Senza grandi clamori, la progressiva apertura alla concorrenza del mercato ferroviario sta producendo risultati molto interessanti nel nostro Paese sia per quanto riguarda il trasporto merci, totalmente liberalizzato da alcuni anni per effetto delle norme europee, sia nel segmento del trasporto passeggeri a media e lunga distanza grazie all’arrivo del treno privato Italo sulle linee ad alta velocità. Questi effetti dovrebbero essere attentamente studiati e la concorrenza estesa anche al trasporto a media lunga distanza non ad alta velocità e a quello regionale.



Il primo di tali effetti è indubbiamente la crescita delle dimensioni complessive del mercato, osservabile sia attraverso l’incremento dell’offerta, misurata attraverso i treni-km (ovvero i km percorsi da tutti i treni in servizio commerciale che hanno circolato), sia attraverso la dinamica della domanda, misurata attraverso i passeggeri-km e le tonnellate-km di merci trasportate. All’aumentare delle dimensioni del mercato si riduce solitamente la quota dell’operatore principale, in precedenza monopolista, e si accresce quella dei nuovi entranti. Inoltre, la concorrenza, dando ai consumatori la possibilità di scegliere, genera pressione verso la diminuzione dei prezzi e la crescita della qualità del servizio.



Questi ultimi effetti sono stati molto ben evidenziati nel caso dell’Alta velocità. Con l’arrivo di Italo si stima che le tariffe medie sulle tratte ora in concorrenza si siano ridotte di circa il 30% e il prezzo medio al km pagato dai consumatori sia sceso in prossimità del livello già pagato sulle tratte non ad alta velocità e non in concorrenza. Sembrerebbe in sostanza che la maggior qualità dei treni ad alta velocità, sia in termini di velocità commerciale che di comfort, sia ora offerta dai due operatori Trenitalia e Ntv allo stesso prezzo o quasi della qualità sui treni ordinari a media lunga percorrenza. Questa dinamica nel rapporto qualità/prezzo, favorevole ai consumatori, ha prodotto diversi altri effetti interessanti:



1- In primo luogo, gli oltre sei milioni di passeggeri che nel corso del 2013 sono saliti su Italo, il triplo rispetto all’anno precedente nel quale l’offerta del nuovo operatore si è progressivamente manifestata. L’Autorità di Regolazione dei Trasporti ha stimato, nella sua recente relazione al Parlamento, la quota di mercato di Italo nel 20% in termini di passeggeri e nel 22% in termini di passeggeri km, un risultato che appare molto positivo dopo solo poco più di un anno e mezzo di attività.

2- In secondo luogo, il fatto che questi passeggeri non sono stati sottratti al Frecciarossa di Trenitalia, ma rappresentano interamente domanda aggiuntiva. Infatti, anche i clienti dell’alta velocità ferroviaria di Trenitalia sarebbero aumentati di diversi punti percentuali, come si legge nell’ultimo Conto nazionale dei trasporti da poco pubblicato dal Ministero, per cui si può stimare che abbiano superato i 26 milioni annui.

3- In sostanza, grazie all’arrivo della concorrenza, la domanda complessiva di viaggi sulle linee ad alta velocità sarebbe cresciuta in un biennio di oltre un terzo, passando da meno di 24 milioni di passeggeri complessivi a più di 32 milioni. Nello stesso biennio, il numero complessivo di passeggeri su tutte le rotte aeree nazionali è invece diminuito da poco meno di 32 a 28 milioni.

4- Quanto hanno risparmiato grazie alla concorrenza i viaggiatori che hanno utilizzato l’alta velocità ferroviaria nell’anno 2013 rispetto alle vecchie tariffe medie dell’epoca del monopolio? Se la stima di una riduzione dei prezzi del 30% è accettabile, si tratta di mezzo miliardo di euro all’anno (con un margine di errore del +/-5%).

Questi effetti hanno per oggetto un segmento del mercato passeggeri di grande rilevanza, ma tuttavia minoritario all’interno del mercato passeggeri italiano complessivo: si può stimare che esso pesi per poco più di metà sugli spostamenti a media e lunga distanza, ma solo per poco più di un quinto sul mercato totale passeggeri, misurato in passeggeri-km e inclusivo del trasporto metropolitano e regionale offerto da Trenitalia e dagli operatori regionali minori. Eppure sembrano essere bastate le novità appena ricordate su questo segmento a smuovere l’intero mercato, che risultava in declino complessivo di domanda dalla metà del decennio scorso.

Il grafico a fondo pagina mostra infatti il traffico passeggeri a media lunga distanza di Trenitalia, distinto tra servizi ferroviari ad alta velocità, ora classificati come Frecce (inclusi i treni ad alta velocità circolanti sulla rete ordinaria), e servizi ordinari.

Come si può osservare, il traffico totale risultava in calo continuo dal 2007, non interrotto dalla progressiva crescita del traffico ad alta velocità dal 2009 in avanti. In sostanza, dal 2009 al 2012 il traffico perduto dai treni a media lunga percorrenza ordinari è stato solo in parte recuperato dai treni ad alta velocità. Questa dinamica è risultata di segno opposto rispetto a tutti i paesi che hanno sviluppato reti estese ad alta velocità e nei quali l’incremento di traffico ad alta velocità si è rivelato sempre maggiore o molto maggiore in valore assoluto rispetto al decremento del traffico ordinario a media e lunga distanza. Dopo sei anni di continua decrescita per i passeggeri a media lunga distanza di Trenitalia il 2013 è il primo evidenziare segno positivo.

Conferma rilevante delle buone dinamiche del trasporto nel 2013 si ha in un passaggio col quale la Relazione annuale di bilancio 2013 di Rete ferroviaria italiana, l’azienda del gruppo Fsi che gestisce la rete, commenta l’andamento della domanda della circolazione dei treni sui suoi binari: “Nel 2013 si registra un incremento complessivo dei volumi di produzione espressi in treni-km rispetto al 2012 del 4,8% con un incremento di oltre il 33% sulla rete Alta velocità/Alta capacità che ha superato i 21 milioni di treni-km e del 3,3% sulla rete tradizionale che quasi ha sfiorato i 310 milioni di treni-km. La produzione è stata pari a quasi 288 milioni di treni-km per il trasporto di passeggeri e poco più di 43 milioni di treni-km per il trasporto delle merci”. 

In effetti i treni-km totali ospitati da Rfi, passeggeri e merci, sono cresciuti dai 316,4 milioni del 2012 ai 331,6 del 2013. Di essi quelli prodotti da Trenitalia sono passati da 259,3 a 266,1 milioni, mentre quelli prodotti da operatori concorrenti di Trenitalia sono cresciuti da 57,1 a 65,5 milioni, con un incremento del 15%. La loro quota di mercato è pertanto aumentata dal 18% al 19,8%, risultato che pone indubbiamente il nostro Paese tra i migliori casi dell’Unione europea per sviluppo della concorrenza, pur se circoscritta a segmenti molto particolari come l’alta velocità passeggeri e le merci. Dei 43 milioni di treni-km relativi al trasporto merci è invece stimabile che Trenitalia ne abbia prodotti circa 28 milioni, mentre gli operatori a essa concorrenti circa 15 milioni, con una quota di mercato di circa il 35%.

 

 

Fonte: elaborazioni su dati Fsi, Commissione Ue e Uic.

Ovviamente la crescita dei treni circolati sulla rete di Rfi, pur se appartenenti a concorrenti di Trenitalia, ha prodotti effetti benefici sui suoi ricavi, come si può ancora leggere sulla sua Relazione annuale: “I ricavi da pedaggio passano da 1.028,6 milioni di euro del 2012 a 1.103,2 milioni di euro nel 2013 con un incremento (+7,2%) che riflette il significativo incremento della produzione sui servizi a maggior valore per il gestore, segnatamente quelli sulla rete ad Alta velocità, ancorché destinatari di una riduzione del 15% (applicata dal 10 settembre 2013) del valore del pedaggio deliberata con D.M. n.330 del 10 settembre 2013 per promuovere la concorrenza tra le imprese ferroviarie e incrementare il traffico ferroviario”. 

In sostanza, più aumenta l’offerta di treni Italo e di treni merci non Trenitalia, più Rfi incassa e più guadagna. Infatti, tra il 2012 e il 2013 il margine operativo lordo (Ebitda) di Rfi è cresciuto da 317 a 577 milioni di euro, il risultato operativo (Ebit) da 184 a 306 milioni e il risultato netto d’esercizio da 160 a 270. Il Ros (Ebit in % dei ricavi) è risultato pari al 14,5%, il più elevato e uno dei pochi di segno positivo tra i gestori di rete europei. Nello stesso anno il gestore della rete francese Rff ha infatti chiuso in perdita, mentre del gestore spagnolo Adif non sappiamo, ma esso aveva chiuso in perdita il 2012 e il gestore tedesco, DBNetze, chiude stabilmente in pareggio per specifica scelta del legislatore nazionale, che ha stabilito di destinare i risparmi di costo e i proventi derivanti dagli incrementi di traffico a totale riduzione dei pedaggi unitari.

Il quadro del trasporto ferroviario italiano appare dunque in generale miglioramento per effetto della diffusione della concorrenza in alcuni suoi segmenti e molte variabili hanno ora assunto segno positivo. Vi è tuttavia un ma, rilevante, che è legato alla sostenibilità della concorrenza nel tempo. Si è infatti molto parlato in questi giorni delle difficoltà finanziarie di Ntv che si accompagnano al successo di pubblico della sua offerta. Ntv, come sappiamo, è stata fondata nel 2006, ha iniziato il servizio di trasporto, e dunque conseguito i suoi primi ricavi commerciali, nel 2012 e la sua offerta è giunta a sostanziale completamento nel 2013. Trattandosi di uno start up è ovvio che abbia chiuso gli esercizi di pre attività commerciale in passivo, con i costi di avvio che non potevano evidentemente essere recuperati attraverso i ricavi di un inesistente traffico. Tuttavia, essa ha perso anche nel 2013, anno nel quale l’offerta commerciale è giunta a regime.

Questo fatto rappresenta indubbiamente un problema e genera un interrogativo obbligato per analisti, osservatori e regolatori del mercato: quali sono le cause? Si tratta di errori imputabili alla gestione oppure di fattori esterni, non controllabili, quali il quadro regolatorio, le condizioni di accesso alla rete tra cui le tariffe di pedaggio e/o asimmetrie nella concorrenza che si è sviluppata? Poiché queste domande sono parecchio complesse vi dedicheremo a breve un proseguimento di analisi.

 

(1- continua)