Quello presieduto da Mario Monti è il governo del Pil calante. Non si ricorda, infatti, nessun predecessore nella storia della Repubblica che si sia ritrovato nel corso del suo mandato, trimestre dopo trimestre, con un Pil in continua diminuzione.

I governi della Prima repubblica e anche quelli della Seconda, almeno sino al 2008, erano soliti chiudere il mandato lasciando gli italiani con un Pil più elevato di quello registrato all’inizio della loro attività. Il governo Berlusconi della XVI legislatura, incappato nella peggior crisi mondiale dagli anni ‘30 del secolo scorso, ha interrotto questa felice tradizione: sostituito poco dopo la fine del terzo trimestre 2011 dal governo tecnico attuale, ha chiuso il mandato con un Pil più basso del 4% rispetto al secondo trimestre 2008 nel quale aveva trionfato alle elezioni.



Accanto a questo vi è un altro record da Guinness dei primati negativo dei conti pubblici: è l’unico governo, per ora, ad aver iniziato il mandato col Pil in diminuzione e concluso il mandato col Pil nuovamente in diminuzione. Infatti, nel secondo trimestre 2008, quello delle elezioni, ebbe inizio la prima ondata recessiva e il Pil si contrasse sul trimestre precedente dello 0,6%. Dopo di esso vi furono altri sei trimestri con segno meno. Nel terzo trimestre 2011, ultimo completo del governo Berlusconi, ha avuto inizio la seconda ondata recessiva e il Pil è calato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente (dati destagionalizzati e corretti per il calendario). Nel mezzo, tra la fine della prima ondata e l’inizio della seconda, il Pil è tuttavia cresciuto per sette trimestri, pur se a tassi così contenuti da non riuscire a recuperare, se non in minima parte la precedente caduta. Una visione completa dell’impatto della recessione del 2008/09, del successivo lentissimo recupero e della nuova caduta si ha nel primo grafico, in cui è rappresentato il Pil reale annuale come somma di quattro trimestri (Pil a prezzi concatenati con base 2005).



Grafico 1 – Pil reale in milioni di euro (somma di 4 trimestri, valori concatenati con base 2005)

Il grafico precedente, che ci sintetizza la dinamica delle risorse che l’Italia riesce a produrre, assume un significato drammatico: l’economia italiana è in profondo declino e non vi è alcun segnale che possa raddrizzarsi in tempi ragionevoli. Di fronte a esso non si può che sostenere che la priorità di ogni politica è quella di ritornare a crescere, di interrompere il declino e di invertire la tendenza.

È la missione prioritaria del governo tecnico che ha preso le redini dell’Italia poco meno di uno anno fa? No, purtroppo non lo è stata e non lo è tuttora. Il governo Monti ha avuto l’indubbio merito di contrastare le tensioni che avevano portato lo spread sui tassi d’interesse a livelli preoccupanti e non sostenibili, se non nel brevissimo periodo. Ha domato lo spread, ma non ha fatto risorgere la crescita e neppure interrotta o attenuata la recessione. Da quando il nuovo governo è all’opera il Pil è solo calato: dello 0,7% nel quarto trimestre 2011, dello 0,8% nel primo del 2012 e ancora nel secondo del 2012. Da quando ha ricominciato a scendere la riduzione totale è stata del 2,6%.



I consumi delle famiglie sono diminuiti del 3,6% in termini reali, gli investimenti del 9,5%, persino le importazioni sono crollate: -8,2%. All’interno degli investimenti le costruzioni sono diminuite del 6,3%, gli investimenti in macchinari e attrezzature del 10,4%, quelli in mezzi di trasporto del 22,4%. Siamo sicuri che 100 o 150 punti base di spread in meno valgano questi valori da Caporetto economica? E siamo sicuri di poter interrompere la discesa di questi valori e invertire la tendenza?

Il governo Monti sostiene di vedere la luce in fondo al tunnel. Percezione condivisibile o semplice abbaglio? Qualche grafico ulteriore, riferito alla diverse componenti del Pil, è in grado di mostrarci analogie e differenze tra la prima grande ondata recessiva, quella del 2008-09, e la seconda, tuttora in corso. Il secondo grafico che esaminiamo copre lo stesso intervallo del primo, ma anziché essere riferito al Pil riguarda le esportazioni dell’Italia.

 

Grafico 2 – Esportazioni Italia in milioni di euro (somma di 4 trimestri, valori concatenati con base 2005)

 

 

Il calo dell’export durante la prima fase recessiva è stato impressionante: tra il massimo di inizio 2008 e il minimo di fine 2009 la riduzione è stata quasi del 21%. Nello stesso periodo il calo totale del Pil è stato del 6,7%. Da fine 2009 a oggi la caduta dell’export è stata tuttavia recuperata piuttosto rapidamente e quasi integralmente, per tre quarti del totale a essere precisi, e sinora non vi sono state nuove riduzioni, ma solo un evidente rallentamento. In conseguenza, mentre la prima fase recessiva è stata trainata dalla caduta dell’export altrettanto non si può dire della seconda.

Il terzo grafico riguarda la domanda interna per investimenti. Anche in questo caso vi è stata una notevole caduta durante la prima ondata recessiva: tra il massimo di inizio 2008 e il minimo di fine 2009 la riduzione è stata del 15%, ma a differenza di quanto avvenuto per l’export essa non è stata seguita da alcuna ripresa significativa e ora siamo tornati a variazioni negative che ci hanno già condotto al di sotto del mimino della recessione del 2009. Come può riprendersi un’economia senza investimenti?

 

Grafico 3 – Investimenti in milioni di euro (somma di 4 trimestri, valori concatenati con base 2005)

 

 

Ma il dato senz’altro più interessante è quello rappresentato dalla domanda per consumi delle famiglie, la componente più importante, dato che pesa per più del 60% sul totale. Come si può vedere dal quarto grafico essa è diminuita durante la prima ondata meno delle altre componenti della domanda: -2,4% nell’arco di sette trimestri. Nella fase successiva, inoltre, erano stati recuperati anche in questo caso tre quarti della precedente caduta.

 

Grafico 4 – Consumi delle famiglie in milioni di euro (somma di 4 trimestri, valori concatenati con base 2005)

 

 

Osserviamo ora cosa è avvenuto dal’estate del 2011, in concomitanza con le ripetute manovre di finanza pubblica attuate prima dal ministro Tremonti e infine dal governo Monti: la domanda per consumi delle famiglie mostra una rapida caduta, molto più veloce rispetto a quanto verificatosi addirittura nella prima fase recessiva. Questa caduta non ha cause esogene apparenti, imputabili a fattori non sotto il controllo delle nostre autorità di governo, ma è diretta conseguenza della riduzione della capacità di spesa delle famiglie prodotta dall’inasprimento del prelievo fiscale realizzato con le diverse manovre e in particolare con quella di dicembre 2012.

Grazie a esse i consumi delle famiglie si sono contratti in misura equivalente alla prima ondata recessiva di provenienza internazionale, ma in solo metà del tempo e non sappiamo quando questa caduta così rapida potrà avere termine. Ma nel frattempo il Pil reale continuerà a ridursi e il governo Monti potrà fregiarsi del non invidiabile record di aver governato lungo tutto il mandato in continua recessione.

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