Small amount of money. Peanuts. Iniziare con un tale incipit è sconsigliabile. Ci troviamo di fronte a un’adozione scriteriata di inglesismi che, inevitabilmente, esclude fin da subito una parte dei potenziali lettori. A questo maldestro modus operandi, noi, incautamente, rincariamo la dose e rilanciamo, ma, questa volta, usando la lingua italiana. Pertanto, a completamento dell’improponibile inizio, facciamo seguire, questo: «non lo sono soprattutto se sottratti illecitamente».
Tralasciando (per ora) questa banale e provocatoria introduzione arriviamo immediatamente al nocciolo della questione. Istat ha diffuso il rapporto su “L’economia non osservata nei conti nazionali – Anni 2018-2021”. La pubblicazione, fin da subito (rif. il titolo), evidenzia una verosimile notizia positiva: «L’economia non osservata aumenta del 10,0%, stabile al 10,5% l’incidenza sul Pil ma resta inferiore al periodo pre-pandemia». Da questo cosa se ne ricava? Immediata la replica: in Italia, nonostante il nostro triste primato nell’ambito dell’evasione, durante il periodo oggetto di osservazione (2018-2021), tutto sommato, non ci siamo comportati male. L’aumento della cosiddetta “economia non osservata” è sì cresciuta, ma, con valori stabili (quindi non peggiori) rispetto all’incidenza sul Pil. Inoltre, se raffrontata al «periodo pre-pandemia», resta anche inferiore.
Nello specifico è opportuno indicare di cosa parliamo e dallo stesso documento possiamo estrapolare alcune definizioni prontamente consultabili. L’economia non osservata (Noe) «include quelle attività economiche che, per motivi differenti, sfuggono all’osservazione statistica diretta. Le principali componenti della Noe sono rappresentate dal sommerso economico e dall’economia illegale; il sommerso statistico e l’economia informale ne completano lo spettro». Inoltre, per attività illegali, si «rappresentano le attività produttive aventi per oggetto beni e servizi illegali, o che, pur riguardando beni e servizi legali, sono svolte senza adeguata autorizzazione o titolo. Si distinguono tre tipologie di attività: produzione e traffico di stupefacenti, servizi di prostituzione e contrabbando di tabacco». E, infine, per completezza, a seguire il significato di economia sommersa (ne riportiamo solo un breve stralcio): «include tutte quelle attività che sono volontariamente celate alle autorità fiscali, previdenziali e statistiche».
Delineato il perimetro “del cosa”, ora, è giunto il momento di valutarne “il quanto”. Sempre Istat: «Nel 2021 il valore dell’economia non osservata raggiunge 192 miliardi di euro. L’economia sommersa si attesta a poco meno di 174 miliardi di euro, mentre le attività illegali superano i 18 miliardi. Rispetto al 2020, il valore dell’economia non osservata cresce di 17,4 miliardi, ma la sua incidenza sul Pil resta invariata (10,5%)».
Da tale considerazione è evidente come si sia conseguito un buon risultato al contrasto di questo intero fenomeno di malaffare poiché queste cifre parlano chiaro. La sintesi di queste ultime, inoltre, è decisamente accattivante nella sua assoluta trasparenza: una serie di variazioni percentuali in veste di sintesi ai molteplici rapporti adottati. Non contenti, se si va ad approfondire la dinamica di queste entità (rif. tabella/tavola 1) in un più ampio periodo di analisi (2011-2021), l’effettiva diminuzione appare oggettiva.
Ai più attenti, questo nostro ultimo accenno, non sarà sfuggito. Ebbene sì: abbiamo scritto «appare» anziché un bel «risulta». Ovviamente i dati di Istat sono corretti e insindacabili. Dal 2011 al 2021 le variazioni (in rapporto al Pil) riconducibili all’economia sommersa sono passate dall’iniziale 11,3% al picco massimo del 12% (2014) per, successivamente, ridimensionarsi a valori inferiori alla doppia cifra ovvero al 9,5% degli ultimi due anni (2020/2021). Anche in capo all’intera economia non osservata l’evoluzione percentuale ha pressoché ricalcato il precedente andamento: dal 12,3% (2011), al 13,0% (2014) per, poi, giungere al 10,5% del biennio finale.
Nel complesso, riprendendo il rapporto Istat, questo “miglioramento” viene valorizzato quando si parla di “Segnali di un cambiamento strutturale nell’economia sommersa”: «La stabilizzazione dell’incidenza del sommerso al di sotto della soglia del 10% per due anni consecutivi si innesta nel contesto di un lento ma continuo ridimensionamento del fenomeno, in atto negli ultimi anni. A partire dal massimo registrato nel 2014, quando l’incidenza del sommerso sul Pil era del 12,0%, negli anni successivi si sono osservate costanti riduzioni, di cui le più significative nel 2018 (-0,5 punti percentuali, al 10,7%) e nel 2020 (-0,7 punti, al 9,5%)». Nella pratica si conferma una sorta di ritrovato itinerario all’insegna di una bene augurabile destinazione.
Arriviamo a noi. Dal nostro punto di vista, i valori in questione, sono innegabili e pertanto in nessun modo opinabili così come le stesse argomentazioni adottate. Quello che ci preoccupa, invece, è il sopracitato “quanto” ossia: tralasciando le percentuali (ovviamente correte), l’incremento registrato in termini assoluti tra il 2020 e il 2021 ha segnato un massimo storico. Isolando i soli anni caratterizzati (purtroppo) da un aumento del sommerso, l’Italia è passata dai 2,5 miliardi di euro del 2012 a un ulteriore miliardo (1,3) nel 2013 e a un più significativo saldo pari a 5 miliardi nel 2014. Inoltre, proseguendo, nel 2017, gli oltre sei miliardi (6,3) non possono passare inosservati. Il culmine, poi, è arrivato nell’ultimo anno del periodo osservato (2021): l’intera economia non osservata, attraverso la sua forza, ha spinto l’asticella a oltre 17 miliardi (17,4). Un record. Anzi, noi, lo definiremmo “il record”. Ma, se così non fosse, di certo, non sono comunque peanuts.
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