Gli italiani che hanno letto le dichiarazioni del Ministro dell’economia Grilli nell’audizione parlamentare di martedì si sono svegliati l’indomani con una domanda unanime: “Chi sono gli italiani, facenti parte del 99% dei contribuenti che traggono vantaggio dal disegno di legge di stabilità? E come può accadere che tutti quelli che noi conosciamo, noi stessi compresi, ricadiamo nel restante 1%?”.
Ha infatti dichiarato Grilli, prontamente smentito dal leader Pd Bersani, come riportato dall’Ansa: «“Il 99% dei nostri contribuenti ha effetti positivi” dalla legge di stabilità, (…). Esiste, spiega Grilli, una diversità a seconda delle fasce di reddito e comunque sono maggiormente favorite le “più basse”. Ma Bersani seccamente critica il dato fornito dal ministro: “Non sono d’accordo e sono interessato a confrontare le analisi, perché a noi non risulta che il 99% dei cittadini ci guadagna”.
Vi è tuttavia una spiegazione precisa a questa profonda differenza di vedute per la quale tutti gli italiani pensano che il 99% di essi ci perda mentre solo Grilli, e forse il resto del governo, ritiene l’opposto: il Ministro dell’economia sta valutando lo specifico provvedimento presentato alle Camere, isolato dal resto delle norme fiscali e dalle precedenti manovre. A tutti gli altri italiani non interessa invece il singolo provvedimento e quanto per effetto del medesimo ci troveremo a pagare allo Stato in più o in meno. Interessa invece quanto per effetto di tutti i provvedimenti fiscali in vigore ci troveremo a pagare allo Stato e se esso sia di più o di meno di quanto avremmo pagato a legislazione fiscale totalmente immutata.
Accade così che l’aumento di un punto delle aliquote Iva previsto dalla metà del prossimo anno è per la totalità degli italiani un aggravio notevole, a maggior ragione in un periodo di recessione, mentre per il solo governo si tratta di una riduzione, perché aveva già scritto nelle norme e contabilizzato nei numeri del bilancio previsionale un aumento doppio, due punti in più per ognuna delle due aliquote. Se mettiamo così a confronto la sforbiciata alle detrazioni fiscali da un lato contro, dall’altro, la riduzione di un punto delle due aliquote Irpef inferiori e la riduzione di un punto, rispetto a quanto già previsto dal governo, delle due aliquote Iva otteniamo l’effetto Grilli enunciato nell’audizione parlamentare. Se mettiamo invece a confronto da un lato la sforbiciata alla detrazioni più l’aumento di un punto dell’Iva rispetto a quanto paghiamo ora e dall’altro la riduzione delle aliquote Irpef otteniamo che la bilancia fiscale pende notevolmente dal lato del governo e a danno del lato degli italiani.
Ma questo equivoco sulla valutazione degli effetti della legge di stabilità, che ha anche aspetti esilaranti, è la dimostrazione, ammesso che ve ne fosse bisogno, che i governi guardano al loro bilancio, non a quello delle famiglie, e non valutano come invece la Costituzione chiede loro di fare attraverso il concetto della capacità contributiva, se gli italiani sono effettivamente in grado di pagare le tasse richieste e dopo averlo fatto anche di continuare a consumare, produrre e investire.
Come ho scritto altre volte il governo sembra confondere (forse per miopia “tecnica”) l’Italia col suo settore pubblico, il settore pubblico col suo bilancio e il bilancio col suo pareggio. Ma le statistiche dimostrano che dopo aver pagato tutte le tasse chi le paga non è davvero più in grado di continuare normalmente a consumare, produrre e investire. Ed è per questo che il nostro Pil reale è al livello di circa dieci anni fa nel suo ammontare totale e di circa quindici anni fa in termini pro capite.
Conviene allora svolgere un breve esercizio di pro memoria per questo ma anche per il governo che verrà fuori dalle prossime elezioni per far vedere quanto complessivamente gli italiani hanno dovuto sborsare in più all’anno per finanziare la spesa pubblica per effetto di tutti i provvedimenti fiscali che si sono susseguiti negli anni. E per essere imparziali verso il governo in carica consideriamo gli ultimi tre governi, per un totale di sette anni. Abbiamo così un governo di centrosinistra, quello Prodi che ha governato tra il 2006 e il 2008, un governo di centrodestra, quello Berlusconi, in carica dal 2008 al 2011 e infine il governo tecnico Monti nel 2011-13. Per verificare gli effetti congiunti dei tre governi facciamo un salto all’indietro e andiamo a vedere il livello del Pil nominale e quello del gettito fiscale nel lontano 2005, poi vediamo quanto Pil abbiamo realizzato in più da allora e quante tasse in più abbiamo dovuto pagarci sopra. Chiamiamo questo rapporto (tra incremento di gettito fiscale e incremento di Pil nominale nel tempo) col nome di pressione fiscale “incrementale”.
Prima di effettuare questo calcolo osserviamo tuttavia un arco temporale molto più lungo, dai primi anni ‘90, nei quali si passò da un finanziamento in deficit della crescente spesa pubblica a un finanziamento prevalentemente basato su tasse crescenti. Il grafico 1 mostra la dinamica del Pil nominale e quella del gettito fiscale attraverso numeri indici che pongono uguale a 100 i due valori dell’anno. Il grafico 1 arriva sino al 2015, utilizzando per il triennio 2012-15 i dati previsivi contenuti nel recente aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza del governo.
Grafico 1 – Pil nominale e gettito fiscale del 1990 al 2015 (Indici 1990=100)
Dal grafico 1 emergono parecchie cose interessanti:
1 – L’aumento del gettito è molto più consistente dell’aumento del Pil. Il Pil (nominale) passa in 25 anni da 100 a circa 240, il gettito da 100 a circa 280.
2 – La linea rossa del gettito è sempre posizionata al di sopra di quella del Pil. Non sembrano le due linee rappresentare un alligatore a bocca spalancata e con una bocca enorme che si erge per catturare la sua preda?
3 – Si notano diversi periodi di accelerazione del gettito: nei primi anni ‘90 (finanziaria Amato del 1992), a metà anni ‘90 (finanziaria Prodi del 1996 per entrare nella moneta unica), nel 2006-08 col governo di centrosinistra e infine nel 2012-15 la previsione relativa al governo tecnico.
4 – In nessuno di questi casi l’accelerazione avviene a Pil nominale stagnante o in diminuzione salvo Monti 2012.
5 – Ogni qual volta il gettito accelera il Pil nominale frena e le due curve si divaricano, come logico che sia. Solo il governo Monti prevede una ripresa del Pil nei prossimi anni con gettito in accelerazione.
Ma veniamo al secondo grafico, ancora più interessante. Esso ci fa vedere la variazione da un anno all’altro, in miliardi di euro, del Pil nominale e del gettito fiscale. Ad esempio, tra il 2005 e il 2006, il Pil nominale è salito di 39 miliardi e il gettito fiscale di 11 miliardi mentre nell’anno di recessione 2009 il Pil nominale è sceso di 56 miliardi e il gettito fiscale è diminuito di 18 miliardi.
Grafico 2 – Variazione del Pil nominale e del gettito sull’anno precedente (miliardi di euro)
Nell’anno di recessione 2012, invece, il Pil nominale è atteso diminuire di 16 miliardi, ma il governo Monti ci chiede di versargli 28 miliardi di tasse in più. Non andrà molto meglio nel 2013: il Pil nominale è atteso crescere di 18 miliardi (solo nominale dato che è ancora in riduzione in termini reali) e il governo Monti ci chiederà 17 miliardi di tasse in più rispetto al 2012 e 45 in più rispetto al 2011 (con un Pil nominale praticamente invariato e reale in calo di circa tre punti percentuali complessivi nel biennio).
È venuto a questo punto il momento di fare l’esercizio prima anticipato: andare a vedere quanto è cresciuto complessivamente dal 2005 il Pil nominale e quanto complessivamente il gettito fiscale. Poi mettiamo a rapporto l’incremento di gettito con l’incremento di Pil e otteniamo la pressione fiscale “incrementale”. Vediamo cosa salta fuori nel grafico 3.
Grafico 3 – Variazione cumulata dal 2005 del Pil nominale e del gettito fiscale (miliardi di euro)
Ecco i principali risultati:
1 – Dal 2005 al 2008 (governo politico Prodi) il Pil nominale è aumentato di 139 miliardi e il gettito fiscale di 96 miliardi. Il maggior gettito ha quindi assorbito il 69% del maggior Pil.
2 – Dal 2005 al 2011 (governi politici Prodi e Berlusconi) il Pil nominale è aumentato di 144 miliardi e il gettito fiscale di 96 miliardi. Il maggior gettito ha quindi assorbito il 67% del maggior Pil.
3 – Dal 2005 al 2012 (governi politici Prodi e Berlusconi e governo tecnico Monti) il Pil nominale risulterà essere aumentato di 128 miliardi e il gettito fiscale di 124 miliardi. Il maggior gettito risulterà quindi aver assorbito il 97% del maggior Pil (nominale).
A questo punto però una domanda al governo Monti bisogna porla: come si può pensare che gli italiani siano disponibili a impegnarsi per produrre più Pil (nominale) se hanno sperimentato che il governo è disponibile a sottrarglielo tutto al fine di cercare di aggiustare il suo bilancio?
In assenza di un cambiamento radicale di politica economica l’ipotesi più ottimistica è che il Pil possa smettere di calare in termini reali, ma certo non di riprendere a crescere.
(1 – continua)