Due settimane fa la nuova Alitalia ha festeggiato i buoni risultati del primo semestre 2010, in particolare il dimezzamento delle perdite rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Come si può leggere dal comunicato stampa aziendale del 31 luglio: “Il risultato operativo del semestre è stato di -129 ml. € (-273 ml. € al 30 giugno 2009), di cui -11 ml. € nel secondo trimestre, mentre il risultato netto è stato di -164 ml. € (-324 ml. € al 30 giugno 2009), di cui -32 ml. € nel secondo trimestre. Le perdite risultano pertanto dimezzate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno nonostante abbiano inciso negativamente l’aumento del costo di carburante, l’aumento del costo del lavoro dovuto alla riduzione dei contributi CIGS e gli effetti economici derivanti dalle limitazioni al traffico aereo imposte in occasione dell’eruzione vulcanica islandese”.
Si tratta di risultati positivi, accolti in maniera favorevole dalla stampa nazionale. Così ad esempio Repubblica (intervista all’amministratore delegato Rocco Sabelli del 6 agosto): “A un anno e mezzo dalla ‘scalata dei patrioti’ all’ex compagnia di bandiera, l’ad Rocco Sabelli – forse per la prima volta – può tirare il fiato. Il turbolento decollo di Cai è alle spalle, la nube del vulcano islandese è sparita, il traffico aereo è in ripresa. E i conti Alitalia, dopo i 326 milioni di rosso del 2009, iniziano a migliorare”.
Le analisi comparse sui media si sono tuttavia limitate a riprendere il comunicato stampa di Alitalia il quale, correttamente, raffronta il primo semestre del secondo esercizio della nuova società col primo semestre dell’esercizio 2009 in cui la nuova Alitalia aveva debuttato. Non è compito della nuova azienda allargare il raffronto a periodi precedenti la gestione di sua competenza, ma forse la stampa dovrebbe farlo. La domanda di maggior rilievo, infatti, non è tanto se la nuova Alitalia va meglio nel 2010 rispetto al 2009, quanto se la nuova Alitalia va meglio della vecchia, costretta dalla sua cattiva performance alla gestione commissariale, alla cessione del ramo d’azienda e alla liquidazione di quanto restava.
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Purtroppo la risposta è negativa: la nuova Alitalia pur avendo notevolmente migliorato i suoi risultati nella prima metà del 2010 non ha ancora raggiunto quelli che la vecchia azienda era comunque in grado di conseguire in periodi relativamente normali della sua gestione. Lo si può vedere dalla tabella sottostante, la quale mette a raffronto i risultati della nuova azienda nel primo semestre 2009 e 2010 con quelli della vecchia azienda nel primo semestre 2007, l’ultimo anno prima dell’accentuarsi della crisi.
(clicca per ingrandire la tabella)
Se è vero quindi che la nuova azienda sotto la gestione di Sabelli e Colaninno ha ridotto il rosso del risultato operativo dai 273 milioni di euro della prima metà del 2009, condizionata dal difficile debutto, ai 129 dello stesso periodo 2010, è altrettanto vero che la vecchia azienda, già in fase di privatizzazione e sotto la gestione del giurista Libonati, nella prima metà del 2007 ne aveva totalizzati solo 127.
E la vecchia azienda era molto più grande di quella attuale: i ricavi conseguiti nel primo semestre 2007 furono 2,4 miliardi di euro, quelli della nuova nella prima metà 2010 solo 1,6 miliardi, un terzo esatto in meno. Il rosso del risultato operativo rappresenta l’8,7% dei ricavi dell’ultimo semestre, dato molto migliore del 20,9% dello scorso anno, ma non così buono come il 5,5% dell’Alitalia di Libonati ai tempi dell’ultimo governo Prodi.
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Stesso discorso vale per il rapporto tra il rosso del risultato netto e i ricavi: -11% nel primo semestre 2010, molto meglio del -25% del primo semestre 2009 ma non altrettanto “bene” del -9% nel primo semestre 2007. E anche il tasso di occupazione dei posti, il load factor passeggeri, si comporta nello stesso modo: il 68% del primo semestre 2010 è molto migliore del 59% nel primo semestre 2009, ma il 73 e passa per cento dell’epoca di Libonati era decisamente più elevato.
Si può quindi pervenire al seguente giudizio di sintesi: il risanamento della nuova Alitalia sta proseguendo secondo dinamiche favorevoli, ma non è ancora arrivato a replicare i risultati che la vecchia azienda riusciva comunque a garantire. Quelli sinora conseguiti, inoltre, non sono in grado di confermare la validità dei due pilastri fondamentali del piano Intesa-Cai dell’estate 2008, il ridimensionamento dell’azienda da un lato e la sua focalizzazione sul breve raggio e sui voli nazionali dall’altro.
Infatti: (i) l’azienda è ora molto più piccola della vecchia, ma non perde di meno e in rapporto ai ricavi ha sinora perso di più; (ii) il passeggero medio ora vola meno chilometri e porta meno ricavi ma non meno perdite. Nella vecchia Alitalia di Libonati il rapporto ricavi operativi/passeggeri superava i 190 euro e il rapporto margine operativo/passeggeri era di -11 euro, nella nuova Alitalia di Colaninno e Sabelli il rapporto ricavi operativi/passeggeri è sceso a 140 euro ma il rapporto margine operativo/passeggeri è (per ora) pari a -12 euro.
Per quanto riguarda la validità del mix di offerta tra voli nazionali, europei e intercontinentali è di particolare interesse il seguente passaggio dell’intervista di Sabelli a Repubblica del 6 agosto. Chiede infatti l’intervistatore in relazione ai fattori che hanno permesso il miglioramento della gestione: “Quanto è merito della ripresa e quanto dell’immunità antitrust garantita dal governo ad Alitalia nel nostro Paese, ingegner Sabelli?”
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E l’ad risponde: “Il merito è tutto della congiuntura. Sui voli intercontinentali i passeggeri sono cresciuti del 40%, su quelli europei del 20%. E noi riusciamo a vendere a prezzo migliore i nostri biglietti. Sul mercato domestico i prezzi sono in calo del 6-7% rispetto a quelli dell’anno passato”.
Ma se la domanda dei passeggeri sui segmenti internazionali va così bene, non era meglio, come abbiamo sempre sostenuto, che il piano Cai scegliesse di presidiarli adeguatamente anziché realizzarne un controverso depotenziamento dell’offerta? E se nonostante il quasi monopolio sulle rotte nazionali garantito dalla legge salva Alitalia i prezzi su questo segmento sono in diminuzione, come anche le quantità (dato che a livello aggregato la crescita dei passeggeri è stata solo del 3% tra il primo semestre 2009 e il primo semestre 2010), non è questa la prova che la strategia alla base del piano Cai era sbagliata?