Germania e Italia sono tornate a generare regolarmente avanzi commerciali. Gli ultimi dati pubblicati dall’Eurostat consegnano un quadro simile; il surplus commerciale dell’Unione a giugno ha battuto le stime degli analisti. L’Unione Europea, esclusi i mesi peggiori del Covid, aveva interrotto la serie di surplus commerciali con la crisi energetica causata dalle sanzioni contro il gas russo: l’Europa che importava gas da Mosca si era trovata improvvisamente in una situazione di deficit commerciale. Oggi invece tutto sembra tornato nella norma.
La composizione della bilancia commerciale ci dice che le esportazioni in calo vengono più che bilanciate da una maggiore contrazione delle importazioni. È quest’ultima voce quella su cui si dovrebbe concentrare l’attenzione, perché tutto induce a pensare che questo sia l’effetto di politiche di “austerity” con cui l’UE cerca di mantenere una posizione commerciale positiva nonostante i prezzi del gas e dell’elettricità siano un multiplo di quelli antecedenti l’invasione russa dell’Ucraina.
Se fossimo nel 2019 si potrebbe iniziare una discussione sulla sostenibilità di lungo periodo di questa politica economica, magari mettendo l’accento sui rapporti interni all’Europa; l’Unione, infatti, non è minacciata solo da deficit fuori scala di alcuni Stati membri, ma anche da surplus commerciali strutturali di un Paese – nel caso specifico la Germania – rispetto agli altri membri, che non possono difendersi né con dazi né con svalutazioni. In altri termini, il surplus commerciale verso l’estero della Germania ha un suo gemello interno verso i Paesi dell’Unione.
Nel 2024 la discussione però non è più “teorica” o di lungo periodo. In un mondo in cui peggiora il quadro geopolitico e si accumulano focolai di guerra fredda e calda, si pone l’esigenza di accorciare le catene produttive, e questo significa che i deficit commerciali che molti Paesi hanno tollerato per decenni, in primis gli Stati Uniti, non sono più accettabili. Il modello economico dell’UE non è più sostenibile e l’UE può provare a mantenerlo solo al prezzo di inasprire l’austerity, come sembra stia avvenendo proprio in questi mesi.
Il tema pertanto non è il sostegno a politiche fiscali irresponsabili; si impone piuttosto il fatto che costruire una strategia economica fondata su surplus commerciali non è più sostenibile. Non è solo Trump a minacciare questa strategia. L’Inflation Reduction Act di Biden è stato percepito da figure apicali della politica europea, e anche del governo di Macron, come la “puntata” di una guerra commerciale. Le importazioni europee calano perché in UE non si investe e i consumi diminuiscono. Che sia questa la spiegazione lo si evince anche dal conto finanziario e dalla bilancia dei pagamenti tedesca. Più il contesto esterno peggiora e più, all’interno dello schema europeo, bisogna imporre austerity. La conferma dell’errore di prospettiva dell’UE è che in questo quadro la Commissione continua imperterrita nel perseguimento della transizione energetica. La transizione, infatti, aggiunge pressione sulle imprese e sui consumatori europei. Ma l’Europa che si irrigidisce in uno schema sorpassato accumula tensioni sempre più difficili da contenere.
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