IL GRAFICO SULL’ECONOMIA DELLA RUSSIA IN RIPRESA

L’economia della Russia non è eccelle ma è in ripresa, “zoppica” ma non cade: questo sarebbe il motivo principale, assieme alle tensioni geopolitiche esterne e le dinamiche interne per cui Vladimir Putin non sembra intenzionato a trattare negoziati di pace con l’Ucraina e l’Occidente almeno nel breve periodo. In controtendenza con la “narrazione” rilanciata dalle cancellerie occidentali filo-Nato secondo cui con la guerra l’economia russa sarebbe dovuta crollare e in parte lo era già – dimostrato dalla vera recessione raggiunta nel 2022 – il grafico mostrato ieri dal “Corriere della Sera” nel lungo fondo di Federico Fubini dice l’esatto opposto.



«Le emissioni inquinanti dell’industria metallurgica, dopo una lunga caduta nel 2022, sono del 4 per cento più alte di sei mesi fa», rileva il bell’approfondimento del “CorSera”, non solo «la raffinazione di petrolio, nonché la produzione di materiali da costruzione, si sono messe alle spalle la caduta del 2022 e mostrano un’accelerazione fra il 2,5 per cento e il 3,5 per cento (sempre su base semestrale)». Cina e Arabia Saudita hanno contribuito a questo exploit delle esportazioni di greggio russo ma è il concetto di fondo che rimane: il grafico (disponibile qui, ndr) mostra il rialzo della curva dell’economia russa fondata su produzione militare, energetica ed edile. Non solo, nelle foto da satellite – aggiunge Fubini – emerge come la produzione industriale sull’intero territorio del Paese mostra sì un’economia di guerra, una Russia più impoverita di prima dell’invasione in Ucraina, «ma sembra uscita dalla recessione che l’aveva colpita l’anno scorso; lo ha fatto grazie alla ripresa produttiva del complesso militare-industriale».



CORSERA: “ECONOMIA RUSSIA RISALE, PUTIN NON TRATTA LA PACE PERCHÈ…”

Lo scenario ipotizzato da Fubini non va molto lontano da quanto nella Nato, magari non in maniera “appariscente”, si vocifera da tempo: se la tenuta dell’economia in Russia si conferma così, occorre prepararsi a sostenere lo sforzo bellico ancora «almeno un altro anno e mezzo». Questo il motivo sostanziale dunque per cui Putin ancora oggi nega ogni possibilità di una tregua o negoziato, perché il Paese non è (ancora) sull’orlo del baratro. Ciò non significa che in Russia vada tutto bene – la recente “marcia” della Wagner oltre ai dissidi con i vari oligarchi sono plastiche dimostrazioni che Putin non possa dormire sonni tranquilli – eppure la narrazione di Mosca in caduta libera economica dopo le sanzioni occidentali vacilla eccome con questi grafici e questi dati.



«Ma la tenuta economica del sistema putiniano non è affatto all’ultima spiaggia, come poteva esserlo ad esempio l’Unione Sovietica alla fine del periodo di Mikhail Gorbaciov», scrive ancora Fubini, al contrario invece avanza la lettura fatta da Alexandra Prokopenko – citata sul “Corriere” – per cui la Russia viene attraversata oggi da un forte keynesismo militare: «la spesa per la difesa nazionale e la sicurezza nazionale quest’anno arriverà al 6,2 per cento del prodotto interno lordo e quasi un terzo dell’intera spesa pubblica nel bilancio dello Stato». In altre parole, Putin con la Russia sta facendo come la Germania hitleriana, ovvero ha trasformato il Paese in una «economia di guerra che distribuisce benefici a chi fa parte di quella filiera: dagli oligarchi agli operai occupati nelle fabbriche di armamenti».