, invece, è accaduto per imprese di altre Nazioni che oggi si affacciano sulle piazze italiane in posizione di potere commerciale. La recente riforma ha due punti di forza: impone l’obbligo generalizzato della gara e definisce direttamente a livello legislativo una precisa cronologia. Il punto di debolezza si nasconde dietro l’angolo ed è la facilità con cui possono insinuarsi proroghe”.

 

 

 

 

E per quanto riguarda il mondo dei trasporti e delle poste: “Ancora chiuso agli stimoli competitivi è il settore del trasporto ferroviario dei passeggeri. Nel trasporto pubblico regionale recenti interventi normativi hanno di fatto rinviato sine die l’avvio delle gare e favorito l’incumbent negli affidamenti diretti. D’altra parte il servizio pubblico non è chiaramente definito nel perimetro e nelle modalità di finanziamento. Per questi motivi e per rispondere a una procedura di infrazione comunitaria è necessario istituire un sistema di regolazione tecnicamente adeguato e indipendente, senza il quale i vantaggi della liberalizzazione stenteranno ad affermarsi.

 

In campo autostradale concessioni a scadenza lontana, associate alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano l’affermazione della concorrenza. Sorte analoga sta subendo il comparto delle gestioni aeroportuali, anch’esse monopoli naturali. Sarebbe stata buona regola individuare il soggetto gestore attraverso procedure selettive per periodi adeguati al livello degli investimenti, non più lunghi.

 

Nel settore postale la liberalizzazione è stata ritardata ma il diritto comunitario impone, a partire dalla fine di quest’anno, l’eliminazione della riserva come strumento di finanziamento del servizio universale. Occorre pertanto definire la cornice normativa all’interno della quale potrebbero svilupparsi innovative esperienze imprenditoriali. In primo luogo bisogna stabilire le regole di accesso alla rete e le nuove modalità di garanzia del servizio universale, da basare essenzialmente sulla concorrenza per il mercato”.

 

Molteplici le esigenze segnalate per questi settori: (i) la regolazione deve avvenire su basi tecniche e da parte di soggetti effettivamente indipendenti; (ii) ove non è possibile la concorrenza sul mercato, trattandosi di monopoli naturali territoriali (come aeroporti, autostrade, trasporto pubblico locale e ferroviario regionale) si deve adottare la concorrenza per il mercato: il servizio è assegnato tramite gare e per periodi commisurati ma non eccedenti le esigenze connesse al livelli degli investimenti effettuati dai concessionari; (iii) allo stesso modo, se le poste sostengono che consegnare la posta in determinate aree è un’attività in perdita non bisogna attribuire compensazioni per le perdite dichiarate ma mettere all’asta il servizio in quelle aree e vedere chi chiede la sovvenzione minore.

 

 

Il Governo ha un’ottima occasione per metter in pratica rapidamente i suggerimenti di Catricalà, la legge annuale della concorrenza: “Il legislatore del 2009 ha individuato lo strumento della legge annuale di concorrenza come atto a iniziativa vincolata: il Governo, anche sulla scorta delle segnalazioni delle autorità di vigilanza, dovrà proporre le norme necessarie a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori. Il nesso tra l’efficienza dei mercati, la capacità produttiva del sistema e gli equilibri di finanza pubblica suggerisce che la legge annuale abbia tempi certi di approvazione come accade per la manovra di bilancio e finanziaria cui è funzionalmente collegata. Fin dal febbraio scorso una nostra segnalazione ha elencato gli interventi necessari indicando come prioritari quelli nei settori delle poste, dei trasporti, dell’energia e della finanza”.

 

Peccato che il termine di legge previsto per l’approvazione del progetto in Consiglio dei Ministri sia scaduto e che il disegno governativo non sia stato ancora presentato… Siamo ovviamente disponibili a scusare il ritardo purché i contenuti del provvedimento siano davvero liberalizzatori.